Inaspettato. Ecco cosa uno spettatore del film “Jimi Hendrix: All Is By My Side” potrebbe dire uscendo dalla sala, alla fine della proiezione.

Inaspettato: come il trip con il quale la pellicola comincia, come lo stacco dell’inquadratura della scena finale.

Non è un documentario e tantomeno una sterile celebrazione di un’icona della musica, ma un tentativo di farla conoscere nella sua profondità enigmatica, nella sua instabilità e malinconia, nei suoi cambiamenti e nelle influenze che hanno avuto le persone che ha incontrato nel suo cammino, soprattutto quelle femminili.

La prima figura ad entrare in scena è la benestante inglesina dall’infallibile fiuto musicale: Linda Keith, fidanzata di Keith Richards, che non solo “scopre” Jimi e lo sprona a migliorare, ma lo accompagna in tutto il suo percorso.

Il secondo femmineo personaggio che ruberà la scena a Linda è quello di Kathy Etchingham, che Jimi incontrerà a Londra, la sera stessa del suo arrivo e con cui instaurerà una relazione problematica, passionale e violenta, come succede in quasi ogni storia tra le groupie e le stelle del rock, la cui vita “è un pompino senza fine”.

Un sorprendente André Benjamin interpreta per John Ridley un Jimi Hendrix che dipinge di nero i vetri delle finestre del suo appartamento, un Jimi solitario ed alla ricerca costantemente di “un porto sicuro” che sempre trova nella sua musica: ispirata, colorata, incentrata sulle sensazioni, in continuo rifiuto di qualsiasi dogmatismo.

Una musica, quella di Hendrix, che ruba la scena ad Eric Clapton il “Dio in persona”, che trasmette tutta la sua ideologia, la sua libertà e creatività.

Questo è ciò che la pellicola sembra voler mostrare: lo spirito di Jimi e la sua genesi, attraverso particolari inquadrature e le più famose citazioni del chitarrista che ha cambiato per sempre la storia della musica.