E’ muito mais que um simples jogo

ESSER GRANATA VUOL DIRE FEDE E AMORE . Al di là di qualunque retorica, è stata una partita speciale

SL Benfica vs Torino FC, sessantasette anni dopo.

Un incontro dal grande valore simbolico dove il nuovo Toro targato Sinisa Mihajlovic ha onorato al meglio il ricordo del Grande Torino, con la conquista della “Eusebio Cup” 2016.

Il colpo d’occhio dello stadio “Da Luz” è impressionante, quello delle grandi occasioni: 46.000 spettatori, tra cui una folta rappresentanza di nostri fratelli e sorelle, tutti insieme per rendere omaggio agli Invincibili.

E poi le maglie delle squadre in campo, da brividi: quella rosso fuoco per i lusitani e quella bianca con striscia trasversale granata, in omaggio al River Plate.

Il mito che si fonde nella leggenda.

Si, al di là di qualunque retorica, è stata una partita speciale.

Volendo poi analizzare l’incontro, da un punto di vista strettamente sportivo, c’è parecchio da dire.

Innanzitutto il titic-titoc venturiano è un lontano ricordo, per fortuna: il tecnico serbo ha messo in campo una squadra molto “corta”, che pressa, corre e gioca in profondità.

Certo, fuori dallo spogliatoio c’è ancora il cartello “Lavori in Corso”, la squadra è in cerca di una nuova identità, ma sicuramente la strada intrapresa è quella giusta.

Il Benfica si è dimostrato più avanti nella preparazione, con un sistema di gioco collaudato da anni, ma il Toro ha tenuto testa ai pluricampioni del Portogallo, dimostrandosi tonico e propositivo, nonostante le gambe ancora imballate dalla preparazione.

Mi è piaciuto molto il pacchetto difensivo, dove la doppia “M” centrale, Maksimovic-Moretti è già una garanzia (Mitroglou non ha toccato palla), un po’ meno il centrocampo, dove urge un regista, ma è risaputo.

Abbastanza bene il nuovo trio d’attacco, Iago Falque da rivedere, con Belotti già in gran spolvero, più combattente e tremendista che mai e con Ljajic che ci farà divertire.

Urge anche un portiere, ma è risaputo anche questo.

Mi sono piaciuti molto anche i nostri giovani, impiegati nel secondo tempo, e mi sono piaciuti tantissimo soprattutto quando hanno tirato i rigori: a parte Maxi Lopez, cinque ragazzi (Baselli, Martinez, Gaston Silva, Aramu e Boye) , dal ’92 al ’96, uno per annata, che si sono alternati sul dischetto, dimostrando personalità, freddezza e carisma.

Anche in questo caso, la filosofia venturiana è ormai un lontano ricordo, per fortuna.

Insomma una partita che ricorderemo a lungo, non solo per il trofeo portato a casa.

Una partita che può segnare un nuovo punto di partenza per la nostra amata squadra.

Quasi un cerchio che si chiude, sessantasette anni dopo.


F V <3 G

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Articolo pubblicato il 28/07/2016