Quel buco nell’ozono sulle fasce tropicali sette volte più ampio di quello sull’Antartide
dimensione reale del buco nell'ozono in corrispondenza dell'Antartide

Scoperto nel 2022 continua a dividere gli scienziati e se ne parla sempre meno. Una doverosa cronologia esplorativa

'"Oggi 22aprile è la giornata della Terra, auguri  al nostro Pianeta, ne ha bisogno"

Nel 2022 ha fatto scalpore la divulgazione di una scoperta effettuata dall'Università canadese di Waterloo, che dichiarava di aver individuato un nuovo deficit nella fascia di ozono che protegge la Terra dai raggi ultravioletti, ben sette volte più ampio di quello sopra l'Antartide.

A capo della ricerca, lo scienziato cinese Quig-Bin Lu, docente e ricercatore presso il Dipartimento di Fisica & Astronomia dell'Università di Waterloo che, con una pubblicazione sulla rivista dell'Istituto americano di fisica Aip Advances, indicava il nuovo buco nell' ozono sopra le due fasce tropicali. La superficie è risultata così vasta a causa della latitudine, anelli intorno alla Terra, rispetto ai puntiformi Poli.

L'estesa area monitorata ha risposto ai medesimi test basati sul modello di reazione elettronica guidata dai raggi cosmici, effettuati sui Poli Nord & Sud. Come i fenomeni rilevati sull'Antartide e in forma minore sull'Artico, il buco sulle fasce tropicali avrebbe iniziato a svilupparsi negli anni 80 e la sua posizione desta apprensione poiché al di sopra delle parti continentali più abitate della Terra.

L'area del buco dell'ozono nell'emisfero australe segue una sua variazione naturale e stagionale. Le cause aggiunte di origine umana si devono al rilascio in atmosfera di alcune sostanze inquinanti, tra cui i gas cloro-fluoro-carburi (CFC) impiegati soprattutto nelle bombolette spray e negli impianti di refrigerazione. Elementi volatili che divorano letteralmente l'ozono, presto individuati come colpevoli dell'erosione e contro i quali, la comunità scientifica mondiale aveva già provveduto con rapidità.

La decisione, ratificata dal protocollo di Montreal del 1987, imponeva l'adozione di nuovi gas cloro-fluoro-carburi (CHFH) modificati nella composizione di alogeni che sostituivano idrogeno e metano. Rimedio benefico poiché è stato subito rilevato che il buco nell'ozono sull'Antartide aveva iniziato a diminuire, inoltre, anche per fluttuazioni dovute a recenti vortici climatici caldi, la proiezione tende alla chiusura, ma non in tempi brevi. Infatti, l'azione erosiva dei CFC è durevole nel tempo e secondo i rapporti dell'Onu, per una completa chiusura sull'Antartide occorrerà attendere il 2066, per l'Artide, il 2044.

Date insieme confortanti, poiché il buco nella ozonosfera (che circonda la Terra tra i 15 ei 30 km di altezza), è una primaria concausa al riscaldamento della Terra. Dunque, la scoperta dell'ulteriore ammanco di un filtro ai raggi UV a latitudini intermedie della sfera di ozono è una pessima complicanza.

Perché i raggi UV sono dannosi e cosa sono?

I raggi ultravioletti sono onde elettromagnetiche emesse dal Sole, che si muovono con un'onda un po' più breve rispetto al colore viola e non percepite dall'occhio umano. Sono radiazioni che bruciano e possono danneggiare la vista e le cellule della pelle fino a innescare fenomeni cancerosi. Inoltre, i raggi UV, se non filtrati dall'ozono sono un pericolo anche per altre forme di vita animale e vegetale, e prolungano la genesi dei raggi infrarossi al suolo (IR), altre radiazioni non visibili dall'occhio umano, generano dal calore stesso e che, bloccate dall'effetto serra, non si disperdono più oltre l'atmosfera, ma la riscaldano.

Cos'è l'ozono e perché filtra i raggi UV?

L'ozono è un gas azzurro, dall'odore pungente, formato da tre atomi di ossigeno. Il +90% dell'ozono staziona in una fascia dell'atmosfera dove viene di continuo generato e distrutto dai raggi UV emessi dal Sole. Questa fascia, detta ozonosfera, rappresenta un filtro naturale che regola l'afflusso dei raggi UV. Intaccare la fascia di ozono favorisce un circolo vizioso con gli IR, difficile da ripristinare in tempi brevi e che riscalda il pianeta.

I dati dell'Università canadese, diffusi nel maggio 2022, hanno fatto scalpore, ma sono stati esaminati con diffidenza da parte della comunità scientifica internazionale, e in alcuni casi, la notizia è stata relegata al valore di una bufala. Corsi e ricorsi della storia che da sempre vede ricercatori scientifici e teorici azzuffarsi su prove, rilievi e persuasioni, finché prima o poi la verità si manifesta, spesse volte da sé. Ne è una prova l'annosa diatriba sulla colpa antropica del riscaldamento globale che è continuata per decenni, quando invece sarebbe stato il momento di optare per qualche ripiego rapido e precauzionale, e semmai, sfidarsi intellettualmente dopo.

A un anno di distanza, l'ipotetico buco nell'ozonosfera rilevato sui tropici dall'Università di Waterloo e valutato sette volte più esteso rispetto a quello dell'Antartide, sembra sia una notizia scivolata nel dimenticatoio. Ciò non toglie che recenti test sulle radiazioni UV rilevate sulla zona equatoriale abbiano restituito dati ben superiori al previsto, e l'argomento in toto non è di secondaria importanza.

Stabilito che la fascia di ozono protegge il pianeta Terra dai raggi UV, così come un paio di occhiali da sole ci preserva la vista da quegli stessi raggi dello spettro solare, forse una nota da parte di chi non è più giovane, quindi custode della memoria, può aiutare a valutare il fenomeno con un metodo empirico.

Negli anni 60 durante un mese in spiaggia, dopo i primi giorni, quando ci si proteggeva con un po' di Coppertone, poi ci si abbronzava in modo naturale, diventando scuri come cioccolato amaro. A partire dagli anni 80, qualcuno ha iniziato a notare che ci si scottava più facilmente e le creme con fattore di protezione 50 hanno iniziato a triplicare le vendite. Oggi sono in molti di una certa età ad aver constatato che il sole brucia molto di più anche d'inverno, ma è presumibile che i primi ad accorgersene siano stati i ghiacciai.

Altro appunto: aumenta la popolazione, aumenta il calore, aumenta il numero degli impianti di refrigerazione delle metropoli, degli ipermercati, di ogni frigorifero sparso per il mondo. Il dubbio che i nuovi gas CHFH siano innocui al 100% è concesso e da valutare nel tempo.    

Quesiti deduttivi lasciati a chi non ha avuto né tempo né attenzione per valutare il graduale spostamento dei tempi di scottatura. I responsabili sono i raggi UV, e la protezione del magico Pianeta Vivente è l'ozonosfera. La stessa ricerca dell'Università canadese di Waterloo metteva in guardia sulla complicità dei raggi UV nel riscaldamento globale. Al di là del reale ammanco di ozono sulle fasce tropicali, prestare attenzione è d'obbligo e un sano, cartesiano dubbio aiuta sempre la ricerca, la ragione e la coscienza.

Fonti: Focus junior, NASA, ANSA, AdnKronos & Web

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Articolo pubblicato il 22/04/2023