La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini
Caricatura di Casimiro Teja (Pasquino, 1871)

Santificare il lunedì a coltellate: la «lunediana»

Iniziamo a parlare di «lunediana» e di «lunedianti».

 

Per spiegare questi termini, ricordiamo che a Torino, fin dagli anni ’70 dell’Ottocento, vengono indicati dai giornali cittadini come «barabba» quegli operai, di solito più giovani, che mostrano una scarsa assiduità al lavoro.

 

Questa inizia con la «lunediana», o «lunediata», cioè l’assenza dal lavoro al lunedì per prolungare l’ubriacatura della domenica, consolidato rito collettivo dei lavoratori torinesi, anche di quelli migliori sul lavoro. I «lunedianti» sono quegli operai che praticano la «lunediana». La bisboccia del lunedì, come quella della domenica, è spesso conclusa da risse, ferimenti, accoltellamenti. 

 

Vivaci descrizioni le troviamo in una manciata di ritagli di giornale messi assieme grazie all’Archivio de “La Stampa” on line.

 

La cronaca nera del martedì, molto speso appare come un bollettino di guerra.

 

Arresti.- Lunedì 18 settembre 1876, sul corso Principe Umberto (oggi Re Umberto) alcuni mascalzoni si divertono ad insultare i passanti contro i quali scagliano anche dei sassi, uno dei quali colpisce un muratore alla testa. Una Guardia municipale si fa avanti e arresta uno di questi individui che brandisce un lungo coltello aperto. L’arrestato, che è ferito al capo, oppone una accanita resistenza e un suo compagno accorre in suo aiuto e malmena la Guardia perché lasci libero l’amico. Lo deve lasciare ma riesce ad agguantare il prepotente e con l’aiuto di un collega, e l’apporto di due bravi cittadini, Giuseppe Martinetti, macellaio e Antonio Ramella, falegname, lo trascina in Questura e da qui «fresco fresco» viene mandato in carcere (Gazzetta Piemontese, 19 settembre 1876).

 

Lunedì 16 ottobre 1876 succede una grave rissa nella Cantina di Chivasso, in via Priocca. Cinque o sei giovinastri vengono alle mani ed uno di essi riporta undici coltellate in varie parti del corpo. Viene portato all’Ospedale Mauriziano da due Guardie di Pubblica Sicurezza, che riescono ad arrestare due dei feritori e a portarli in carcere (Gazzetta Piemontese, 16 ottobre 1876).

 

Sotto il titolo «Baruffe» leggiamo come l’iniziale amicizia possa degenerare nel percorso della bisboccia: «Tra amici lunedianti, i quali avevano visitate tutte le bettole di Vanchiglia, nacque un alterco che finì con due coltellate. Il ferito fu ricoverato all’ospedale di San Giovanni; il feritore fuggì, ma è conosciuto e non tarderà a pagare il fio della sua bricconata» (Gazzetta Piemontese, 13 dicembre 1876). E ancora, sotto il titolo «Lunedianti», apprendiamo che un operaio conciatore, di 26 anni, viene arrestato il 24 settembre 1877, dalle Guardie municipali, mentre cerca di accoltellare un compagno di lunediata col quale si è messo a litigare. Viene portato in Questura, non senza difficoltà, poiché a mezza strada riesce a divincolarsi dalle Guardie e si mette a correre. Presto raggiunto, viene consegnato ai Carabinieri (Gazzetta Piemontese, 25 settembre 1877).

