Come la mente si prende gioco di noi.

Errori e idee irrazionali ritenute valide.

Come fa la mente a mentirci? Perché ci si innamora di chi ci respinge? Perché crediamo di avere sempre la situazione sotto controllo? Perché i propositi stabiliti sono difficili da mantenere?

Chi più, chi meno, subisce l’influenza delle proprie trappole mentali. Queste appartengono alla categoria  degli errori cognitivi. Quando gli errori prevalgono, riteniamo valide ingiunzioni, suggestioni, interpretazioni della realtà, anche se, razionalmente, o a livello semplicemente logico, tutto ciò è assurdo.

 

La trappola regina, in grado di condizionare, anche in modo specifico, scelte e comportamenti, è quella rappresentata dalle certezze. Ognuno di noi ne possiede. Le certezze su di sé, sulla vita, sul dopo vita, su ciò che è giusto o sbagliato … Bhè, è normale. È bene che si sappia. Il nostro cervello, o perlomeno la parte che computa le informazioni a base emotiva, vuole stabilità. Situata nel sistema limbico, emozionale, vi è una ghiandolina chiamata amigdala. Lei odia le sorprese. Quindi ama le certezze. Mettere le persone nell’incertezza le rende vulnerabili. Viene bloccata una parte chiamata striato ventrale, la quale si attiva ogni qual volta riceviamo una ricompensa, un premio. Senza certezze l’amigdala si attiva e sente la situazione come una minaccia. Tutto il sistema percepisce questo stato come malessere.

 

Dire frasi come: “ne sono sicuro”, oppure “per me la situazione è diversa”, sono due certezze che creano la certezza più alta in assoluto; il dire: Io sono fatto così.  In questa ultima certezza vi è la consapevolezza di uno schema comportamentale composto da idee rappresentanti scuse – per me la situazione è diversa – e idee su di noi, sugli altri e sulla vita – ne sono sicuro.

 

Prendiamo ad esempio un pensiero del tipo: ho la certezza che mi ama. È vero, ha la fama di non volersi impegnare, ma per me è diverso. So di cosa ha bisogno. Poi si comporta così solo per non cedere ai suoi sentimenti. Ha avuto una brutta storia in passato finita male; sta solo difendendosi dalla sofferenza.

Eppure i segnali del: “non mi interessi” ci sono tutti. Uscire da queste certezze, come abbiamo visto, porta al malessere. Accettare di non essere interessanti per qualcuno può creare molta sofferenza.

 

Per il sistema, confrontarsi con l’incertezza è una dichiarazione di tortura costante. Così, pur di evitare tale tortura, si prendono decisioni, o si accettano soluzioni dettate da altri, anche se irrazionali e illogiche, ma abbastanza semplici da far quietare l’amigdala e attivare lo striato ventale. In questo modo si può dire di esserci tolti un peso.

Ora però entra in gioco una seconda trappola. Questa è chiamata chiusura cognitiva. Adesso che si è usciti dall’incertezza, anche con una decisione sbagliata, o una decisione dettata da altri alla quale abbiamo aderito, è doveroso mantenere la posizione. È un imperativo categorico.

 

Perciò nulla ci schioderà da quella idea, noi siamo sicuri, - prima trappola – e difenderemo la nostra scelta (anche se era di altri, ora è nostra per via del beneficio prodotto) a qualsiasi costo. Persino di fronte a ogni evidenza oggettiva tale da confutarla.

 

È tutta una questione di mente e cervello. Di allontanarsi dalla sofferenza di avere incertezze. Quando vi è incertezza il sistema va in tilt. E diviene difficile prendere decisioni sagge. Quando ci sono troppo certezze è bene domandarsi e se vi fosse altro? E magari, se si tratta di una decisione importante, prenderla con calma guardando la situazione con maggiore distacco. In questo modo si riuscirà a evitare di essere vittime delle certezze.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/06/2022