La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Storie di via Stampatori: le consuete risse

La Cronaca Cittadina de La Stampa di domenica 24 agosto 1913 riporta il titolo «Le consuete risse / in Via Stampatori / Una guardia leggermente ferita» per raccontare uno degli episodi di rappresaglia attuati dalla malavita locale in concomitanza con il prossimo sgombero.

 

Stanotte alle ore una, via Stampatori era teatro di una delle consuete scenate per quali è famosa la lurida via che il piccone si appresta a demolire.

La scenata è avvenuta, al n 14 numero anche questo che la cronaca cittadina registra molto sovente. Le guardie di servizio notavano verso la una che il chiasso nel cortilaccio acquistava vivacità e si udivano delle grida, delle imprecazioni. Tra il vociare concitato si percepivano anche delle frasi allarmanti: «Giù il coltello! Metta via la rivoltella!» E ciò frammisto a rumori confusi come se si trovassero delle persone in contesa, si minacciasse una seria rissa.

Per qualche momento le guardie non se ne preoccuparono, ammaestrati dall’esperienza. Sovente volte i barabba che in quei covi hanno ritrovo alzano la voce per richiamare l’attenzione dei vigili, mentre loro preparano, se sono pochi, qualche brutta sorpresa.

Le guardie di pattuglia erano sei. Visto che il baccano non accennava a voler terminare, decidevano di intervenire. Penetravano nell’interno della casa, ma nulla però vi trovavano di anormale, essendo cessato, come per incanto il tumulto al loro comparire.

Richiamarono i presenti ad un po’ più di urbanità, poi decidevano di tornare sulla strada. Avevano però appena messo piede fuori dal portone che da una finestra veniva scagliata una bottiglia che andava a ferire ad una gamba la guardia Battezzato Eugenio.

Tornati indietro rapidamente le cinque guardie arrestarono quattro dei barabba che si trovavano nella casa e li portarono alla sezione Moncenisio, ove chiamato, ove chiamato, si trovò il delegato Adabbo per l’accertamento dei fatti.

La guardia ferita è dichiarata guaribile in quattro giorni.

La locanda al n. 14 di via Stampatori apparteneva all’isola di S. Eustacchio. Per darne un’idea riportiamo quanto scritto da Teofilo Rossi, sindaco di Torino dal 28 giugno 1909 all’11 giugno 1917 che aveva inserito la demolizione di questo isolato nel suo programma portandola poi a termine.

«Isolato S. Eustacchio. - Era uno dei più malfamati edifici della città. Posto a ridosso del Giardino Lamarmora e così nel cuore della città, misurava 6170 mq.: constava di 40 proprietà, conteneva 9 postriboli e 28 bettole di ultima categoria. L’area risultante fu ceduta per mq. 1222 alla Cassa di Risparmio per un prezzo di L. 875.000.

Ivi sorgerà adunque un grandioso ed artistico edifizio, dove prenderà sede nei secoli il nobile e potente Istituto del risparmio Piemontese». Così scriveva Teofilo Rossi. Il palazzo che doveva ospitare la nuova sede della Cassa di Risparmio, progettato nel 1915 dall’architetto Carlo Angelo Ceresa, viene poi venduto nel 1925, incompiuto, alla Società Idroelettrica Piemontese (Sip) che lo completa. Oggi è noto come Palazzo della Luce.

Questa divagazione non ci deve far perdere di vista la conclusione della vicenda giudiziaria degli autori della gazzarra, indicati come «quattro barabba». La descrive La Stampa, di sabato 27 settembre 1913 col titolo: “La fine di una gazzarra (Tribunale Penale)”.

 

Era la gazzarra indegna ed indecente che avveniva in ogni ora del giorno attorno e dentro quel quartiere, che si estendeva tra le vie Stampatori e Bertola: regno di donne di malo affare e di pregiudicati, di lenone e sorvegliati speciali, di persone che la società confinava in quel luogo, per forza di selezione. Ora quel quartiere è circondato da uno steccato, e si sta demolendo, parecchi atti di barabbismo e di rappresaglia hanno caratterizzato la fine di quel fosco regno.

La cronaca li registrò: per essi avvennero anche parecchi arresti; guardie di P. S. erano state insultate e ferite.

Nella notte dal 23 al 24 agosto in una locanda appunto di via Stampatori, 14, al 3° piano, erano raccolti parecchi sorvegliati speciali. Alla vigilia del loro trasloco essi cantavano e schiamazzavano, come per salutare quel vecchio covo. Una pattuglia di guardie salì a farli tacere. Discesi nella via, un agente venne ferito ad un piede, da un oggetto scagliatogli dall’alto. Era una bottiglia lanciata da una finestra di quel terzo piano dove gli schiamazzatori si preparavano alla dipartita. L’ultima vendetta! Furono tutti arrestati, e cioè tali Gemelli Carlo, Bagnera Luigi, Sacco Luigi, Faudella Oreste, chi sorvegliato, chi ammonito; e furono accusati di lesioni qualificate e di contravvenzione alle norme della sorveglianza.

Non meno di una diecina di volte costoro hanno già fatta loro comparsa in Tribunale!

Il Faudella Oreste rivendicò a sé la prodezza del lancio della bottiglia feritrice e fu condannato a 3 mesi di reclusione.

Gli altri furono tutti assolti.

Di fuori un gruppo di abitanti dell’antico rione li attese plaudendo.

 

Erano applausi di vendetta di persone che ormai si erano dovute allontanare dai famigerati isolati perché sul finire di agosto lo sgombero era stato attuato, come vedremo nella prossima puntata.

 

Teofilo Rossi, Cinque anni di vita amministrativa torinese 1909-1914. Note di un sindaco, Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti, Vol. CLXXI, Serie V – 14 maggio 1914.

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Articolo pubblicato il 15/03/2020