“Cameriere! Una quattro stagioni per cortesia!”

Poche idee sul capolavoro vivaldiano

Vorrei parlare un po’ dell’opera strumentale forse più famosa di Antonio Vivaldi: si tratta di quattro concerti che fanno parte del Cimento dell’Armonia e dell’Invenzione op. 8, raccolta comprendente in totale dodici concerti.

Le Stagioni (ciascuna in tre o più tempi) sono indissolubilmente legate tra loro da un progetto direi unitario, che ne fa un capolavoro unico, autonomo e di rara bellezza. Ognuno dei quattro concerti è ispirato, come indicato dai titoli, ad una stagione e ai principali cambiamenti che in ogni fase dell’anno la natura vive e manifesta.

Un’onesta lettura come quella fin qui svolta porterebbe a pensare ad una musica semplicemente descrittiva, che si limiterebbe a tradurre in suono fenomeni naturali, versi degli animali e chi più ne ha più ne metta. Tale giudizio sarebbe però limitativo: la musica di Vivaldi è sì musica “a programma”, ma è pur vero che ispirandosi alla natura l’autore è riuscito a creare quadretti musicali non solo autonomi, ma anche artisticamente compiuti a prescindere da essa.

In pratica l’ispirazione naturalistica non si ferma alla semplice descrizione, ma sembra sublimarsi per assurgere a grande poesia e grande musica.

Antonio Vivaldi è poi abilissimo nello sfruttare appieno le capacità tecnico - espressive dello strumento solista per ottenere, a seconda delle circostanze, il canto del cardellino, il latrato del cane (perfettamente imitato dalle viole), il cinguettare degli “augelli” (violini primi e secondi) e il mormorio delle fronde o dei ruscelli.

Così farà anche il grande Beethoven, nella sua Sinfonia Pastorale. I quattro concerti sono illustrati da altrettanti sonetti, probabilmente coevi alla composizione dei primi. La loro origine è misteriosa, come gran parte della vita del Prete Rosso: non sappiamo se furono composti dallo stesso Vivaldi o da qualche poeta della sua epoca, prima o dopo la composizione della musica, quale suo commento letterario.

L’unica cosa certa è che comparvero nella prima edizione a stampa pubblicata ad Amsterdam. Un mio dubbio finale nonostante abbia diretto decine di volte la partitura vivaldiana : e se il compositore  avesse desiderato descrivere le stagioni della vita dell’uomo?  Il resto è storia, il resto è ascolto.

 

Paolo Paglia

 

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Articolo pubblicato il 09/03/2023