3 settembre 1966: morte di Danilo Crepaldi

Questo componente della «banda Cavallero» muore in un incidente aereo in Val d'Aosta

Domenica 4 settembre 1966, «La Stampa» riporta questa notizia «Aereo da turismo urta contro un albergo / e precipita presso Aosta: morto il pilota». Sono molto eloquenti per spiegare l’incidente di volo l’occhiello dell’articolo, «La sciagura in località Sarre sotto gli occhi di molti turisti», e il suo sommario, «La vittima è un torinese di 37 anni - Da tempo si era stabilito nella Valle dove faceva l’impresario - Col velivolo volteggiava sull’hotel dove alcuni amici si trovavano per un pranzo di nozze - Durante il “giro della morte” ha toccato con un’ala il tetto della casa sfasciandosi infine sul greto della Dora Baltea».

Nel testo leggiamo che il 3 settembre «... Un allievo pilota dell’Aereo Club di Aosta è morto in un incidente di volo avvenuto alle 17,45 circa di oggi in località Sarre, a pochi chilometri da Aosta. Si tratta del geom. Danilo Crepaldi, di 37 anni, nativo di Cavarzere, già residente a Torino in via San Donato 54, domiciliato nella nostra città in via Chambéry, dove aveva anche lo studio, avendo intrapreso da poco in Valle d’Aosta l’attività di impresario.

L’aereo, uno “Stimson L.5”, dell’A. C. Aosta, da lui pilotato, ha urtato con l’ala destra nel tetto dell’albergo Giardino di Sarre, ha superato la statale, sulla quale in quel momento il traffico era intenso, e, dopo avere tranciato i fili di una linea elettrica dell’Enel, è andato a schiantarsi sul greto della Dora. Il Crepaldi, che era solo a bordo, è morto sul colpo».

L’incidente ha avuto come testimone un turista ospite dell’albergo Giardino, il dott. R. R., segretario capo della Procura di Napoli che ha seguito la scena dal balcone della sua camera e riferisce al cronista di «evoluzioni spericolate» del velivolo che dopo due o tre puntate sull’albergo, ha tentato il giro della morte: «Nell’uscita dall’acrobazia, fatta a bassa quota, ha urtato con l’ala destra il tetto dell’albergo. - narra il dott. R. R. - Ho visto uno sfasciume di rottami volare per l’aria. La carlinga, ancora intatta, come un proiettile ha superato la statale sfiorando le case. Ha abbattuto i fili di una linea elettrica ed è finita sotto una scarpata in riva alla Dora».

Sul posto si sotto recati il questore di Aosta, dott. Edmondo D’Anchise, il presidente dell’Aero Club, il comandante dell’aeroporto e direttore della Scuola di pilotaggio, il tenente dei carabinieri Luigi Contaldi. I rilievi per accertare le cause dell’incidente sono stati eseguiti dal commissario della squadra mobile, dott. La Ferola e dai suoi agenti.

Risulta che il geometra Crepaldi - con una quarantina di ore di volo e in procinto di conseguire il brevetto di primo grado - ha partecipato nel pomeriggio a un pranzo di nozze nell’Albergo Giardino di Sarre. Come amico degli sposi ha voluto festeggiarli esibendosi in spericolate acrobazie. All’aeroporto ha chiesto l’aereo per allenamento al comandante e, ottenuto il suo permesso, si è diretto su Sarre dove ha iniziato le evoluzioni. Erano le 17:35. Dopo dieci minuti, è avvenuta la sciagura. Crepaldi è scapolo, la madre, vedova, risiede a Torino e la fidanzata a Bosses, un paesino della valle del Gran San Bernardo.

Dalla lettura di questo articolo pare di comprendere che il tragico episodio, nato da un momento di esibizionismo un po’ fanfarone, abbia coinvolto un geometra torinese da tempo stabilitosi in Valle d’Aosta per lavorarvi come impresario, persona tranquilla anche dal punto di vista sentimentale.

