“Downsizing – Vivere alla grande”

Commedia utopistica dalle originali premesse che si perde a metŕ strada nonostante l’ottimo cast

Anno: 2017

Titolo originale: Downsizing

Paese: USA

Durata: 135 minuti

Genere: Commedia

Regia: Alexander Payne

Sceneggiatura: Alexander Payne, Jim Taylor

Cast: Matt Damon, Christoph Waltz, Hong Chau, Udo Kier, Kristen Wiig, Jason Sudeikis

Dal regista di Paradiso amaro e Sideways Alexander Payne, arriva nelle sale italiane Downsizing – vivere alla grande, commedia para-fantascientifica con Matt Damon presentata a Venezia lo scorso agosto.

Uno scienziato norvegese inventa un metodo per rimpicciolire le persone sino a farle diventare alte poco meno di 15 centimetri, in modo da poter ridurre al minimo anche l’impatto ambientale e cercare di salvare il pianeta. Dopo qualche anno sono in molti a scegliere questo radicale cambiamento, soprattutto perché nelle comunità di mini persone ormai sorte numerose il costo della vita è drasticamente ridotto e chiunque con un minimo di capitale può vivere da re la propria nuova mini vita. Paul Safranek (Matt Damon), mite terapista occupazionale che conduce una vita modesta, decide di sottoporsi al procedimento insieme alla moglie Audrey (Kristen Wiig), per cominciare daccapo. Le cose però non vanno secondo i piani.

Downsizing parte da uno spunto ingegnoso e originale, non privo di momenti puramente comici. Il meccanismo di rimpicciolimento è immaginato nei minimi, esilaranti dettagli, e il sottile ma percettibile senso di pericolo che si avverte distintamente dall’inizio si spiega perfettamente quando scopriamo, insieme a Paul, che non è tutto oro ciò che luccica, e che anche nella scintillante comunità di mini persone è sopravvissuta la diseguaglianza sociale.

Se il film avesse proseguito con questo intrigante discorso, e avesse eventualmente contemplato un’analisi delle conseguenze a lungo termine, anche politiche, della rivoluzione planetaria, sarebbe andata molto ma molto meglio. Peccato, perché a un certo punto la trama vira bruscamente verso un sermone monotono e infelice sulla condizione umana, tirando in ballo la fine del mondo.

È spiacevole vedere sprecata l’occasione di produrre un film al tempo stesso originale, intelligente e divertente, specie quando gli elementi di qualità non mancano, su tutti il cast.

Matt Damon, sempre ottimo nell’interpretare l’uomo ordinario, mite e normalissimo, è un Paul grassoccio, dallo sguardo perennemente deluso, pessimista ma stoico nel suo affrontare le continue difficoltà a cui è messo davanti. Christoph Waltz e il suo personaggio valgono da soli il costo del biglietto; l’attore austriaco è Dusan, il vicino di casa serbo di Paul, playboy festaiolo e impertinente dal ghigno diabolico che prospera con il contrabbando di beni dal “mondo grande” (avete idea di quanti drink si possano ricavare da una normale bottiglia di vodka per bevitori alti 12 centimetri?) e che si prende benevolmente gioco della passività di Paul.

Altro ottimo motivo per vedere il film, l’attrice thailandese Hong Chau, la quale interpreta magnificamente Ngoc Lan Tran, dissidente vietnamita rimpicciolita contro la sua volontà che ha perso una gamba e fa le pulizie per mantenersi, una sopravvissuta pragmatica quanto spassosa che tiranneggia affettuosamente Paul e gli fa scoprire l’altro lato della medaglia.

Il regista Payne, che firma anche la sceneggiatura insieme a Jim Taylor, è noto per le sue satire giocose che mescolano lo humour anche pesante a disastri esistenziali (suoi A proposito di Schimdt e Nebraska); Downsizing non fa eccezione, e ha diviso la critica internazionale in forza delle motivazioni sopra illustrate.

Il film non ha ottenuto alcuna candidatura ai premi Oscar, peccato almeno per il cast, e l’unica nomination ai Golden Globe, quella come attrice non protagonista a Hong Chau, non è stata vinta.

Storia originale e divertente (almeno all’inizio), attori eccellenti e buona scrittura, gli ingredienti per un buon film c’erano tutti. Peccato, ma è comunque da vedere. 

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Articolo pubblicato il 31/01/2018