La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Il fu Pietro Comino

Nei primi giorni di dicembre del 1894 viene estratto dal canale dei Molassi il cadavere di uno sconosciuto in stato di avanzata putrefazione. Viene esposto per tutto quel giorno e anche all’indomani nella camera di riconoscimento in via Cuorgnè, oggi corso XI Febbraio.

Si presentano due signori, Urbano Fontana e Matteo Della Casa, i quali credono di riconoscere il cadavere dello sconosciuto: sostengono che si tratta di Pietro Comino, di poco più di 50 anni, garzone di cantina e manovale.

Urbano Fontana lo ha tenuto per cinque anni al suo servizio, Matteo Della Casa si dichiara suo nipote. I due confermano queste dichiarazioni davanti al pretore. Al tempo l’identificazione personale non prevede indagini sofisticate e così il cadavere viene seppellito, mentre allo Stato Civile viene registrato il decesso di Pietro Comino.

Venerdì 7 dicembre una sorella di Comino, che ha appreso della sua morte saputolo morto e seppellito, va al Cimitero, si fa indicare la tomba dove si trova il corpo del fratello, va a pregarvi sopra, l’addobba con cura di fiori, per poi allontanarsi in lacrime.

Pietro Comino abitava da molti anni nel borgo del Fumo.

Il cronista, che narra questa vicenda sulla Gazzetta Piemontese di lunedì 10 dicembre 1894, così lo descrive: «quel gruppo di case poste fuori della barriera di Vanchiglia, lungo lo stradale di circonvallazione». Stiamo parlando di Vanchiglietta, visto che lo stradale di circonvallazione è l’attuale corso Tortona. Lo rimarchiamo per la nostra personale battaglia contro coloro che sostengono che il Borg dël Fum si identifica con Vanchiglia!

In questo borgo, Comino è molto conosciuto, anzi si può dire che sia noto a tutti. La sua morte viene facilmente creduta vera perché è assente da casa da parecchio tempo.

Nella mattina di domenica 9 dicembre, Comino, creduto morto e sepolto, compare a casa sua e si fa vedere nel borgo. In breve tempo viene attorniato da molte persone e le donne iniziano a dire che è risuscitato ed è fuggito dal Camposanto.

I più ridono, ma molti rimangono impressionati e parlano di un miracolo.

Comino spiega di essere andato a lavorare fuori Torino. Quando ha visto sui giornali la notizia del “suo” annegamento, il riconoscimento, la sepoltura, ecc., ha voluto immediatamente ritornare per smentire queste notizie.

È evidente che vi sia stato un equivoco nel riconoscimento del cadavere trovato nel canale dei Molassi, dovuto alle sue precarie condizioni, tali da indurre in errore due persone che lo conoscevano bene.

La faccenda pare essersi risolta, ma resta un dubbio: «Chi sarà il morto?», come si chiede giustamente il cronista a chiusura del suo articolo.

Questa vicenda, che ha come protagonista una persona modesta di un periferico borgo torinese, ricompare nel celebre romanzo di Luigi Pirandello “Il fu Mattia Pascal”, apparso a puntate nella rivista “Nuova Antologia” nel 1904 e pubblicato in volume nello stesso anno.

Ci piacerebbe poter dire che il caso torinese abbia ispirato lo scrittore agrigentino, ma la rete ci smentisce: Pirandello potrebbe essere stato influenzato dal libro intitolato “La moglie dei due mariti” (1889), scritto da Vincenzo Guarrella Ottaviano, autore siciliano poco noto che narrava un episodio realmente accaduto in Sicilia tra il 1853 e il 1865. Ma in ogni caso ci piace credere che dietro Mattia Pascal ci sia un po’ del torinese Pietro Comino.

 

Note.

Morto, sepolto e… risuscitato, Gazzetta Piemontese, lunedì 10 dicembre 1894.

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Articolo pubblicato il 07/07/2023