Chissà cosa avranno detto gli appartenenti alle forze dell’ordine prima citati, autori delle indagini su questo incidente di volo, quando l’anno seguente apprendono che Danilo Crepaldi, sedicente geometra, è uno dei componenti della ricercatissima banda di rapinatori di banche che ha iniziato la sua attività a Torino, lunedì 8 aprile 1963, con un assalto all’agenzia n. 19 dell’Istituto San Paolo di via Onorato Vigliani!

La vicenda della «banda Cavallero» è già stata raccontata molte volte e si è ormai consolidata in una vulgata ricca di inesattezze. Si dice spesso che fosse formata da Pietro Cavallero, il capo, con Sante Notarnicola, Adriano Rovoletto e Donato Lopez. Meno di frequente si legge che Donato Lopez ha sostituito Danilo Crepaldi, dopo la morte di questi nell’incidente aereo in Val d’Aosta. Entrambe le versioni sono inesatte perché il diciassettenne Lopez ha soltanto partecipato, il 25 settembre 1967, alla rapina del Banco di Napoli in largo Zandonai, a Milano. È intervenuta la polizia e, dopo attimi di fuoco, sparatorie fra i passanti, auto travolte, morti lasciati sull’asfalto, è stata la disfatta per i banditi. Rovoletto viene catturato e fa i nomi dei complici che tentano la fuga.

La Corte di Assise di Milano dopo un processo iniziato il 3 giugno 1968 e durato per 21 udienze, l’8 luglio, ha inflitto l’ergastolo a Cavallero, Notarnicola e Rovoletto mentre Lopez è condannato a 12 anni e 7 mesi. Ma al processo d’appello, sempre a Milano, il 21 dicembre 1971, Donato Lopez - che Cavallero ha sempre scagionato da tutte le accuse - viene assolto per incapacità di intendere e di volere in relazione alla sua minore età.

Non ha quindi senso continuare a coinvolgerlo in improbabili e fantasiose ricostruzioni.

Perché Danilo Crepaldi, legalmente uscito dalle vicende processuali per la sua tragica morte, non viene ricordato dalla voce popolare e dai mass media che la alimentano? La sua storia costituisce un capitolo significativo nella trama delle imprese della banda e già di per sé potrebbe offrire spunti per film e romanzi. A nostro avviso, la vicenda della banda Cavallero più che da ricordi personali e da articoli di giornale è alimentata dal film «Banditi a Milano», instant-movie del 1968 con la regia di Carlo Lizzani. Una pellicola a colori di 102 minuti che ha finito per soppiantare nell’immaginario collettivo le immagini reali dei protagonisti della storia, in particolare quella di Cavallero, grazie alla esuberante interpretazione di Gian Maria Volonté.

Perché il film di Lizzani omette completamente la figura di Danilo Crepaldi?  Perché suggerisce l’idea che Cavallero si sia procurato dalla malavita le armi per le rapine?

Danilo Crepaldi, come si legge nella Banca Dati del Partigianato piemontese, nato a Cavarzere (VE) il 15 marzo 1929, col nome di battaglia di Nilo ha militato nella 26° Brigata SAP Vanni.

Le armi da lui fornite ai complici provenivano con ogni probabilità dalla lotta partigiana.

Secondo la madre di Crepaldi, il figlio teneva in una casetta di Bosses armi da guerra che aveva trovato in un nascondiglio del periodo partigiano; Cavallero e Rovoletto ne avevano trattenute alcune, le altre le avevano consegnate a lei («La Stampa», 29-09-1967).

Questo significativo risvolto della vicenda nel film è del tutto omesso.

Quanto ha pesato il fatto che il regista Lizzani (Roma, 1922-2013) fosse un partigiano, partecipante alla Resistenza romana, poi aderente al Partito Comunista Italiano?

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Articolo pubblicato il 03/09/2020