Le danze armate nelle Alpi

La danza delle spade è viva soprattutto in Piemonte

Presente in alcune località delle Alpi, la danza delle spade è viva soprattutto in Piemonte, dove sono presenti alcuni esempi strutturati sullo schema dello Schwerttanz che ha il proprio fulcro nella morte e resurrezione di un personaggio centrale (diversamente connotato nei vari riti): tema drammatico che pone in rilievo le peculiarità agresti e legate ai riti stagionali di queste danze.

Vi sono inoltre alcune forme derivate nel Centro-Sud dell’Italia, come ‘Ndrezzata di Ischia, la danza-scherma salentina e il Tataratà agrigentino. Va inoltre ricordato alle danze armate si collega la Moresca, danza popolare di incerta origine e tradizionalmente legata, senza alcun elementi filologicamente coerente, alla cultura araba.

La struttura coreografica si basa su alcune figure ricorrenti: la catena, l’elevazione del personaggio centrale sulla rosa formata dalle spade intrecciate e sostenuta dai ballerini, in alcuni casi chiude la danza la treccia intorno al palo o il cerchio di nastri. Possono essere presenti altri elementi simbolici (come il Bran o la Puento della Valle di Susa) che contribuiscono ad accentuare le valenze agresti del rito.

Qui di seguito riportiamo l’elenco delle danze con le spade del Piemonte in cui, come si noterà, sono prevalenti quelle della Valle di Susa. Meno della metà sono ancora praticate (indichiamo quelle attive con “Si” e quelle non più effettuate con “No”).

 

Valle di Susa:

Chianocco: (No); Chiomonte (No), era presente la Puento; Exilles (No); Giaglione (Si), 22 gennaio, presente il Bran; Mattie (No); Meana (No), si svolgeva nel mese di settembre, era presente il Bran; Salbertrand (No); San Giorio (Si), 23 aprile, presente il Bran; Vaie (No); Venaus (Si), 3-5 febbraio, presente il Bran.

 

Cuneese:

Bagnasco (Si), si svolge durante il Carnevale e il 1° maggio, presente il palo intrecciato; Briaglia (No), si svolgeva durante il Carnevale, era presente il palo intrecciato; Castelletto Stura, (Si), 19 agosto, presenza del palo intrecciato; Limone (No), si svolgeva a Carnevale; Vicoforte (nel comune e ripetuto a Fiamenga e San Grato) (No), si svolgeva a Carnevale, a San Grato era presente il palo intrecciato; Villar d’Acceglio (No), si svolgeva durante il Carnevale.

 

Altre località:

Fenestrelle (Torino) (Si), 25 agosto, presenza del palo intrecciato; Lugnacco (Torino) (No), si svolgeva durante il Carnevale; Rueglio (No), si svolgeva durante il Carnevale; Rocca Grimalda (Al) (Si), si svolge nel periodo di Carnevale.

 

Un ulteriore aspetto caratterizzante le danze armate, è costituito dalla presenza, nei costumi dei ballerini, di elementi e colori simbolici; tra le forme coreutiche ricorrenti ricordiamo la “catena”, formata dai danzatori collegati per mezzo elle spade. In genere, il corpus della varie figure che caratterizzano questi balli è concluso con  la “battaglia” nella quale viene ucciso uno dei partecipanti, in genere il “buffone” (Arlecchino) che sarà “resuscitato” con la sua elevazione sulla “rosa” formata dall’intreccio delle spade.

 

Il Bal da sabre di Fenestrelle originariamente era inserito all’interno delle manifestazioni del Carnevale, ma oggi si svolge alla fine di agosto in occasione della festa di San Luigi; risulta contrassegnato da una serie di peculiarità coreutiche in cui sono visibili analogie con le danze armate di Bagnasco e di Point-de- Cervièr.

Tra gli spadonari di Fenestrelle troneggia la maschera di Arlecchino che guida gli spadonari, svolge il ruolo tipico del buffone che  dichiara ai quattro venti i peccati della comunità.

Il numero degli spadonari varia da otto a sedici; a Fenestrelle non è presente la banda: tutta la danza è accompagnata dal rollio dei tamburi; in passato “le donne, messe in riga, sussurravano  una nenia, in una lingua antichissima, sconosciuta (qualcuno vi individua i resti di un pianto rituale?).

Qui troviamo un ulteriore elemento rituale: la danza delle Corbelle (o Treccia) effettuata avvolgendo e svolgendo dei nastri colorati intorno ad un palo retto dal Turco. Forse una memoria dell'Albero della libertà transalpino, rivista e corretta all'interno del tracciato danzante di più remota origine.

Il Bal do sabre di Bagnasco è posto in relazione alla tradizione che narra di un contadino ucciso dai saraceni perché rifiutò di concedere la mano della figlia ad un certo Ramset. Sulla struttura basilare della danza delle spade, sono stati in seguito inseriti personaggi provenienti dalla Commedia dell'Arte (Arlecchino e Brighella), che diffondono i loro lazzi tra i ballerini.

