Jackie – la first lady di Natalie Portman

Un’ottima Natalie Portman interpreta Jackie Kennedy nei giorni successivi all’assassinio del presidente, in un biopic piuttosto debole firmato Pablo Larraín

Anno: 2016 

Titolo originale: Id.

Paese: USA, Chile, Francia

Durata: 99 minuti

Genere: Biografico, Drammatico

Regia: Pablo Larraín

Sceneggiatura: Noah Oppenheim

Cast: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Billy Crudup, Greta Gerwig, John Hurt

Presentato a Venezia l’anno scorso, candidato in tre categorie ai premi Oscar, esce nelle sale italiane Jackie, diretto dal cileno Pablo Larraín, con Natalie Portman nel ruolo principale. Dalla produzione piuttosto travagliata (il film sarebbe dovuto essere una miniserie tv prodotta da Steven Spielberg, per poi diventare un lungometraggio alla cui regia era previsto Darren Aronofsky, che in seguito ha rifiutato), il film biografico sulla first lady più conosciuta della storia approda in Italia dopo più di due mesi dall’uscita americana.

Jackie narra dell’incontro, avvenuto pochi giorni dopo l’assassinio del presedente Kennedy, della ormai ex first lady con un giornalista di Life, al quale raccontò i terribili momenti dell’attacco a Dallas e ciò che seguì la morte del marito: il giuramento di Lyndon Johnson, l’organizzazione del funerale, gli ultimi giorni alla Casa Bianca.

Dal taglio intimista, il film di Larraín è difficilmente descrivibile come una biografia di Jacqueline Kennedy, poiché si concentra su pochi giorni della vita della donna. Perché scegliere questa drammatica e turbolenta fase della vita della futura signora Onassis? Viene naturale rispondersi che la ragione di una scelta così mirata sia la volontà di umanizzare la figura della donna, rendere conto del lato più intimo e privato di un personaggio costantemente sotto i riflettori, la cui vera personalità venne accuratamente nascosta sotto la maschera indossata quotidianamente.

Se davvero di umanità il film voleva trattare, l’impresa non è affatto riuscita; il ritratto che ne esce è infatti quello di una donna sì dispiaciuta e sofferente, ma anche molto calcolatrice, razionale sino al gelo nei momenti appena successivi alla tragedia, gelida con i figlioletti ai quali ha dovuto annunciare la scomparsa del padre, preoccupata di organizzare un funerale faraonico la cui vera protagonista sembrò proprio lei, o meglio la spettacolarizzazione del proprio dolore, sfociata in una più ampia creazione del mito dei pochi anni di “regno” del marito (e suoi). Il tutto reso ancor più chiaro dalla manipolazione puntuale dell’intervista rilasciata al giornalista White; se anche la vedova, la madre distrutta ha fatto capolino per qualche minuto, è stata subito sostituita dalla donna determinata a non lasciarla uscire dalle mura di casa.

Al di là del glamour, degli abiti sontuosi, dei sorrisi forzati e della perfetta facciata pubblica, ciò che traspare dai lunghissimi 99 minuti del film è ciò che Natalie Portman ha descritto come “due personaggi di fronte a pubblici diversi: una debuttante in pubblico ma risoluta ed energica dietro alle porte chiuse”.

Il montaggio alternato che intreccia momenti dell’intervista con quelli del recentissimo tragico passato e alla ricostruzione del documentario per la televisione nel quale Jackie presentò la residenza presidenziale, dà vita ad una narrazione inutilmente altalenante e destabilizzante, che di certo non aiuta né a capire più in profondità il personaggio, né a rendere meno greve e cupo un film dalla lentezza e pesantezza spossanti.

La terribile colonna sonora, plumbea sin dalle primissime immagini, aggiunge solo tetraggine a un’opera che di certo non ne richiedeva altra.

In parole povere, il film è noioso e poco avvincente, laddove sarebbe stato interessante vedere un ritratto inedito di un personaggio già molto frequentato da opere di finzione.

Rimane, punto saldo sul quale ruota tutto il film, l’eccellente interpretazione di Natalie Portman, attrice intensa e sempre più convincente, candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista. Per prepararsi al difficile compito di ritrarre Jackie Kennedy, la Portman ha studiato a fondo i filmati di repertorio della first lady, per imitarne al meglio il portamento e l’andatura, concentrandosi in particolare sulle registrazioni della voce, su cui ha fatto il lavoro più impegnativo, avvalendosi dell’aiuto di un vocal coach.

Di talento anche il resto dal cast, soprattutto Billy Crudup nei panni del giornalista Theodore White e Peter Sarsgaard in quelli di Robert Kennedy. Jackie è stato l’ultimo film di John Hurt, scomparso pochi mesi dopo le riprese, dove appare come padre McSorley.

Inevitabilmente affascinanti i costumi, vincitori di un BAFTA, a partire dal completo Chanel rosa indossato in quel fatale 22 novembre 1963, a tutta una serie di abiti da sera principeschi ed elegantissimi.

Un racconto sofferente e troppo lungo, dove l’unico punto a favore, la recitazione della Portman, salva il film dall’essere pura noia e angoscia.

 

 

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Articolo pubblicato il 07/03/2017