Dipendenza da cibo. Esiste oppure no?

Accademici a confronto su un argomento “scottante”. Parte 3

La scienza del comportamento di dipendenza legato al cibo è alla base di studi approfonditi. Secondo alcuni studi, parte di questi pubblicati Archives of General Psychiatry, dimostrano come , cibi altamente elaborati e, quindi, di conseguenza altamente gratificanti, siano elementi probabili per l’attivazione cerebrale scatenante la dipendenza da cibo.

I cibi in questione hanno ricevuto un innalzamento della dolcezza con zucchero, un innalzamento della sapidità con il sale e un innalzamento di sostanze grasse. Tutte sostanze queste, che se ben calibrate, attivano i cosiddetti circuiti della gratificazione a livello cerebrale. Tali circuiti si rifanno alla classe di neurotrasmettitori della dopamina. Ad una attenta analisi sono gli stessi che si attivano per creare dipendenza da sostanze come droga e alcool.  

"Quando il sistema di ricompensa viene attivato, il cervello sperimenta una scarica di dopamina, spingendo le persone a consumare di più, creando un ciclo malsano", spiega Dolores (ricercatore sul comportamento clinico psicologo e direttore operativo di Bespoke Treatment, uno studio di salute mentale con sede a Los Angeles)

Fortunatamente solo alcuni alimenti attivano questi circuiti: quelli modificati e quelli davvero preparati gourmet. Questi cibi, i secondi per intenderci, donano sensazioni gustative e sensoriali tali da soddisfare chi li assapora in quanto presente anche un equilibrato e armonico insieme di elementi nutritivi. In questo caso la cosa più grave che può accadere è la ricerca di alimenti, o preparazioni culinarie, in grado di dare un più alto piacere. Per i primi, invece, quelli molto elaborati per intenderci, non solo attivano i circuiti della dopamina ma, visto la loro facile reperibilità, la loro composizione artificialmente creata, tendono a volerne sempre di più.  Molti di tali alimenti sono progettati proprio per attivare la ricompensa e il rilascio della dopamina.  

La D.ssa  Ashley Gearhardt, PhD, ricercatrice e assistente professore di psicologia presso l'Università di Los Angeles. laboratorio di scienza e trattamento degli alimenti e delle dipendenze presso l'Università del Michigan ad Ann Arbor,  ha dichiarato: "Sono proprio gli alimenti altamente trasformati che forniscono livelli innaturalmente elevati di carboidrati raffinati (come lo zucchero) e/o grassi che innescano modelli di assunzione che creano dipendenza".

Cosa fa essere così perentori? Esistono numerose ricerche nella quali si è potuto stabilire quanto la combinazione tra grassi e carboidrati – innaturalmente abbinati in varie tipologia di alimenti – innescava il circuito della ricompensa dopaminergica. Dalle stesse ricerche si evince quanto i cibi contenenti solo grassi o solo carboidrati siano poco propensi ad attivare tali circuiti della dipendenza.   

Per questa ragione la D.ssa  Ashley Gearhardt ritiene che sia importante classificare tali alimenti come creanti dipendenza al pari del tabacco con etichettature apposite.

La dipendenza da cibo dovrebbe essere un disturbo clinico?

Per al D.ssa Gearhardt assolutamente sì. Se si paragonano gli effetti a livello cerebrale di tali cibi, si notano  accensioni neurali simili a quelle presenti nel tabagismo.  Le caratteristiche per poter definire la dipendenza da cibo un disturbo clinico sono tre: la ricerca dell’alimento in modo compulsivo, la modificazione dell’umore e il rinforzo di detti comportamenti.  È questa la ragione per la quale: "Un gruppo di noi sta attualmente lavorando su una richiesta affinché venga considerata una diagnosi provvisoria nel DSM perché riteniamo che la ricerca abbia ormai raggiunto un punto tale da supportarla", afferma Gearhardt.

Ed su questo punto che si apre lo scontro di vedute sul tema. Rifacendosi all’analisi pubblicata su Frontiers in Psychiatry nel 2021 , benché il lavoro della D.ssa Gearhardt sia stato considerato estremamente valido e utile, il mondo accademico non lo ritiene sufficientemente in grado di definire i parametri della dipendenza da cibo. In più, viene criticata l’assenza di una vera e propria standardizzazione al fine di poterla universalmente diagnosticarla ed eventualmente trattarla. Si prenda ad esempio la possibilità di una diagnosi differenziale da alimentazione incontrollata.  Sono assenti anche parametri per poterla prevenire. Tutte ragioni che mettono il freno al portare questo tipo di comportamento all’interno di un contesto clinico.   

Alla luce di quanto detto fino ad ora, come faccio a sapere se si è predisposti o già, in qualche modo dipendente da cibo?

Il prossimo articolo tratterà proprio di questo.

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Articolo pubblicato il 22/09/2023