Chi inventò il nome delle note? Ah, se lo prendo!

Com’è nato il nome delle note? Questa domanda ne impone subito un’altra: come nasce la moderna notazione musicale?

Sarebbe una storia lunga e difficile da ricostruire anche perché, per almeno tre secoli, la trasmissione della musica (canto gregoriano, per intenderci) era solo orale e quindi legata alla capacità mnemonica dei singoli esecutori.

Di conseguenza nei monasteri lo studio del repertorio cantato per l’anno liturgico durava circa dieci anni: un vero “calvario” per la Schola Cantorum e per il suo Praeceptor (direttore)!

Il primo tentativo di rammentare efficacemente l’andamento melodico ai cantori fu legato al movimento della mano del Praeceptor: questa tecnica prese il nome di chironomia. Il tempo, detto Tactus, si basava sul battito cardiaco del direttore (si sperava non fosse tachicardico e nemmeno bradicardico).

Successivamente vennero posti sopra le parole cantate dei segni detti neumi che avevano lo scopo di ricordare proprio il movimento della mano del maestro e quindi di suggerire, a grandi linee, il movimento della melodia da cantare.

Questo tipo di scrittura musicale fu detta adiastematica o “in campo aperto”, in riferimento al fatto che era composta da una notazione scritta senza punti di riferimento.

Come si evolve l’arte, però, si evolve anche la tecnica. Ed ecco che allora vennero poste sopra le parole prima una, poi due, poi tre linee orizzontali di diverso colore, che indicavano la posizione delle odierne note do, fa e sol. Finalmente il cantore poteva leggere neumi diversi in concomitanza di linee… insomma, c’erano dei punti fermi!

È poi merito di un italiano, tale Guido d’Arezzo dell’abbazia di Pomposa (visitatela), se abbiamo la possibilità di “chiamare per nome” le moderne note. Il suo punto di partenza furono le prime sillabe degli emistichi dell’inno a San Giovanni: Ut queant laxis Resonare fibris Mira gestorum Famuli tuorum Solve polluti Labii reatum Sancte Iohannes.

Guido le isolò e associò ognuna ad uno dei segni posti sul rigo: in questa maniera ci troviamo improvvisamente davanti le note moderne, con l’Ut al posto del Do… UT, RE, MI, FA, SOL, LA, SI.

Fu Giovanni Battista Doni, nel XVII sec., a dare all’Ut il nuovo nome di Do, dalla prima sillaba del suo cognome.

Concludo sottolineando che il grande Guido da Pomposa... pardon, d’Arezzo, si dedicò anche alla standardizzazione del tetragramma, ovvero alla creazione di un rigo musicale standard formato da quattro linee e tre spazi… Et voilà, il gioco fu fatto!

                                                               Paolo Paglia

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Articolo pubblicato il 04/04/2023