Covare la serpe in Sen...na
Campo di addestramento (Foto di repertorio)

L’Europa unita contro il terrorismo

Che ne direbbero i Francesi se l’Italia accogliesse i terroristi che uccidono in Francia?

 

E’ probabile, anzi certo, che direbbero quanto dissero a suo tempo gli Italiani (non tutti) sapendo che la Francia accoglieva e proteggeva l’ideologo Toni Negri e l’assassino Cesare Battisti.

 

Il primo fu formalmente accusato nel 1979 di complicità politica e morale con il gruppo terroristico delle Brigate Rosse, in un processo nel quale fu condannato a 12 anni di carcere. Divenuto, nel 1983, deputato del Partito Radicale, e godendo quindi dell'immunità parlamentare, uscì di prigione e si rifugiò in Francia, dove poté beneficiare della dottrina Mitterrand che negava l'estradizione e concedeva asilo per i reati che il governo di Parigi riteneva "a sfondo politico” (“La Francia prenderà in considerazione la possibilità di estradare cittadini di un Paese democratico autori di crimini inaccettabili, ma si riserva di non farlo nel caso di Paesi il cui sistema giudiziario non corrisponda all'idea che Parigi ha delle libertà”).

 

Il secondo fu un terrorista italiano leader dei Proletari armati per il comunismo condannato in contumacia all'ergastolo, con sentenze passate in giudicato, per aver commesso quattro omicidi durante gli anni di piombo (omicidio del maresciallo Santoro, omicidio dell’agente Campagna, omicidio di Lino Sabbadin, omicidio di Torregiani). Il 4 ottobre 1981, mentre scontava 13 anni di carcere, Battisti riuscì a evadere e a fuggire in Francia. In contumacia fu poi condannato all'ergastolo per precedenti omicidi.

 

Trascorse la prima fase della sua latitanza in Francia, dove beneficiò a lungo della dottrina Mitterrand. Finalmente doveva essere estradato in Italia, ma è latitante in Sud America (con la complicità dei politici e degli intellettuali francesi).

 

La Francia ha colpe verso l’Italia e l’Europa, e le Marianne (femminili e maschili) radical chic ci riflettano.

 

                                                                                                    Giuseppe Novajra

 

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Articolo pubblicato il 14/01/2015