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Le “veloci” auto elettriche prodotte a Torino nei primi anni del novecento
Quando l’auto elettrica pareva avesse la meglio sul motore a scoppio. Frammenti e riflessioni sul più bel giocattolo dell’uomo
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 18/08/2022

L’auto elettrica, tra i vantaggi e le contraddizioni che si strattonano tra interessi industriali e sostenibilità, pare destinata al futuro della mobilità. Presunta alternativa al motore endotermico, meno efficiente e più inquinante, la corsa al motore elettrico si è fatta inarrestabile, ma la sua storia era nata già molti anni fa.

Per millenni il mezzo di trasporto individuale è stato il cavallo, lento, ma poco inquinante, presto rinnegato quando la febbre futuristica dell’elettricità e dei motori a scoppio ha destinato gli obsoleti ronzini a diventare carne da macello. Era la fine dell’ottocento.

Il 3 luglio 1886 fece la sua comparsa la prima auto con motore a scoppio, la Benz Patent Motorwagon, inventata da Karl Benz, ma l’auto elettrica a corrente continua risaliva al 1834, esperimento dell'americano Thomas Devenport, mentre quella "moderna" a batteria, era nata nel 1884, partorita in un opificio nel New Jersey da Thomas Edison.

Da allora, la rivalità tra i due tipi di trazione si sviluppò senza esclusione di brevetti e di invenzioni. Entrambi i motori erano eccitanti fogli bianchi da sviluppare, quanto progetti afflitti dai limiti tecnologici dell’epoca. Dapprima, le auto elettriche, più semplici e prestanti, seppure a rischio di qualche scarica folgorante, sembravano essere il mezzo del futuro, ma con l’andare dello sviluppo, persero il confronto con quelle a motore endotermico: quelle che ci hanno portato fino adesso.

Ciò nondimeno, in quell’elettrizzante periodo di scoperte e sperimentazioni a cavallo del  XIX e del XX secolo, che hanno tracciato la storia dell’elettricità e quindi del mondo intero, l’auto elettrica fu oggetto di numerosi tentativi di miglioria (la prima a superare la barriera dei 100 km/h nel 1899, con “il razzo” Jamais Contente di Camille Jenatzy), riscuotendo successo anche nel commercio.

Nei primi anni del novecento la produzione di autovetture d’ogni tipo si si era sviluppata in una miriade di piccole officine, sia nel Nord America che nel Vecchio Continente. L’Italia non era da meno, con Torino & Milano all’avanguardia.

Dal 1888, anno del triciclo a motore costruito a Torino dal pioniere Giovanni Battista Ceirano (un’altra storia da raccontare), le piccole aziende che sfornavano il nuovo giocattolo dell’umanità erano sorte come funghi nei cortili del capoluogo piemontese e di quello lombardo. Le macchine elettriche furono prese in seria considerazione, realizzando alcuni prodotti anche degni di primati europei.

Un altro pioniere fu l'ingegnere meneghino Luigi Turrelli che fondò la SIVE nel 1899 (Società Italiana Vetture Elettriche) e nonostante le dimensioni familiari della fabbrica, nel 1901 aveva già prodotto e venduto 4 carrozze elettriche da 6 posti che circolavano nel capoluogo Ambrosiano con il compito di trasporto pubblico (l'antesignano dei taxi). L'azienda si sarebbe poi fusa con l'Ausonia nel 1902, producendo veicoli in grado di sfruttare la linea elettrica del tram.

Stessa attenzione merita la ditta Camona di Sesto San Giovanni, che ha prodotto veicoli elettrici dal 1899 al 1905. Eleganti automobili (al maschile come venivano chiamati allora) commercializzati sotto il marchio Ausonia. Una di queste "carrozze" fu acquistata dal marchese Raffaele Cappelli, deputato del Regno d'Italia a Roma, il quale, ospitati 5 ospiti a bordo, si inoltrò sull' acciottolato della capitale e nelle strade bianche dei dintorni, stupito di aver percorso 63 km con ancora sufficiente energia per un ulteriore giro tra le strade di Roma.  

