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Chi suona la carica all’auto elettrica?
Una ricerca tra i dati per un confronto “ambientale” tra vecchia e nuova mobilità
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 02/08/2022

Secondo i dati di European Climate Commission Action, in Europa il comparto dei trasporti causa ¼ delle emissioni di gas serra e secondo l’agenzia americana USEPA il 30% negli USA. Il tutto nonostante una riduzione delle emissioni iniziata nel 2007, con l’avvento di tecnologie più attente all’impatto ambientale.

L’Italia si attesta nella media con il 25% di CO2 prodotto dal settore trasporti, oltre a migliaia di Ton. di altre sostanze volatili inquinanti (dall’annuario dati ambientali ISPRA).

Secondo l’annuario A.C.I. del 2020, in Italia circolano 40 milioni di automezzi,  il 90%, con motore a benzina o gasolio, il 9% a metano o GPL, mentre il settore elettrico o ibrido è dell’1%, ma in rapidissimo aumento.

Quindi, ridurre le emissioni dei veicoli è vitale per tentare di frenare il degrado dell’atmosfera e relativi risvolti climatici. I tagli nei confronti dei motori a ciclo otto, banditi dalla produzione nella Unione Europea entro il 2035, sono drastici, sebbene per ora senza regole precise. L’auto elettrica è stata eletta panacea di tutti i mali. Ma è davvero così?

Le fasi di costruzione, uso e smaltimento degli oggetti che la razza umana produce e consuma hanno tutte un impatto ambientale. L’auto elettrica non è esente e le analisi sul Web si sprecano, perché il discorso è complesso.

Secondo uno studio cinese il ciclo di costruzione e vita di un’auto elettrica genera il 50% in più di CO2 rispetto a un’auto con motore a scoppio. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, fabbricare un’auto elettrica produce circa l’1,5% di CO2 in più di una pari vettura endotermica, però le emissioni ridotte dell’auto elettrica, rese durante il suo utilizzo, bilanciano l’impatto iniziale, rendendola più pulita e sostenibile rispetto al motore tradizionale.

Dunque, i paragoni sull’impatto ambientale dei vari tipi di motricità si fanno tortuosi, poiché si inseriscono fattori legati al complessivo indotto estrattivo-economico-industriale dei nuovi materiali e di quelli tradizionali, con relativi interessi trasversali di colossi aziendali e nazioni ricche di metalli rari, vitali alle nuove tecnologie. Intrighi tanto dibattuti quanto ostici da chiarire.

Da un punto di vista energetico, un motore a benzina o diesel restituisce solo il 35% dell’energia iniziale convertita in forza motrice, mentre il rendimento del motore elettrico è del 90%, quindi il confronto sembra scontato, ma in Europa l’energia elettrica viene ancora prodotta per l’80% tramite combustibili fossili,  

Perciò: se ogni anno vengono venduti circa 7.000.000 di auto elettriche (in Italia 300.000), quanta energia elettrica in più occorre produrre? È un quiz difficile da dipanare.

Dati a disposizione:

una macchina elettrica consuma mediamente 15 kW ogni 100 km;

la media della tratta giornaliera percorsa dagli automobilisti è di 44 km;

la frequenza di impiego dell’automobile è di circa 285 giorni all’anno.

Dunque, ogni vettura elettrica richiede circa 120 MW all’anno. Moltiplicati per le nuove auto, in Italia risulta una richiesta di energia elettrica pari a circa 36.000 nuovi GW all’anno, pari a 36TW. Un valore poco influente rispetto al fabbisogno annuale di 301,2 TW/h calcolato nel 2020 dall’agenzia Tema.

Il numero dei mezzi elettrici però, è destinato a lievitare, così come i costi dell’energia che già stanno pensando sulla bolletta, ma quanto si spende per un pieno ed altro? Dati in gioco:

per ricaricare un’auto elettrica che ha percorso circa 150 km sono necessari 30 kWh e 10 ore con un caricatore mono fase da 10 A;

il prezzo di un caricatore parte mediamente da € 300-400 sino a modelli più performanti e molto più costosi;

installare una colonnina elettrica da 44 kW in garage richiede 3 kW & costa da 6000 Euro in su;

i costi ipotetici dell’installazione di un distributore per auto elettriche in una stazione di servizio già esistente sono calcolati intorno a € 25.000;

non è ancora possibile stilare il costo di una rete di punti pubblici per ricarica. Il posto ideale è immaginato a metà di due parcheggi. A Torino ve ne sono già 250.

Infine, secondo certe fonti di calcolo, una centrale termoelettrica impiega 1850 kWh di metano o di gasolio per far arrivare 400 kWh all’auto elettrica che si deve caricare. Da ulteriori conteggi se ne ricava che per far funzionare un’auto elettrica di pari potenza si emette in atmosfera una quantità di gas da combustione 1,75 volte superiore a quella di un’auto con motore endotermico.

Siamo all’inizio di una nuova era e si presume che tutto migliorerà col tempo e l’esperienza. Un’opinione che ha alimentato l’entusiasmo di ogni nuova scoperta, dalla prima rivoluzione industriale all’elettrizzante futurismo, all’avvento del nucleare e alla robotica intelligente che ci soppianterà. A conti fatti però, ogni conquista prima o poi ci ha presentato il conto. Quello del riscaldamento planetario è il più salato.

Sommessa opinione di chi scrive: la strada da seguire suggerita dal Pianeta è uno sviluppo all’indietro. Questo non significa voler tornare a mangiare banane nella giungla, ma a far tesoro del meglio che c’è stato e adoperarlo per fare pace col futuro.

Negli anni 80 con motori dalle potenze molto contenute rispetto a quelle odierne, si viaggiava tutti, andando pure lontano. Con la tecnica attuale, riducendo potenze, pesi e prestazioni nei nostri mezzi, sia endotermici che elettrici, tutto il comparto inquinante sarebbe molto ridimensionato. Ricariche fotovoltaiche su tetti di parcheggi e sulle carrozzerie, anche se di potenze modeste, sarebbero veri interventi a basso impatto.  Studi e proposte non mancano, ma quanti utenti sono disposti a una scelta più moderata?

Per uno sviluppo davvero sostenibile, tutto il concerto dell’attività umana richiede un drastico pentimento globale e un cambio di molti stili di vita. La corsa all’auto elettrica, così come impostata, non sarà la soluzione. Resta il rischio invece, che sia un’altra illusione che ci farà rottamare macchine ancora buone, per far girare opifici ed economie dei paperoni del World Economic Forum che tirano le fila del mondo, col tornaconto di pochi.

Salvo errori od omissioni…

 

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