Detta «delle Sacramentine» o delle «Adoratrici perpetue del SS. Sacramento» è sita in via dei Mille al n. 25 all'angolo con via Fratelli Calandra,
Passando nella austera e poco popolata via dei Mille e osservando al n. 25 la chiesa di San Francesco di Sales che ispira una vaga sensazione di malinconico abbandono, non si direbbe che abbia un passato illustre, che sia sorta su un terreno donato dalla regina vedova Maria Cristina, che sia stata lodata dal re Carlo Alberto, che sia stata abbellita dal celebre architetto torinese Carlo Ceppi su impulso di un predicatore al tempo molto popolare…
Ma procediamo con ordine.
Dal libro «Torino Sacra» di Giuseppe Isidoro Arneudo (Torino, 1898) apprendiamo che le Monache «Adoratrici del SS. Sacramento» sono istituite nel 1807 a Roma nel Convento dei Santi Gioachino ed Anna alle Quattro Fontane da suor Maria Maddalena dell’Incarnazione, al secolo Caterina Sordini, nata a Porto Santo Stefano, poi badessa del Monastero dei Santi Filippo e Giacomo in Ischia del terz’Ordine Francescano.
Sono soppresse dopo breve tempo dal Governo francese ma si ricostituiscono nel 1818. Nel 1839 si installano nel Convento di Sant’Anna in Quirinale.
La denominazione di queste Monache spiega le pratiche religiose da loro svolte e lo scopo della loro istituzione.
Nel 1839, sull’esempio di suor Maria dell’Incarnazione e sotto la guida spirituale del teologo Rondo, alcune dame dell’aristocrazia torinese elaborano l’idea di fondare anche a Torino una Pia Società per l’Adorazione del SS. Sacramento. Non tardano a concretizzare il loro progetto perché affittano una casa nel Borgo Nuovo, il quartiere sorto a Torino dopo l’abbattimento napoleonico della cinta muraria bastionata, che ha come asse centrale l’attuale via Mazzini (al tempo via Borgo Nuovo) ed è delimitato da via Andrea Doria, corso Cairoli e corso Vittorio Emanuele II, nel tratto fra Porta Nuova e il Po.
In questa casa le dame, chiamate “Rondoline” dal cognome del loro Direttore spirituale, vivono in comune e adattano l’atrio ad Oratorio aperto al pubblico.
Ben presto sono sostituite da una sezione delle monache Adoratrici di Roma, chiamate a Torino dal re Carlo Alberto, su consiglio del conte e della contessa Solaro della Margherita, i quali vedono che la fondazione torinese si sostiene a stento basandosi sulle sue uniche forze.
La sezione delle Adoratrici proveniente dalla Congregazione di Roma non tarda a progredire. Dopo aver ampliato il monastero, si pensa anche ad una chiesa più ampia e comoda, che è iniziata nel 1846, su progetto dell’architetto Alfonso Dupuy, e viene consacrata il 30 marzo 1850. La Chiesa è costruita su un terreno donato, l’11 aprile 1843, dalla regina Maria Cristina (1779 - 1849), vedova di Carlo Felice, che ne ha consigliato la dedica a San Francesco di Sales.
Nel 1870, la Chiesa viene abbellita da una facciata monumentale costituita da un pregevole colonnato formato da sei agili colonne corinzie in granito, sormontate da un frontone e poggianti su un’ampia gradinata, in forma di propileo, progettato dal celebre architetto torinese conte Carlo Ceppi (Torino, 1829 –1921).
Alla raccolta dei fondi necessari per questa decorazione dà un notevole contributo l’abate Massimiliano Bardesono di Rigras (1838 – 1879), al tempo celebre oratore sacro, il quale nelle sue prediche, molto frequentate e seguite, invita gli ascoltatori a completare l’opera con le loro offerte.
Il Re Carlo Alberto ha visitato la Chiesa quando era ancora in costruzione e ha espresso il giudizio che sarebbe stata essere una delle più belle di Torino. Non parlava a vanvera, perché, come allievo dell’architetto Ferdinando Bonsignore (Torino, 1760 - 1843), conosceva bene i concetti architettonici. Il suo giudizio sarebbe stato esatto se il progetto originale fosse stato eseguito in tutti i suoi particolari.
Il libro di Arneudo «Torino Sacra» inserisce a questo punto una descrizione dell’interno della Chiesa che viene a costituire una sorta di “cahier de doléances” per le mutilazioni apportate al progetto originario.
La riportiamo integralmente, nell’attesa di potervi compiere una ricognizione.
«Manca alla Chiesa, alla cui ampia rotonda aggiungono venustà le numerose colonne scanalate, per la maggior parte ergentisi isolate su alto stilobate, quella ricca decorazione che al magnifico ordine corinzio conviensi; mancano ai cassettoni ottagoni dell’amplissima cupola i rosoni dorati che ne l’adornerebbero singolarmente; mancano sulle trabeazioni delle colonne i gruppi d’angeli adoranti ch’erano nella mente dell’architetto; eppertanto la bella rotonda, così com’è, appare alquanto spogliata e povera, i due begli altari dell’Addolorata e di San Francesco di Sales non bastando a decorare sufficientemente l’ambiente, richiedente dorature e stucchi di qualche effetto.
L’interno della Chiesa adunque presenta, come abbiamo detto, un’ampia rotonda intersecata da una croce, alle estremità della quale ergonsi quattro archi sorreggenti la cupola, de’ quali uno forma la porta d’ingresso, un altro il grand’arco aprentesi di rimpetto a questa porta e che dà accesso al presbiterio, dietro al quale v’ha un amplissimo coro per le monache, rischiarato da apposito lucernario aperto nella mezza cupola che gli sovrasta. I due archi laterali accolgono le cappelle: a destra di chi entra in Chiesa vi han gli altari di San Giuseppe e di M. V. Addolorata, e un piccolo altare separato dedicato al Sacro Cuore di Maria; a sinistra v’han gli altari di San Francesco di Sales - il santo titolare della Chiesa - e della Madonna della Concezione.
Le pregevolissime tavole degli altari sono opera lodata del valente pittore Marabotti di Mondovì, ed anche al profano dell’arte appaion tutte lavoro del medesimo pennello, concezione d’un istesso artista.
Al bell’Altar maggiore, fra ceri costantemente accesi, sta esposto, in permanenza, alla venerazione de’ fedeli, il SS. Sacramento, collocato sotto elegante tempietto a colonnine».
Il campanile, distante dalla chiesa e inglobato in una costruzione adiacente nella parte inferiore, non ha aspetti di particolare interesse e il suo concerto di campane deve ancora essere adeguatamente studiato.
Giuseppe Isidoro Arneudo, Torino Sacra, Torino, G. Arneodo Editore, 1898.
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Articolo pubblicato il 15/07/2019