The Dinner – la cena delle responsabilità

Film drammatico diretto dall’israeliano Oren Moverman dove quattro ottimi attori danno vita a un dramma famigliare

Anno: 2017 

Titolo originale: Id.

Paese: USA 

Durata: 120 minuti

Genere: Drammatico

Regia: Oren Moverman

Soggetto: Herman Koch

Sceneggiatura: Oren Moverman

Cast: Richard Gere, Steve Coogan, Laura Linney, Rebecca Hall, Chloë Sevigny

Dal romanzo omonimo di Herman Koch, ecco The Dinner, scritto e diretto da Oren Moverman, con un quartetto di attori d’eccezione. L’opera di Koch era già stata portata sul grande schermo da una produzione olandese e da una italiana, I nostri ragazzi.

Stan (Richard Gere) e Katelyn Lohman (Rebecca Hall) si incontrano a cena in un ristorante di lusso con il fratello di lui Paul (Steve Coogan) e la moglie Claire (Laura Linney). Stan è un politico di grido alla vigilia di una vittoria quasi certa, e nonostante i suoi numerosi impegni organizza la cena durante la quale le due famiglie dovranno discutere di un’importante questione riguardante i loro figli adolescenti.

Lo spunto di partenza su cui viene imbastito The Dinner fa tornare alla mente quel capolavoro di Carnage di Roman Polanski, ma se in quel film le due famiglie in causa erano contrapposte per il bene dei propri rampolli, qui i quattro Lohman sono uniti per far fronte a un “incidente” potenzialmente catastrofico per il futuro dei ragazzi e per la carriera politica di Stan. O almeno così si presentano all’inizio, prima di una lunga serie di flashback che vanno a riempire un confuso quadro generale, tra traumi passati e la cronaca di ciò che è davvero accaduto la notte di cui nessuno sembra voler parlare.

Scandito dalle portate della cena sontuosa, il film altro non è che uno scavo spietato e accanito nel passato pieno di problemi e dolore di una famiglia solo apparentemente guarita ma abbondantemente conflittuale, a partire da Stan e Paul, i due fratelli che, come racconta Paul stesso in uno dei tanti momenti psicanalitici di The Dinner, hanno un rapporto difficile sin dall’infanzia.

Lo Stan interpretato da Gere, il senatore in campagna elettorale, aria da vincente e moglie più giovane, può apparire come il personaggio principale, anche per via della locandina del film che gli regala una posizione di spicco, scelta dettata senza dubbio dalla notorietà dell’attore piuttosto che dalla rilevanza del personaggio. Perché il protagonista, se ce n’è uno in un film disorganico come questo, è Paul, il fratello minore in senso lato, che ha il volto e le nevrosi di Steve Coogan, il migliore di un poker d’attori davvero superbi.

Paul è il narratore, si rivolge a noi spettatori raccontandoci ciò che vediamo, introducendoci i personaggi. È un nichilista disilluso e cinico, ma col procedere del film e lo svelarsi del suo passato capiamo che c’è molto di più dietro alla sua maschera di acidità e distacco, come rivela il lungo monologo nell’aula vuota prima e la sequenza sul campo di battaglia di Gettysburg poi.

Il cuore della vicenda, la scelta che devono prendere quattro genitori per arginare lo tsunami scaturito da un gesto efferato compiuto da adolescenti, tra dilemmi etici e la ricerca di scorciatoie salvagente, arriva anche troppo in ritardo, dopo tanti espedienti narrativi (uno su tutti, il direttore di sala che dialoga con lo spettatore guardando in macchina in una breve sequenza del tutto senza senso) che non riescono a nascondere l’eccessiva durata del film prima di arrivare al sodo.

Il finale è piuttosto surreale, sfiora l’assurdo, lasciando aperte tutte le possibilità vagheggiate per fronteggiare la crisi. In un film del genere, una conclusione non risolutiva era probabilmente l’unica scelta coerente possibile, ma ciò non basta a rendere l’esperienza di visione del film soddisfacente.

Oltre a Gere e Coogan, il cast si avvale delle ottime interpretazioni di Laura Linney e Rebecca Hall nei panni delle mogli, che fungono da molto più che semplici spalle, con una parte minore di Chloë Sevigny come ex moglie di Stan.

The Dinner soffre di una narrazione temporale prolungata, troppo vicina alla realtà; un film, per sua stessa natura, dovrebbe essere raccontato in tempi più cinematografici, più brevi. Per questo, e per come si rivelano essere in profondità i personaggi (tranne quello di Gere), per come viene ritratto l’atteggiamento indulgente dei genitori nei confronti delle responsabilità dei figli, purtroppo consuetudine di cronaca, lascia l’amaro in bocca.

 

            

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Articolo pubblicato il 28/06/2017