Antonio Gallea - Il “civich” coraggioso

Ricordo di un agente municipale decorato al valor militare (di Alessandro Mella)

Nell’immaginario collettivo il “vigile urbano”, a Torino affettuosamente detto il “civich”, viene spesso percepito con un’ingrata valenza negativa. Ma la divisa turchina di questa polizia non è solo portatrice di sanzioni, ma anche di importanti pagine di storia, d’abnegazione, di spirito di sacrificio e di coraggio.

E questa è proprio una di quelle storie e raccontarla, seppur brevemente, è senz’altro doveroso.

Antonio Gallea nacque l’11 settembre del 1880, in piena stagione umbertina, figlio di Stefano e Lucia, e piuttosto giovane riuscì a prendere servizio nell’allora corpo dei Vigili Urbani della città di Torino.

Un ragazzo sveglio, malgrado l’età davvero bassa, e con un grande spirito di servizio dimostrato, è proprio il caso di dirlo, sul “campo”.

Tutto accadde una sera di luglio del 1908 quando in un’osteria di via Fiochetto la società dei venditori ambulanti celebrava la propria festa. Entrarono, ad un tratto, due fratelli assai facinorosi che nel giro di pochi istanti scatenarono una rissa furibonda facendo roteare ovunque lame e trincetti. (1) In un attimo la situazione divenne esplosiva:

I fratelli Acino, due pregiudicati, nella sera del 27 luglio 1908 entrarono in un locale adibito provvisoriamente ad osteria nell’occasione dei festeggiamenti in uno dei quartieri di Borgo Dora. Quivi bevevano tranquillamente ad un tavolo quattro individui, tra i qua li Suppo Tancredi.

Questi stavano forse discorrendo sul modo di cantare; fatto sta che i fratelli Acino li sfidarono a chi meglio cantava. Ciò diede luogo ad in litigio e ad un primo atto di violenza da parte dell’Acino Tommaso, il quale scagliò il bicchiere contro il Suppo. Costui cercò di afferrarlo per impedirgli altre violenze, ma in quel momento intervenne il Michele Acino, che, armato di un trincetto, e protetto dal fratello Tommaso, lo ferì ripetutamente alla natica destra.

I due fratelli Acino allora furono inseguiti da diverse persone allo scopo di disarmarli, fra le quali certo Calligaris Pietro e Mario Casalegno; ma l’Acino Michele, sempre assistito dal fratello feriva di trincetto anche il Mario Casalegno. Intanto inseguiti ed inseguitori si erano portati sulla strada, in direzione del corso Regina Margherita.

La guardia municipale Gallea Antonio coraggiosamente affrontava l’Acino Michele, al quale pure si faceva innanzi un passante il povero Gerbino Felice. Entrambi però vennero feriti dall’Acino, diventato furibondo, il Gallea all’addome ed il Gerbino al peritoneo ed all’arco costale destro.

Si dovette all’energica azione di tale Marcellino Camillo se il Michele Acino non fece altra strage. L’Acino Michele fu preso infatti e vigorosamente e alle spalle dal Marcellino. Disarmato e consegnato alle guardie; ma mentre veniva tratto in arresto egli oppose la più feroce resistenza, pronunciando oltraggiose parole contro gli agenti; ed essendo accorso per liberarlo l’Acino Tommaso, anche costui tenne lo stesso contegno ribelle ed oltraggioso. (2)

Nei giorni a seguire, purtroppo, il Gerbino morì a causa delle lesioni subite nel tentativo di fermare la follia violenta dell’accoltellatore. Il bilancio fu quindi di un omicidio e quattro feriti.

Come abbiamo visto tra i diversi intervenuti ci fu anche Antonio Gallea, guardia comunale, che visto il trambustò si gettò all’inseguimento del folle:

Gallea Antonio, guardia, vedendo l’Acino Michele fuggire pel corso Regina Margherita rincorso da diversi individui, prese ad inseguirlo. L’Acino si arrestò di botto e lo ferì con il trinchetto, ripigliando la fuga. Gerbino Felice lo affrontò, rimanendo a sua volta ferito. Trattenuto l’Acino fu raggiunto da una guardia e consegnato, col trincetto, di cui era stato disarmato, agli agenti sopraggiunti, mentre esso Gallea dovette ritirarsi in causa alla riportata lesione proprio quando arrivò l’Acino Tommaso, il quale prese ad insultare le guardie per sottrarre il fratello all’arresto. (3) 

Il coraggio che il Gallea aveva dimostrato in quella brutta giornata non sfuggì alle autorità e dopo qualche mese gli fu conferita una medaglia d’argento al valore militare:

GALLEA Antonio, da Torino, guardia municipale di Torino. Quantunque gravemente ferito di coltello mentre tentava trarre in arresto un malfattore, con grande energia ed esemplare sentimento del dovere inseguì il ribelle, riuscendo con l’altrui aiuto a ridurlo all’impotenza. - Torino, 27 luglio 1908. (4)

Qualche tempo dopo, difficile dire se in conseguenza di quelle ferite o meno, il nostro Antonio si ammalò e fu trasferito al ruolo di “Guarda portone” al Municipio di Torino. Incarico importante ma forse meno faticoso fisicamente. Tuttavia, il male che aveva colpito il suo corpo non gli lasciò scampò. Tra lo sconforto dei suoi cari, della moglie e dei figli, egli si spense a soli quarantanove anni l’11 agosto 1929. (5)

Oggi la guardia Antonio Gallea, decorato al valore militare, riposa in un cimitero di provincia in cantuccio quasi dimenticato. Ma la sua storia, il suo ardore, il suo senso del dovere, meritano di restare nella memoria storica di tutti noi. Esempio di quello spirito di servizio che ancora oggi anima tanti “civich torinèis”.

Alessandro Mella

NOTE

1) La Stampa, 154, Anno XLIII, 5 giugno 1909, p. 4.

2) L’Arco, 21, Anno XVII, 22 maggio 1909, p. 2.

3) Ibid.

4) Bollettino Ufficiale, Ministero della Guerra, Dispensa 11, 20 marzo 1909, p. 191.

5) La Stampa, 193, Anno LXIII, 13 agosto 1929, p. 9.

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Alessandro Mella ci illustra le vicende di uno dei protagonisti positivi di questo episodio di cronaca nera torinese, da noi ricordato nella rubrica “La Torino noir…” col titolo “Le furie d’un sanguinario” il 27 aprile 2020. (m.j.).

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Articolo pubblicato il 04/09/2023