“Tutta la vita sulla Terra dipende da un sottile schermo di un gas velenoso: lo strato di ozono” (Ozone Secretariat UNEP)

L’aggressivo Sole d’inverno. Aggiornamenti sullo strato di ozono, scenari futuri e misteri

Da anni stiamo imparando a convivere con eventi atmosferici estremi e il riscaldamento globale non promette niente di buono. Come anticipato dalla NASA nel 2022, il 2023 ormai concluso è stato l’anno più caldo di sempre e non è prevista un’inversione di tendenza né per l'anno nuovo, né per quelli a venire.

Mentre sulla Terra si sommano sbagli e se ne discute quasi con rassegnazione, il Sole continua a emettere le sue radiazioni, tra le quali, i raggi ultravioletti (UV). Sono questi ultimi che per primi riscaldano la superficie terrestre, raggi ad alta frequenza che causano danni alla salute di ogni forma di vita, e non solo.

L’ozono (O3) è un gas che “modera” il flusso degli UV, dagli strati più alti della ozonosfera, fino a quelli che tendono al suolo. È un filtro stratificato, sistemato a bella posta dai misteri del cosmo per salvaguardare la vita sul pianeta, scoperto solo verso la metà del secolo scorso, quindi studiato più a fondo quando si è notato che i raggi del Sole si stavano facendo più aggressivi, indagando tra le plurime cause.

La saga dell’ozono

Una inattesa perdita di ozono sopra l'Antartide fu notata per la prima volta negli anni ‘70 dal Dottor Joe C. Barman e altri scienziati che operavano dalla base British Antartic Survey.

Già nel 1974 i ricercatori Mario Molina e Frank Sherwood Rowland avevano pubblicato su Nature un articolo che incolpava particelle sintetiche di cloro-fluoro-carburi (CFC), usati da impianti climatici e bombolette spray, capaci di liberarsi fino alla stratosfera, rilasciando atomi di cloro in grado di erodere l’ozono con una complessa azione catalitica (una molecola di cloro può mutarne in ossigeno 40.000 di ozono).

Poco prima il chimico Paul Crutzen dell'Università di Oxford aveva scoperto che il protossido di azoto, prodotto da disinfestanti al suolo e dagli aerei, assottigliava lo strato di ozono che, con lo sviluppo delle attività umane si era trovato aggredito da troppi, e in un primo tempo, ignari nemici, jet compresi.

Dal 1982 si è iniziato a studiare il fenomeno fin quando, nel 1985 Joseph Charles Farman & colleghi scoprivano che lo strato di O3 sulle regioni polari si assottigliava di anno in anno. La notizia fu subito presa sul serio dalle maggiori economie mondiali, portando alla messa al bando dei CFC,  in seguito ai protocolli di Vienna (1985) e di Montréal (1987), progressivamente vietati dal 1989.

Dal 1º gennaio 2010 è cessato il ricambio di CFC negli apparecchi di refrigerazione esistenti e dal 1º gennaio 2015 tutti i CFC ed HCFC sono stati interdetti. Alla luce di questi “risultati”, risulta che molti impianti obsoleti sono rimasti in funzione almeno fino a tali date. Occorre aggiungere che le molecole di CFC continuano a lungo l’interagire con l’ozono. Il loro peggior nemico è il metano (CH4), che però è un gas serra

È un’invisibile battaglia chimica che coinvolge molti attori, nel frattempo i nuovi gas: R410A (risultato molto inquinante) & R32 (imposto dal 2025) hanno sostituito i vecchi CFC nel compressore dei macchinari di condizionamento climatico, primi responsabili del danno ambientale, ma sempre più indispensabili per i nostri vizi.

I nuovi nemici dell’ozono, il pericolo dell’idrogeno

L’argomento è complesso, ha una vasta letteratura, ma è poco divulgato. Gli scienziati erano persuasi che il buco nell’ozono si sarebbe rigenerato o stabilizzato entro il 2050, sviluppi avvenuti solo in parte. La profezia è stata messa in dubbio da nuovi “colpevoli” e ulteriori misurazioni, poiché il buco sopra l’Antartide, nonostante il progressivo abbandono dei CFC, sembra andare oltre ogni previsione.

Da un dibattito sul tema a Uno mattina del 27/10/2023, con Ugo Cortesi, ricercatore CNR IFAC e Silvia Bencivelli, giornalista scientifica, di seguito un sunto dei passi salienti:

“Al contrario di quanto si era detto quasi un anno fa, il buco nell'ozono […] si è, invece allargato moltissimo e ha raggiunto la dimensione di 26 milioni di km quadri, pari al triplo della superficie del Brasile. Cosa significa questo? Esiste una relazione tra buco dell'ozono e cambiamento climatico? C'è speranza che questo assottigliarsi si riduca?”