Il Bal del sabre di Briaglia era un tempo parte integrante delle feste primaverili di questa località dell'Alta Val Tanaro. I dodici danzatori (che anche in questo caso  eseguivano tre figure: la Catena, la Rosa e il Cerchio) erano preceduti da Arlecchino, Brighella, il Senatore, l'Arciere, due Moretti (vestiti da arabi e con il volto annerito), un Tamburino e i Suonatori. Forse vi sono dei legami con la Carrera saracena di Garessio, di cui si possiedono scarse fonti.

Il Bal dó sabre di Castelletto Stura, propone una finta battaglia carnevalesca, con la lotta contro i “Turchi” ed echi della lotta contro i Saraceni del X secolo, che danno vita ad una vicenda molto eterogenea, in cui è difficilmente recuperabile la primitiva struttura della festa. Il tutto si svolge con molta libertà sul piano filologico e cronologico che rende questa festa un rito articolato, in cui è evidente il tema della cacciata dei Saraceni, non sono assenti personaggi di origine diversa. Bal da saubre di Limone Piemonte, già negli anni Quaranta del 900 era ridotta “a vere e proprie figure decorative della processione per la Passione di Cristo che si fa nel Venerdì di Pasqua”.

Del Bal del saber, che si svolgeva in alcune località di Vicoforte, le informazioni sono molto scarse. Riferendoci alle uniche fonti di cui disponiamo (Carnevale del 1904) apprendiamo che il rito era eseguito da 22 giovani, dodici di loro erano i ballerini armati di sciabola. Accanto vi erano Arlecchino, Brighella, due mori, un arciere o carabiniere, un senatore, un segretario del senatore, un direttore, un araldo e un tamburino.

Senza ombra di dubbio quelli di Giaglione e Venaus sono “gli” Spadonari (immagine a lato) per eccellenza: ciò soprattutto in relazione al fatto che queste figure risultano più “pure”, perché la loro danza è inserita con maggiore autonomia all’interno della festa.

Gli Spadonari sono parte integrante  della cultura folklorica della Valle di Susa: oltre a costituire il punto forte dei festeggiamenti in onore di San Vincenzo (22 gennaio) - a Giaglione - sono una sorta di leitmotiv rituale ben assestato nella realtà tradizionale locale; a Venaus la festa si svolge il 3 e il 5 febbraio.

In Valle di Susa la danza armata è segnalata con una certa consistenza dall’inizio del XIX secolo e si ripete come una presenza rilevante nell’ambito delle tradizioni rituali connesse al ciclo religioso. Alcune indagini d’archivio hanno però consentito di retrodatare il rito degli Spadonari al XVIII secolo.

La Lachera di Rocca Grimalda è una delle feste più studiate, anche per le sue implicazioni con la tipologia delle danze armate; è molto vicina alla mascherata carnevalesca dalla quale sembrerebbe aver mutuato il trionfo dei colori, i suoni, i rumori, che sono cornice ad un’apoteosi di maschere di notevole eterogeneità. Quindi, probabilmente, si tratta di un rito propiziatorio connesso alla fertilità, potenzialmente storicizzato con il ricorrente motivo costituito dall’atto di ribellione popolare contro lo ius primae noctis imposto dal feudatario Isnardo Malaspina (XIII secolo).

Anche il rito di San Giorio, come quello di Rocca Grimalda, trova il proprio fulcro drammatico nella rivolta della popolazione contro il feudatario che sottoponeva i propri sudditi ad ogni genere di angherie.

La danza si svolge nell’ambito della festa in onore di San Giorgio (23 aprile), vi partecipano sei Spadonari, seguiti dai tamburini e dalla badia, trovando la propria scenografia nell’area del castello.

Le prime notizie sulla danza armata di San Giorio risalgono al primo ventennio del XIX secolo, anche se, come abbiamo visto trattando Gialgione e Venaus, vi sono fonti che consentono di retrodatare l’esecuzione di questo rito almeno fino al XVII secolo.

Accanto ad alcune danze armate sono presenti elementi simbolici di grande interesse come il Bran, di Guaglione e Venaus: una struttura che di fatto simbolizza la natura ed è costituita da fiori, elementi vegetali e soprattutto una grossa forma di pane.

 Strutture simili al Bran anche se di forma diversa, costituiti da intelaiature o da semplici tronchi o rami decorati, sono documentati a Meana (Fusi), Chiomonte (Punte), a Venaus e Ramat (Charintel, tronco di abete ornato), San Giorio (Cantello).

A Chiomonte, nel mese di gennaio si svolge la tradizionale festa della Puento: una struttura a fuso che dovrebbe simbolizzare quello del martirio di San Sebastiano, ma che rivela interessanti riferimenti con l'albero della libertà; è decorato con simboli vegetali e floreali, oltre a dei nastri donati delle famiglie del paese.

La Puento (immagine in alto), fatta danzare dai coscritti e dalle priore, e con banda e seguito, viene portata in chiesa per la benedizione; con essa viene anche consacrato il pane da distribuire ai partecipanti alla fine della festa.

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Articolo pubblicato il 19/01/2021