La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Arrigo Lidi e «I cavalieri dell'onta»

Ci occupiamo dello scrittore e poeta torinese d’adozione Arrigo Lidi. Aldo Maria Colonnelli, questo il suo nome, è nato ad Ancona nel 1868 e si è poi stabilito a Torino. Ha esordito assai giovane nel giornalismo. Con lo pseudonimo di Arrigo Lidi, ha pubblicato i vari volumi di versi, pregevoli per correttezza di forma e per concetti: Orchidee; Fucsie; Ora grigia; Albe livide; Candida notte e due drammi in un atto: Elide e Rabbia carnale. È autore anche di un volume di novelle, I cavalieri dell'onta, e del romanzo L'eva sognata. Per diversi anni è stato un eccellente artista drammatico.

Queste sono le notizie che ci vengono fornite dalle due edizioni del Dizionario bio-bibliografico dei letterati e giornalisti italiani contemporanei di Teodoro Rovito (Napoli, 1907 e 1922). Apparentemente niente di così interessante. Ma quando il Sistema Bibliotecario Nazionale (SBN) mi ha informato che la raccolta di novelle “I cavalieri dell’onta” ha come sottotitolo “scene della malavita torinese” il mio livello di interesse è notevolmente aumentato!

Per una fortunata combinazione ho potuto acquistare molto rapidamente questo libro sul mercato antiquario ed ora posso condividere la riscoperta di Arrigo Lidi con i Lettori di “Civico 20 News” affezionati alla mia rubrica “Torino noir”.

Ci aiuta a conoscere il personaggio questo articolo de La Stampa del 29 dicembre 1906:

 

Il tentato suicidio di “Arrigo Lidi”

 

Con questo pseudonimo di Arrigo Lidi aveva firmato qualche volumetto il poeta peripatetico Aldo Mario [in realtà Maria] Colonnelli, di Ancona, torinese ormai d’adozione, poiché qui aveva preso domicilio da oltre dieci anni. Era quel che si vuol dire un «tipo».

Di quarant’anni, statura media, marcatamente claudicante, aveva con quella sua faccia sbarbata e pallida, che faceva maggiormente spiccare il naso magro e lungo, la figura di un ex-buffo da caffè-concerto. E tale moltissimi lo credevano, poiché, la notte specialmente, era quasi sempre in compagnie di canzonettiste e anche di peripatetiche. Ma non solo: spesso lo si era veduto con un cappellaccio a larghe tese, vestito dimessamente e armato di un nodoso bastone, frequentare persone di dubbia fama.

Arrigo Lidi, ch’era, del resto, un parlatore facile e fra i suoi amici godeva stima di galantuomo, usava dire che tutte quella sue conoscenze compromettenti gli fornivano un mezzo di studiare i bassi fondi sociali, da cui intendeva trarre argomento d’un suo libro: I cavalieri dell’onta.

Così egli aveva definito la vituperevole masnada di quegli individui che purtroppo infestano la città vivendo alle spalle di tante disgraziate cadute nell’abbiezione. Fra costoro Arrigo Lidi era anzi più noto sotto un altro nomignolo poco lusinghiero, di cui pare non se l’avesse tuttavia a male.

È bensì vero ch’egli si mostrò sempre uno scettico della vita; usava anzi affermare che dell’esistenza ne aveva oramai abbastanza e che un bel giorno l’avrebbe finita da sé, con un buon colpo di rivoltella. A quanto sembra l’occasione gli si è purtroppo presentata ieri, ed ecco in quali circostanze.

L’Aldo Colonnelli occupava, in comunione con un amico, una camera mobigliata in piazza Vittorio Emanuele [oggi piazza Vittorio Veneto], N. 13. Di questi giorni la padrona di casa, signora Migliardi, non soddisfatta dei suoi inquilini, li licenziò. Nel pomeriggio di ieri, a questo proposito, il Colonnelli ebbe un battibecco con la padrona, battibecco che, per l’intervento di un figliuolo di essa, si fece più aspro e più violento.

Arrigo Lidi, per natura impressionabile, si esaltò, cosi che, rientrato nella sua camera, impugnò una rivoltella e se ne esplose due colpi all’addome.

La detonazione mise la casa a rumore. Accorsero parecchie persone, ed il Colonnelli fu da una guardia municipale e dall’indoratore Filippo Zappata trasportato per mezzo di una vettura pubblica al San Giovanni. Il dott. Azario, dopo avergli apprestato le cure necessarie, lo fece ricoverare nella Sezione Isnardi, riservandosi ogni giudizio sulle probabilità della guarigione.

A chi lo interrogava, il Colonnelli rispose semplicemente: «Avrei potuto uccidere; preferii di uccidermi!».

Evidentemente sopravvissuto al tentativo di suicidio, il Nostro poteva finalmente pubblicare il suo famoso libro “I cavalieri dell’onta” già annunciato nel 1906. La copia in mio possesso porta l’indicazione Tipografia G. Montrucchio di Torino 1910. Il SBN porta l’indicazione 1909. Vi è stata una ristampa a distanza di un anno? Non lo sappiamo.

I cavalieri dell’onta, come già detto in precedenza, sono i protettori-sfruttatori delle prostitute, quelli che i francesi chiamano “souteneurs” e i torinesi “gargagnan” o “garga” visti però con grande simpatia e nobilitati perché traviati a seguito di improbabili tragiche vicende personali e familiari.

Le novelle presenti nel libro sono quanto di più deludente abbiamo potuto leggere nel già desolato e desolante panorama della letteratura “criminale” torinese. Il nostro Arrigo ci propone vicende, spesso inverosimili, appesantite da lunghissime e noiosissime considerazioni psicologiche, con protagonisti che sembrano provenire dai romanzi erotico-sentimentali di Guido da Verona (1881 – 1939).  

L’ambientazione torinese non va oltre qualche generica indicazione di vie più o meno malfamate del centro storico e non trova certo conferma nelle trite citazioni riprese dalla cronaca nera e in qualche stentata battuta in piemontese scritta con una approssimativa grafia virigliana.

Il senso di insofferenza e di frustrazione nei confronti di queste storielle è aumentato dal fatto che questo signore, almeno secondo quanto scritto da La Stampa e prima riportato, ha davvero frequentato esponenti della malavita torinese dove era noto con il soprannome di “disonor” come scrive lui stesso in alcune novelle, attribuendosi il nome di Armando Lari. E poteva vedere con i suoi occhi la vecchia via Roma, la via Stampatori e altre zone popolari e malfamate torinesi!

Di questo libro non si può certo dire “ingiustamente dimenticato”…

Non conosciamo l’anno della morte di Arrigo Lidi che viene ancora nominato in pubblicazioni del 1926, del 1928 e del 1933.

Fonte delle ultime due immagini: Wikipedia.

 

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Articolo pubblicato il 29/03/2020