Domande puerili, poiché, nonostante lo stop ai CFC, analisi del 2007 hanno rilevato un costante aumento di molecole di cloro in atmosfera a causa del bromuro di metile contenuto nei pesticidi abusati in agricoltura, ma il nuovo peggior nemico per l’ozono è l’idrogeno (H2), perché è leggerissimo e sale veloce in atmosfera.

L’aumento della produzione di idrogeno, acclamata soluzione ecologica per la mobilità è fonte di preoccupazione, carburante del futuro niente affatto miracoloso. Anche in questo caso, l’umanità è ancora in tempo per guardare più lontano, su quel che resta del futuro che verrà.

Fin qui quanto riguarda il buco nella ozonosfera sull’Antartide, ma un dato altrettanto allarmante riguarda una diminuzione della ozonosfera in corrispondenza dei tropici. Fenomeno già trattato su questo quotidiano il 23 aprile 2023, in un articolo dal titolo:

Il buco nell’ozono sulle fasce tropicali, 7 volte più ampio di quello sull’Antartide.

Link: https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=47665

Di seguito invece, notizie sul calo dell’ozono rilevato in zone più basse dell’atmosfera, delle quali si parla poco. Infatti, lo strato di O3 non si sta comportando in egual modo su tutte le aree della Terra. Oltre al dibattuto recupero ai poli e alla diminuzione negli strati alti dell’atmosfera sopra i tropici, si sta diradando anche negli strati bassi della stessa, dove vi sono le zone più urbanizzate del pianeta.

L’ozono e l’altro inquinamento

Nel corso di uno studio condotto dal politecnico di Zurigo, i ricercatori hanno esaminato l’atmosfera nei vari strati. I risultati del 2019 riportano che negli strati superiori l’ozono si sta rigenerando, in quelli intermedi è costante, mentre negli strati inferiori sta diminuendo.

Se è vero che senza il protocollo di Montreal la situazione sarebbe disastrosa, non si conoscono le cause dell’assottigliarsi di O3 nella troposfera, quella parte più bassa dell’atmosfera più interessata dall’attività umana, dove si trovano circa i 3/4 dei gas atmosferici e praticamente tutto il vapore acqueo.

Secondo lo studio condotto dallo stesso Politecnico e dall’Osservatorio fisico-meteorologico di Davos è difficile risalire alle ragioni che hanno dato origine al fenomeno. Un’ipotesi è l’emissione di più gas industriali di breve durata, effetto non semplice da monitorare.

La ricerca, che si concentra su una sequenza di dati legata ai cambiamenti climatici osservati da satelliti negli ultimi tre decenni, è stata pubblicata sulla rivista "Atmospheric Chemistry and Physics".

Esiste qualche verità nascosta?

A questo punto, ritorna in auge una notizia comparsa il 4/2/2007 sul Sole 24 ORE, sempre conservata in archivio da chi scrive di queste cose da decenni.

Lapidario il titolo: “L’inquinamento che ci aiuta”. Sottotitolo ancora più esplicito: “Senza aerosol e scie degli aerei, il riscaldamento sarebbe peggiore". Gli occhielli a monte del titolo sono ancora più precisi. Indicano il quando, il dove, il come e il perché con puntuale giornalismo, rispettivamente in: 

  • dopo il vertice di Parigi, tra le pagine del rapporto IPCC;
  • durante lo stop ordinato ai voli civili dopo l’11 settembre uno scienziato ha scoperto che le particelle schermano il sole;
  • Secondo uno scienziato.... senza le schermature delle scie il pianeta sarebbe più caldo.

Pagine e grafici sull’aumento della radiazione UV nella prestigiosa testata, chiari riferimenti al rilascio di sostanze chimiche in atmosfera, riproposti anche in altri numeri dello stesso giornale, sempre nel 2007. Notizie poi sepolte nel nulla.

Sono tanti i misteri che circondano l’innalzamento della temperatura che sta arrostendo ghiacciai e non solo. Sulla pagina del Sole 24 ORE qui riproposta, spiccano richiami espliciti al ruolo di quelle scie chimiche, poi ricacciate nel limbo del complottismo. Quale interazione cosmica è a tal punto inquietante da essere… oscurata dalla stampa al soldo di chi dovrebbe amministrare questa ed altre cose? Una foto inquietante non dà risposte, ma alimenta il dubbio sull'oscurantismo in cui ci troviamo a vivere, ogni giorno in cerca di quello seguente. Occhio non vede cuore non duole.

Ore 8,30 del 30/12/2023 il cielo visto da Battifollo (CN) si presenta così. Foto di Sergio Cherubin

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Articolo pubblicato il 30/12/2023