Io danzerò – un biopic su Loïe Fuller

Il film ripercorre la vita e l’arte di Loïe Fuller, che tra Otto e Novecento rivoluzionò la danza

Anno: 2016

Titolo originale: La Danseuse

Paese: Francia

Durata: 107 minuti

Genere: Biografico, Drammatico

Regia: Stéphanie Di Giusto

Soggetto: Giovanni Lista (saggio biografico)

Sceneggiatura: Stéphanie Di Giusto

Cast: Soko, Gaspard Ulliel, Lily-Rose Depp, Mélanie Thierry

Presentato al Festival di Cannes 2016, arriva nelle sale italiane Io danzerò, opera prima della regista Stéphanie Di Giusto, incentrata sulla figura della danzatrice Loïe Fuller.

Mary-Louise Fuller è cresciuta nel West con il padre alcolizzato; quando questo viene ucciso, la ragazza raggiunge la madre bigotta e repressiva a Brooklyn. Sognando di essere un’attrice, diventata Loïe, la ragazza inventa l’innovativa ed eterea danza serpentina, che a Parigi la renderà un’icona dell’Art Nouveau, degna del palco dell’Opèra.

Loïe Fuller, ballerina sebbene non avesse mai studiato danza, rivoluzionò il mondo del balletto con l’invenzione di un gesto, quella danza vaporosa e leggiadra creata da un corpo ammantato di tessuti leggeri che i fratelli Lumière immortalarono e che ispirò artisti dell’Art Nouveau come Toulouse-Lautrec e lo scultore Larche. Una giovinezza non semplice riscattata nella meravigliosa Parigi della Belle Époque, dalle Folies Bergère alla consacrazione in tutta Europa come innovatrice della danza moderna.

Un periodo storico che richiama alla mente un mondo spumeggiante di sfarzo, luci, feste e fermento creativo. Peccato che il film della Di Giusto sia quanto di più lontano ci si potesse aspettare dalla biografia di una delle figure chiave dell’Art Nouveau. Una coltre tetra e plumbea avvolge tutto il film come le vesti svolazzanti della Fuller, aiutata da una fotografia incomprensibilmente grigia e spenta, rendendo la visione penosa e lunghissima, senza una minima scintilla di ottimismo o positività, nonostante il finale piuttosto felice.

Scegliendo di ritrarre la Fuller come un’anima eternamente tormentata e ombrosa (che lo fosse o meno), la regista ha tagliato completamente fuori la possibilità di uno spaccato di vita sì difficile e dalle travagliate complicazioni, ma anche potenzialmente luminosa e leggendaria.

Io danzerò ha i suoi rari barlumi di splendore nelle sequenze quasi oniriche della danza, fatte di tessuto, luce e impalpabile magia, riprese dapprima con inquadrature ravvicinate, a mostrare il corpo ansante della ballerina, per poi spostarsi ad ammirare nella sua interezza il movimento che fece passare Loïe Fuller alla storia, sequenze peraltro realizzato senza l’aiuto di effetti speciali o controfigure.

Opinabile anche la scelta di reinventare la vita privata della Fuller; dichiaratamente omosessuale, la donna ebbe una lunga relazione con la sua collaboratrice Gabrielle Bloch, che nel film viene ridotta a un accenno di sguardi e poco più. Invece, quello che ci viene presentato come il mecenate-amante conte Louis D’Orsay è un personaggio fittizio inventato dalla regista e sceneggiatrice per inserire una figura maschile in una vicenda altrimenti esclusivamente femminile; aggiunta, è da dire, piuttosto inutile.

La cantante e attrice Soko, che interpreta la protagonista, non fa che accentuare l’aura di desolazione del film: perennemente ombrosa e incupita, dà una performance piuttosto opaca di un personaggio storico che non lo è stato affatto.

Nel film vediamo anche la relazione della Fuller con Isadora Duncan, altra icona della danza moderna, che la Fuller contribuì a far conoscere sui palchi europei e che, per un momento, la oscurò con il suo talento di ballerina. Succede la stessa cosa sullo schermo, quando appare Lily-Rose Depp nei panni della Duncan, con il suo viso fatto apposta per il cinema e una grande presenza scenica, ed eclissa quasi completamente Soko.

Bravi Mélanie Thierry che interpreta la silenziosa Gabrielle e Gaspard Ulliel nei panni del conte Louis, nonostante la costruzione del suo personaggio sia quasi macchiettistica, il nobile bello e maledetto, tormentato e tossicodipendente, che non esce mai dalle stanze buie del suo castello, novello Dracula.

Io danzerò ha vinto un premio César per i migliori costumi, a fronte di sei nomination.

 

Un ottimo esempio di occasione perduta: un film sulla danza, e sull’epoca dorata della Belle Époque sarebbe dovuto risultare più leggero e brillante; purtroppo, è tutto il contrario.


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Articolo pubblicato il 20/06/2017