Le aree urbane tridimensionali e il loro effetto “termosifone”

C’è differenza tra diffondere catastrofismo e analizzare in modo analitico gli sviluppi e le concause del riscaldamento globale

Da quando una ragazzina svedese ha fatto audience in mezzo mondo, mettendo in guardia l’homo sapiens sul futuro del pianeta, il tema del riscaldamento globale è schizzato in testa a dialettiche non sempre scientifiche da parte di opposte fazioni. Altri hanno meditato in riverente silenzio.

Gli anni sono passati in fretta e adesso l’aumento di calore si sta facendo sentire, eppure c’è chi nasconde la testa, non vuole sapere, non vuole credere, preferisce continuare a negare. E la siccità avanza, geografica e culturale.

Per chi studia la tematica ambientale dai tempi dell’università, continuare nelle diatribe sulle cause e gli effetti dell’era industriale sui cicli della natura, oggi non scioglie i dubbi, né guarisce le certezze. Si sta solo perdendo tempo.

Se il pianeta è malato gravemente, occorre tentare di rimuovere il cancro studiando la tipologia del male e operando nel modo più consono richiesto da una serie di metastasi ambientali che non possono più attendere. Le Aspirine di sostenibilità che si stanno mettendo in atto non sono ancora sufficienti.

Quelle superfici cementificate poco calcolate

Come nella ricerca delle origini di un male si ricorre ad analisi ed esami approfonditi, è impellente studiare tutte le concause che si sommano a quelle già note che influenzano l’aumento delle temperature. Nessuna esclusa.

Un esempio tra tanti. Soffermandoci sugli effetti della cementificazione sul microclima occorre andare oltre una visione geografica bidimensionale e indagare sul concetto di superfici secondo i tre assi cartesiani e lo sviluppo tridimensionale degli edifici.

Per chi non disdegna i numeri

In Italia la natura sigillata dal cemento è pari al 7,13% contro il 4,2% della media UE, e avanza di 4 m² al secondo. Il 41,8% del territorio è destinato alla agricoltura, una quantità di territorio comunque sottratta a una più mite e ombreggiata interazione boschiva.

Il verde spontaneo è un naturale regolatore di raffreddamento evaporativo, perciò la sua temperatura è in media fino a 16° più fresca del cemento, materiale artificiale di derivazione lapidea dotato di una elevata inerzia termica, che restituirà all’atmosfera il maggior calore accumulato. Si tratta di una proprietà fisica che, nel caso di una vasta area urbanizzata, dà origine alle famigerate “bolle di calore” rilevate dai satelliti nelle città metropolitane. Ma l’estensione urbanizzata non va circoscritta solo sulla carta geografica. Per ottenere lo sviluppo totale della superfice interessata, va moltiplicata per l’altezza degli edifici.

Il principio è semplice: se un palazzo a pianta rettangolare di 20 m per 30 ha sepolto 600 m² di territorio naturale, è altresì vero che si sviluppa in altezza. Perciò, immaginando un fabbricato di 8 piani, alto circa 30 m, allo sviluppo del solido si sommano altri 3000 m² di superfice costruita che partecipano all’inerzia termica della città.

 Da qui in avanti i calcoli si incanalano in una analisi di superfici attive o passive, interessate più o meno da ombre proprie e ombre portate e così via. Senza voler scivolare sul rischio di volerne fare un trattato, l’intenzione di questo esempio è di convergere l’interesse su dei fenomeni di cui si parla poco, ma che partecipano attivamente all’impatto delle cause umane sulla temperatura dell’aria, in questo caso per convezione.

Le nostre città sono caratterizzate da un tessuto urbano compresso, ma poco sviluppato in altezza e di differente tipologia a seconda della regione. Catania è la città con meno verde in Italia, Napoli la più urbanizzata, ma lo sviluppo tridimensionale non compete con Hong Kong o con Manhattan dove, tra migliaia di grattacieli, ve ne sono oltre 100 che superano i 200 m di altezza.

Dunque, lo sviluppo verticale delle superfici che interagiscono con il riscaldamento dell’aria e la modifica del microclima urbano, cambiano a seconda delle variabili architettoniche, della densità abitativa, della geometria urbana e della posizione geografica. La sinergia degli effetti è comunque nota da tempo.

Tutte le colpe dell’aria calda che sale

Parte del reato è del famigerato fattore “Lambda Termico”, e cioè, la trasmittanza termica dei materiali, collegato allo spessore dei materiali stessi. L’emissione del loro calore accumulato risale lungo gli edifici, continuando a riscaldarsi per effetto convettivo lungo il percorso.

 Un riscontro tangibile questi giorni di Nerone si ha nel salire all’ultimo piano di un palazzo. La temperatura sul pianerottolo sarà avvertita come elevata. È il calore destinato al cielo, ben superiore a quello percepito al piano di calpestio.

Infine, per comprendere meglio “l’effetto” sull’effetto serra, immaginiamo una finestra di casa come gli strati dell’atmosfera. I raggi del sole passeranno oltre il vetro, compresi i famigerati UV, la stanza si riscalderà poiché il calore, sotto forma di “flemmatici” raggi infrarossi, non riuscirà a superare il vetro e rimarrà in trappola, moltiplicando la temperatura. È qui che intervengono i condizionatori e i climatizzatori, una presenza costante sia nelle grandi superfici commerciali, sia negli uffici dei grattacieli, sia nell’edilizia residenziale.

Lo scambio termico degli impianti condiziona gli ambienti, ma sposta il calore che si diffonde in atmosfera e poi, la grande quantità di energia elettrica richiesta dagli attuali impianti, per lo più è derivata da combustibili fossili e perciò contribuisce pesantemente alle emissioni di CO2.

Che altro dire? I vari effetti domino più o meno noti, seguendo semplici leggi della fisica, durante i mesi estivi, e non solo, tramutano le aree urbane in fabbriche di calore, quindi di raggi infrarossi racchiusi dall’effetto serra, qualsiasi sia la percentuale antropica o naturale della sua comprovata esistenza.

Queste ed altre le concause di un riscaldamento che è all’apice delle cronache quotidiane. Aggrapparsi a un approccio distopico del problema però non è più comprensibile. Occorre decidere da che parte stare e non è più tempo di indugi se si vuole ancora coltivare una speranza di pentimento e riconversione.

 La rapidità delle decisioni

Urge archiviare i “bias” cognitivi che ci incasinano la mente e superare le inerzie dell’euristica. È la rapidità delle corrette decisioni che ha sempre caratterizzato i grandi uomini, non solo nello scrivere la storia, anche quando le difficoltà sembrano insormontabili. Dati alla mano, la madre Terra non sta chiedendo altro.

L'esempio della città verticale è solo uno tra tanti. Stabilito che è oggettivamente utopistico diminuire le superfici urbane esistenti, un primo passo verso il contenimento delle bolle di calore urbane dovrebbe contemplare uno stop al consumo di terreno e un recupero delle aree dismesse tramite una sistematica piantumazione di superfici cittadine, in modo da bilanciare l’irradiazione di calore verso l’infinito con vaste aree alberate.

Questo l’obiettivo della neo architettura Green che si sta diffondendo con crescente consapevolezza. Un argomento sorprendente e di prossimo approfondimento. 

 

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Articolo pubblicato il 25/08/2023