 

Qualche volta le ferite sono provocate non con coltelli ma con altri strumenti alternativi. Così, nel corso della rissa avvenuta il 26 febbraio 1877, al Caffè d’Oriente in via Corte d’Appello. Forse per ragioni di lunediata, è nata una baruffa tra giovinastri e donne di mal affare. Era mezzanotte e l’esercente stava chiudendo il negozio trattenendo però all’interno tre dei litiganti. Tre amici, rimasti di fuori, cominciano allora a tempestare di sassate porte e finestre del locale, facendo un chiasso indiavolato. Quando arrivano le Guardie, i tre fuggono, arrestandosi ogni tanto per scagliare sassi contro gli inseguitori. Uno viene raggiunto, arrestato e riportato al Caffè, dove alcuni Carabinieri stanno ammanettando i tre bloccati in bottega. Mentre viene interrogato, il fuggitivo sembra svenire e si può constatare che è ferito alle reni. Portato all’Ospedale di San Giovanni, viene visitato e si scopre che è stato gravemente ferito con un’arma aguzza, a sezione quadrangolare, probabilmente un grosso chiodo.

 

Si tratta di quei grossi e lunghi chiodi a sezione quadrata, forgiati a mano sull’incudine, oggi assai costosi e utilizzati per l’arredamento in stile finto rustico. È armato di un chiodo del genere uno dei personaggi della commedia “Quei figuri di trent'anni fa”, scritta da Eduardo De Filippo nel 1929.

 

Torniamo a Torino, all’Ospedale San Giovanni, dove si riscontra che il ferito è Gioachino Bottinelli, calzolaio di 28 anni, il quale dichiara di non sapere né come né da chi abbia ricevuto il colpo (Gazzetta Piemontese, 27 febbraio 1877). Queste dichiarazioni fanno parte del codice d’onore dei lunedianti: non accusare e non fare nomi.

 

Altra lunediata, altro litigio, altro strumento.

 

Due operai si trovavano il 27 marzo 1876, poco dopo mezzogiorno, nella Bottiglieria del Lago Maggiore, in via Corte d’Appello, e bevendo insieme cianciano del più e del meno e fanno i conti sul modo di finire la lunediata nel migliore dei modi. Dopo qualche tempo questi operai escono per recarsi in una casa vicina dove, ai piedi della scala, la buona armonia cessa e iniziano a litagare per motivi di donne. Dalle parole si passa alle vie di fatto: uno dei due estrae di tasca una lima e con questa colpisce per due volte l’amico alla testa provocandogli gravissime ferite. Il ferito è ricoverato all’Ospedale Mauriziano mentre il feritore va in prigione (Gazzetta Piemontese, 28 marzo 1876).

 

Un altri ferimento con arma impropria è descritto dalla Gazzetta Piemontese dell’8 aprile 1873: domenica 6 aprile, un operaio che tornava dalla Barriera di Nizza (oggi, piazza Carducci) dove era andato a gozzovigliare con due amici, in via Palazzo di Città ha litigato con questi ed è stato ferito alla testa con colpo di chiave. È stato ricoverato all’Ospedale Mauriziano.

 

Qualche volta, la rissa si prolunga anche nell’ospedale.

 

Nella notte fra il 15 e il 16 maggio 1876, nelle vicinanze dell’Aurora, oltre il ponte Mosca, scoppia un diverbio che presto diventa una rissa tra parecchi giovinastri che, forse, avevano trascorso la lunediata in bagordi.

Uno dei rissanti, Paolo Signetti, panieraio, riceve una coltellata molto grave alla coscia; un secondo, Giuseppe Ghiavello, fonditore in ghisa, viene ferito al collo sempre con un coltello. I due sono ricoverati all’Ospedale Mauriziano.

 

Un terzo, il calzolaio Giovanni Faussetto, se la cava con leggere scalfitture e viene spedito a casa in attesa delle decisioni della Questura.

 

I due feriti, probabilmente irritati dall’abuso di bevande alcooliche, appena giunti all’Ospedale Mauriziano, ricominciano a scambiarsi degli insulti e sarebbero venuti alle mani se il robusto portinaio non li avesse messi al loro posto (Gazzetta Piemontese, 16 maggio 1876).

 

Si conclude così questa prima ricognizione fra le «lunediane» degli operai torinesi negli anni ’70 dell’Ottocento.

 

 

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Articolo pubblicato il 29/01/2019