In Piemonte, la S.p.A Dora, nata dalla Società Italiana di Elettricità Cruto, fu fondata dall’inventore piemontese Alessandro Cruto, noto per aver migliorato la lampadina di Thomas Edison, della quale ne iniziò la produzione industriale con grande successo e poi, iniziò a costruire vetture elettriche.

Già dall’inizio del novecento, la Dora sfornava ottime auto e camion elettrici dallo stabilimento di Alpignano Torinese. Mezzi che per un certo periodo ebbero un buon successo di vendita. Poco dopo però, il motore elettrico iniziò a perdere la battaglia con quelli a combustione. L’azienda, anche in crisi nel settore lampadine, fallì e Cruto morì nel 1908, quasi dimenticato.

Anche le auto ibride non sono una novità. La prima fu costruita da Ferdinand Porsche nel 1899, vera opera futuristica con i motori elettrici applicati alle ruote motrici (come le odierne carrozzine elettriche per i disabili) e un piccolo motore a combustione che ricaricava le batterie, permettendo all’epoca una percorrenza di circa 60 km.

Così come le auto elettriche, anche le auto ibride furono sviluppate e perfezionate a Torino. Da segnalare la S.p.A. STAE, fondata nel 1905 dall’imprenditore svizzero Napoleone Leumann, trasferitosi a Torino per impiantare un grosso cotonificio tra Collegno e Grugliasco, allora un punto cruciale tra le ferrovie provenienti da Modane e poi smistate verso Genova e quindi il mondo intero (da cui, l’omonimo, iconico villaggio operaio attiguo all’azienda).

La STAE, investimento secondario dell’ imprenditore svizzero, produceva veicoli elettrici su licenza di fabbricazione del sistema Kriègner, omonima casa francese che aveva adottato nel 1903 quel motore ibrido di Ferdinand Porsche. La STAE ebbe il merito di perfezionare parecchio il brevetto del primo motore ibrido, riducendo il peso dell’auto e aumentando la velocità a 30 km/h & l’autonomia fino a 90 km, mettendo un motore centrale con trasmissione ad albero e batteria nel cofano. L'esemplare in immagine è del 1909, conservato al MAUTO di Torino che merita più di una visita. Qui sotto il link:

https://www.museoauto.com/project/stae-vettura-elettrica/

In quei primi anni del novecento, le auto elettriche che circolavano in Europa erano circa 30.000, preferite al motore a scoppio, che aveva grossi problemi di avviamento e di carburazione. Problemi ben presto superati, così che il motore a benzina prese il sopravvento e come molte altre aziende simili, anche la STAE chiuse i battenti nel 1913.

Da quel momento in poi, il fascino dei motori rombanti motori a combustione e le loro prestazioni sempre più eccitanti hanno scritto la storia dello sviluppo industriale, diventando un oggetto individuale. Attualmente si contano un miliardo e duecento milioni di vetture a spasso per le strade del mondo (dato del 2020). Veicoli assetati di ossigeno e di carburanti che da più di 100 anni appestano di CO2 e altre porcherie quella che era una limpida atmosfera.

Ma non è certo la massa di vetture con motore a scoppio l’unica colpevole di un effetto serra che sta arrostendo la biosfera. È l’insieme dell’ingorda attività antropica e dei suoi futuristici effetti a modificare gli equilibri dei ritmi naturali.  

In ultima analisi sorge qualche domanda che risposte non ha: se l’auto elettrica avesse avuto il sopravvento sul motore a scoppio nei primi anni del ‘900, sarebbe cambiata la storia del mondo? E i miliardi di auto elettriche che da quel momento avrebbero percorso le strade del pianeta, quanto silicio, rame, piombo, litio, bario, cobalto ed altri materiali rari, avrebbero richiesto nell’andar del tempo? La superficie della Terra sarebbe una groviera? Oppure vivremmo in un mondo meraviglioso, sotto un limpido manto di stelle?

L’auto elettrica ha finalmente avuto il suo riscatto in un futuro che, in fondo, era sempre esistito, dunque, per scoprire "motori-gioie e dolori" di ciò che ci aspetta, non resterà che affidarci all’andar delle cose nel trascorrere del tempo.

Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. "Enunciato del fisico francese Antoine-Larent Levosier". 

 

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