In Myanmar dichiarato lo stato di emergenza per fermare i ribelli Kokang

Pieni poteri all’esercito per arginare una situazione ormai fuori controllo

Il Myanmar è un paese multietnico e non sempre le 134 diverse etnie racchiuse fra le frontiere del paese riescono a convivere pacificamente. In particolare, la zona a nord, lo stato del Shan al confine con la Cina, fin dall’indipendenza nel 1948 ha dato del filo da torcere al governo centrale.

Questa regione è famosa per la grande produzione di oppio e per il fatto che le 29 diverse milizie organizzate che ci convivono ne hanno quasi completo controllo.

In questo panorama, negli ultimi giorni, si è scatenata una delle peggiori rivolte da molti anni che vede contrapporsi, nella città di Laukkai, l’esercito regolare e l’etnia cinese dei Kokang.

Gli scontri hanno portato alla fuga decine di migliaia di civili, 30mila quelli che hanno oltrepassato la frontiera con la Cina per rifugiarsi nella regione dello Yunnan, rendendo questa crisi una crisi internazionale.

Molte delle persone che sono rimaste in patria si stanno oggi rifugiando nei monasteri, che raccolgono loro e i loro pochi averi nei dormitori sempre più affollati.

Per risolvere questa situazione, ieri, il governo dello Myanmar ha dato pieni poteri all’esercito nella zona, dichiarando lo stato di emergenza. “Si sta generando una situazione seria, che mette in pericolo la vita della popolazione: è per questo che lo stato di emergenza è stato dichiarato a partire da oggi.” Così spiega in diretta televisiva il ministro dell’informazione birmano.

Il passaggio del potere nelle mani dell’esercito è un qualcosa di molto delicato, in un paese che solo dal 2011 vede un governo regolare alla sua guida. Prima, infatti, per decine di anni il potere era stato detenuto esclusivamente delle forze militari.

La speranza è quella che la situazione di emergenza rientri prima che sia troppo tardi per la democrazia.

 

Picture credits: CNN; EPA

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Articolo pubblicato il 18/02/2015