Il risultato elettorale netto valorizza la vittoria di Giorgia Meloni

Il declino di Enrico Letta ed il fallimento del “campo largo”

Dopo molti anni rivince il centrodestra con la maggioranza netta sia alla Camera che al Senato. L’elettorato ha scelto una proposta politica alternativa, rispetto alle consuetudini del passato, considerando la gravità del momento. Sono stati spazzati via quei gruppuscoli, alfieri del NO a tutto ed a prescindere, capeggiati da figuri privi di carisma e di un progetto politico sostenibile.

Le roccaforti della sinistra escono molto ridimensionate. Ma non è una novità. Nel 1963, quando Amintore Fanfani, per compiacere ai socialisti aveva nazionalizzato l’energia elettrica, gettando nel panico i piccoli azionisti della SIP(Società idroelettrica Piemonte), al collegio senatoriale Torino Fiat Aeritalia Ferriere, baluardo del Partito Comunista, conquistò il seggio senatoriale un esponente del Partito Liberale Italiano. Per cui c’è poco da stupirsi se anche in questa competizione elettorale, gli italiani hanno privilegiato la concretezza, adeguando la loro scelta politica.

Archiviata la deleteria legislatura testè conclusa, ora l’ammiraglia è Giorgia Meloni, con la Lega  e Forza Italia sotto il 10 per cento.

Per la prima volta, dopo anni, le urne consegnano un risultato netto ed una maggioranza di governo. E il premier non potrà che essere Giorgia Meloni.

Il M5s dimezza i voti rispetto al 2018 ma tiene e al Sud fa l’en plein, perché Il reddito di cittadinanza ha contraddistinto il ruolo levantino di Conte. 

Solo nella provincia di Napoli, i percettori sono più di quattrocentomila. Qualche zelante e obiettivo osservatore, dovrà pur rilevare che i Comuni campani dove i 5stelle hanno preso il 40%  dei voti e più, sono quelli a maggiore densità camorristica, con  amministrazioni comunali sciolte per mafia. Sarà un caso?

Nello scontro più importante a Napoli, Costa ,ministro per il M5s , batte Di Maio.

Il Terzo Polo non sfonda e non supera il 10 per cento, ma ottiene un buon risultato nelle grandi città.  L’en plein del centro destra ha stoppato le velleità di Calenda e Renzi che si erano  attribuiti il ruolo di mediatori, per riproporre un governo di unità nazionale senza i grillini.

Il PD è in agonia, non solo per il risultato numerico, ma per il progetto mancato del “campo largo” ha impostato una campagna elettorale tutta puntata sull’antifascismo e sull’odio, ma ha poco parlato della questione sociale e delle tematiche energetiche, per non turbare e contraddire le trombonate dei suoi alleati scomodi, Fratoianni e Bonelli.

Gli elettori l’hanno punito duramente. Ormai tra Di Vittorio, Berlinguer ed Enrico Letta c’è un abisso incolmabile. Il congresso del PD è già stato convocato per marzo 2023, ma forse i tempi si accorceranno, ed Enrico Letta ha già annunciato che toglierà il disturbo. Molti nel Partito spingono per un’alleanza con Conte e rinunciando al riformismo, cadranno sempre più nel baratro.

Anche Salvini dovrà rivedere alcune scelte, perché mai come dopo questa tornata elettorale ed i rischi dovuti all’assenza di una politica energetica ed industriale adeguata, si pone la questione settentrionale. Se chiudono le aziende, si ferma il Paese. Si privilegi chi produce.

C’è il Nord del Paese che lavora e produce e il Sud che invoca l’assistenzialismo più vergognoso ed incespica nel il voto di scambio che non dimentichiamo, è un reato, sanzionato anche dalla Corte di Cassazione.

Se non sorgeranno intoppi o incomprensioni tra Giorgia Meloni ed i suoi alleati, ci auguriamo che si proceda celermente alla puntualizzazione dei programma di governo ed alla scelta di ministri competenti per avviare il governo delle grandi riforme.

Ne parleremo a cose fatte e, per il momento, non disturbiamo il manovratore.

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Articolo pubblicato il 28/09/2022