Ave, Cesare! - Hollywood secondo i fratelli Coen

Un pot-pourri di generi cinematografici dall'usuale ironia sagace e un cast memorabile

Anno: 2016

Titolo originale: Hail, Caesar!

Paese: USA, Regno Unito

Durata: 106 minuti

Genere: Commedia

Regia: Joel e Ethan Coen

Sceneggiatura: Joel e Ethan Coen

Cast: Josh Brolin, George Clooney, Scarlett Johansson, Ralph Fiennes, Alden Ehrenreich, Tilda Swinton, Channing Tatum, Frances McDormand, Jonah Hill

 

Per vedere e apprezzare un film dei fratelli Coen è necessario sapere che stile convenzionale, aderenza a un genere, trame rassicuranti e toni seriosi non fanno e non hanno mai fatto parte della loro dialettica cinematografica. Detto ciò, è meritatissima l'ammirazione (e anche il timore) con cui vengono accolti dalla critica di tutto il mondo, poiché se il grande schermo dev'essere anche uno strumento per accendere i cervelli addormentati da tanto innocuo quanto soporifero cinema e sbalordire lo spettatore, possibilmente disorientandolo, ecco trovata la chiave della loro grandezza.

 

Ave, Cesare! è nato dalla mente di Joel e Ethan Coen più di dieci anni fa, ma ha visto la luce solo dopo una lunga genesi. Ha aperto la 66esima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino lo scorso febbraio.

Racconto di Hollywood su Hollywood, il film segue il protagonista Eddie Mannix (Josh Brolin), “fixer” di una major degli anni Cinquanta, che per lavoro risolve i problemi scaturiti inevitabilmente dalle varie produzioni in corso, compresi gli scandali che toccano le star e la rapacità della stampa. Corteggiato dalla Lockheed, famosa compagnia aerospaziale, che vuole affidargli un ruolo di responsabilità, l'uomo è diviso tra il lavoro agli studios e la lotta contro il fumo. Come d'abitudine nelle opere dei Coen, diverse situazioni si avvicendano sullo schermo, in uno schema quasi episodico, intrecciandosi come i pezzi di un puzzle. Quindi seguiamo le vicende della realizzazione di un kolossal, l'Ave, Cesare! del titolo, che narra la storia di Gesù Cristo dal punto di vista di un centurione romano, interpretato da un super divo (Clooney), misteriosamente rapito nel bel mezzo delle riprese. Poi vediamo la star DeAnna (Scarlett Johansson) che rimane sconvenientemente incinta senza essere sposata, un giovane e rustico attore di western (Alden Ehrenreich) nel disperato tentativo di recitare in un film drammatico, due terribili gemelle, giornaliste di gossip rivali a caccia di uno scoop (entrambe interpretate da una nervosa Tilda Swinton), e un ballerino di musical che non è ciò che sembra (Channing Tatum).

 

La prima sequenza è una bellissima presa in giro del genere noir, con la sua atmosfera fumosa, i macchinoni americani e il protagonista in impermeabile, cappello e sigaretta. Da qui in poi, l'intreccio offre una panoramica di svariati generi cinematografici. Il film in sé, difficilmente etichettabile, dovrebbe essere una commedia nera, ma saltiamo spesso nella commedia pura e addirittura nel comico, e la sequenza in cui vediamo la realizzazione del musical è piuttosto lunga e il punto di vista delle macchine da presa diventa il nostro, cosicché ci dimentichiamo che stiamo vedendo un film nel film. Questa è una delle chiavi di volta per amare il cinema dei Coen: rendere consapevole lo spettatore di essere di fronte a un film, a una costruzione, non alla vita, attraverso un certo distacco da parte degli attori e un uso evidente della macchina da presa, strumento che si percepisce come tale, senza per questo affievolire il piacere dell'esperienza visiva.

 

Divertentissima la riunione organizzata da Mannix con un sacerdote cattolico, uno ortodosso, un pastore protestante e un rabbino per un confronto sulla figura del Cristo per il film in produzione; il consesso finisce in una bagarre verbale, ed è un magnifico esempio di come la religione sia uno dei temi da dileggiare prediletti dai Coen, specie se si tratta della loro, l'ebraismo. L'umorismo ebraico che colora tanta Hollywood, a partire da Billy Wilder e Woody Allen per arrivare a Mel Brooks e Ben Stiller, trova in loro un perfetto equilibrio di caustica ironia e raffinato stilismo.

 

La citazione del cinema del passato e l'auto-citazione sono altri elementi ricorrenti nei film dei Coen; insieme a una miriade di riferimenti cinematografici, il balletto acquatico che vede protagonista la curvilinea diva DeeAnna Moran, anch'esso avvolto da un velo impalpabile di canzonatura, ricorda da vicino le sequenze onirico-deliranti del meraviglioso Il grande Lebowski, che a loro volta erano già chiaro omaggio alle complesse e spettacolari scenografie di corpi orchestrate da Busby Berkeley negli anni Trenta e Quaranta. Tutto il film è filtrato da un affettuoso sguardo sulla Hollywood anni Cinquanta, epoca in cui gli studios detenevano il maggior potere dell'industria cinematografica, senza dividerlo con registi, attori e sceneggiatori che erano poco più che impiegati delle major. Quindi risulta ancora più buffo girato da loro, registi autorevoli e maturi i cui film sono sì prodotti e distribuiti dalle grandi case, ma sempre generati e scritti senza alcuna costrizione.

 

L'ossessione per il tempo che passa è un altro leitmotiv caro ai Coen; infinite volte nel film vediamo i personaggi interrogarsi sull'orario, guardando reiteratamente orologi da polso e da parete che sembrano minacciosi esseri viventi, nipoti dell'enorme orologio di Mr. Hula Hoop, sempre protagonisti delle inquadrature.

 

Un cast di attori impeccabili nei loro ruoli sorregge l'intreccio; George Clooney interpreta pressoché se stesso, come succede in diversi film diretti dai Coen, ma se il bel gigione di Fratello, dove sei? e Prima ti sposo poi ti rovino aveva un limite di stupidità, qui la star del capitalismo Baird Whitlock è talmente assorbito dalla sua interpretazione in armatura e calzari e dal suo smagliante sorriso da non accorgersi del lavaggio di cervello degli sceneggiatori comunisti (non meno scherniti del religioso protagonista) che l'hanno rapito per ottenere denaro. Ormai è quello che ci si aspetta da Clooney, ma è sempre divertente vederlo prendersi in giro. O forse non lo fa?

Molto nella parte il protagonista Josh Brolin e la sua faccia da fumetto noir.

Il più esilarante è indubbiamente il giovane Ehrenreich, nei panni dell'attorucolo in grado di cantare canzoncine country e di fare acrobazie su un cavallo, ma di marmo alle prese con un primo piano o una battuta. Elogio della cattiva recitazione, urta constatare che molti attori recitano così, per davvero.

Due cameo illustri da citare: Christopher Lambert irriconoscibile nei panni di un regista tedesco e Frances McDormand, musa dei Coen, che si intravede come montatrice.

 

Con un discorso analogo a quello trito e ritrito su Quentin Tarantino, si può affermare che il cinema dei Coen o si odia o si ama. E' però innegabile che in un panorama di film piuttosto convenzionali e senza sorprese né particolari emozioni come quello attuale, l'irriverente e divertente filmografia dei Coen è una boccata d'aria fresca, in grado di far ritrovare il piacere del cinema come costruzione artigianale e riconoscibile.

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Articolo pubblicato il 15/03/2016