"Una quotidianità farcita dal candore degli idioti o ......."
Il Niqab ovvero il velo islamico

Ci scrive Vladimiro N. che induce ad una profonda riflessione

Gentile direttore, leggo da tempo con interesse il suo giornale ed ho deciso, per la prima volta, di coinvolgerla con questa mia breve riflessione che, se lo riterrà, potrà essere pubblicata.

Il titolo di questo mio breve scritto è:

Nel nostro paese viviamo una quotidianità farcita dal candore degli idioti o dall’astuzia di una gran moltitudine di furbi?

Mi riferisco all’islamizzazione in atto nel nostro paese, fenomeno che ha di recente, soprattutto con l’arrivo di “migranti” a centinaia di migliaia e per il 90% di fede islamica, ricevuto una accelerazione preoccupante e mai vista prima d’ora.

Non vorrei essere frainteso, non ho nulla contro le religioni  inclusa ovviamente quella islamica, ma ritengo che la storia, la cultura, la filosofia, l’etica  dell’Italia e dell’Europa abbiano le radici nella cristianità che, non per conflittualità ma per palese diversità, è incompatibile con la fede islamica.

Si dice che è irrilevante il numero di islamici nel nostro paese (1.800.000 c.a.) su oltre 60 milioni di italiani, ma vediamo quali sono i numeri e le percentuali dei cristiani nei paesi islamici: irrisorie.

Questo non dovrebbe farci riflettere? Riusciamo ad immaginare di dover sottostare al rigore, talvolta estremo, dei dettami dell’Islam?

Si compiono quotidianamente stragi di cristiani nel mondo, riusciamo ad immaginare se fossero i cristiani a compierle ai danni degli islamici?

Perché paesi come l’Arabia Saudita ed il Qatar, grandi finanziatori dell’estremismo islamico, sono i primi finanziatori delle moschee in Europa?

Perché tanta sudditanza nei loro confronti, per i petrodollari forse?

Lenin, quando l'Unione Sovietica era in difficoltà perché non in grado di produrre ciò di cui necessitava, armi comprese disse: "Nessun problema, le compreremo dai capitalisti, tanto loro venderebbero anche la corda con cui verranno impiccati."

Un cordiale saluto

Vladimiro N.

 

                                                          .°.°.°.°.°.°.°.

 

Egregio Sig. Vladimiro,

mi permetto di usare in apertura il tono confidenziale perchè mi fa molto piacere il poterLa annoverare fra i nostri lettori.

Ho letto con attenzione le sue preziose osservazioni che sono sicuramente condivisibili e ritornerei sulla seconda parte del titolo che Lei ha dato al prezioso scritto ricevuto.

Anche a me pare che sia l'astuzia, se così la vogliamo definire, dei furbetti di turno che pensano di aver trovato nuove fonti di sostegno e di credibilità visto che stanno perdendo i pezzi in quella che prima era la loro arma vincente: la coesione al momento fatidico, il tapparsi il naso al momento giusto pur di affermare il proprio credo.

Un credo politico che, col passare del tempo, ha assunto un conveniente aspetto pseudoreligioso sospinto da un buonismo di facciata creatore di consensi, o meglio forse giacchè coloro i quali sostengono a spada tratta l'incondizionata resa dettata da quella che definiscono integrazione sarà la corda di Lenin, come Lei giustamente ricordava.

E' infatti impensabile, e questa è la riflessione più forte, che i "sostenuti", una volta in grado di produrre i propri candidati, diventino sostenitori di "altri"; e questo giustifica il proliferare dei "templi di affermazione dell'islam" sul territorio, progetti finanziati da chi non disdegna, spesso, di sostenere le frange estremiste autrici dei più efferati delitti.

A tutto ciò si aggiungono gli interessi economici delle macropotenze mondiali che vedono i popoli come strumento da usare a piacimento per incrementare i loro "traffici commerciali".

Il mio invito, a Lei e a tutti coloro che stanno vivendo quasi supinamente una grave forma di colonnizzazione dilagante, è di non cedere mai alla rassegnazione difendendo, e mi sento di dirlo, a spada tratta il proprio credo religioso e l'identità nazionale che deve sì contemplare anche le altre realtà senza tuttavia subirle in virtù di una falsa solidarietà che altro non è che interesse personale.

E mi rivolgo alla classe politica di un certo colore, a chi governa oggi il popolo italiano con le imposizioni e non con il confronto, a chi vuole a tutti i costi privilegiare il proprio io a discapito di chi desidera consacrarlo se non altro in memoria di chi ha tanto lottato e perso la vita per affermarlo.

Per cui, egregio Sig. Vladimiro, non dimentichiamo che la rassegnazione è l'atto di resa incondizionata; con questo non intendo essere tacciato per rivoluzionario, ma semplicemente nell'italiano che crede nella storia della sua nazione, nella sua tradizione religiosa e nella bontà disinteressata.

Voglia gradire i miei più cordiali saluti.

 

 

 


 

 

 

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Articolo pubblicato il 06/08/2015