Intervista a Francesco Agnoli: “Le sardine hanno 70 anni. E meriterebbero il Premio Stalin per la pace”. Di Anicio Severino

Mattia, la sua vuota mediocrità sorridente e ricciolona aiuta a far dimenticare coloro che il suo movimento, di fatto, sostiene.

“Sardine” come replica di qualcosa di già visto. “Sardine” come embrione del primo socialismo. Il professor Francesco Agnoli non si nasconde. E anche questa volta analizza il fenomeno movimentista in voga, partendo da considerazioni storiche. L’interpretazione, però, è estesa sino al contesto partitico dei Dem: neppure il centrosinistra può dirsi estraneo a certi rigurgiti del passato. Una intervista per comprendere perché, in fin dei conti, nel “sardinismo” non ci sia nulla di nuovo.

 

Cosa pensa del fenomeno “sardine”?

Penso che esistono da almeno 70 anni e che bisognerebbe dare subito a Matteo Santori il “premio Stalin per la pace”.

 

In che senso?

Ricorda questo premio, vinto per esempio da quel furbastro di Bertold Brecht (tessera comunista nella Germania dell’Est e conto in banca in Svizzera)?

Oggi la semplice dicitura fa rabbrividire, ma in passato i comunisti hanno osato tanto! La questione è semplice: la sinistra si presenta nel Novecento con due volti, uno violento, e uno, apparentemente, pacifico, suadente. Machiavelli lo hanno studiato bene, direi meglio di tutti.

 

Sono capaci di assumere tante maschere, come del resto fece per anni Benito Mussolini: quando ancora si considerava socialista, da una parte utilizzava gli squadristi, per essere più forte, dall’altra li attaccava pubblicamente, in nome della pace, della fine dell’odio che straziava il paese, per apparire moderato!

 

Qualcosa abbiamo detto nella intervista scorsa (vedi qui:  https://loccidentale.it/mussolini-e-luomo-a-cui-la-sinistra-italiana-deve-quasi-tutto/ ). Ma torniamo al premio comunista per la pace. 

Volentieri. Partiamo da lontano. Chi riporta Lenin in Russia per fare la rivoluzione? I tedeschi, con il contributo di tale Parvus, un soggetto molto interessante che gestiva un “Istituto per la pace” che aveva il compito di raccogliere soldi per i bolscevichi.

 

Teniamo a mente la parola “pace”, perché tornerà spesso, ed è l’analogo della predica contro l’odio (degli altri) delle odierne sardine. Ebbene in Russia Lenin e i bolscevichi si presentano come quelli che vogliono proprio la pace!

La gente è stufa della guerra mondiale, ed essi non esitano ad urlare: “pace, pace” e “democrazia”! In verità hanno già chiaro in mente cosa fare: chiudere la guerra con la Germania, per cominciare la guerra civile. E per democrazia, intendono la dittatura! Ma nella propaganda sono già insuperabili. 

 

Proseguiamo… 

E’ sempre la stessa storia: si uccide, si ammazza, si predica l’odio di classe, l’odio contro il nemico da internare nei gulag…ma non solo. Dipende dal momento. Quando si è in difficoltà, o all’opposizione, allora il ritornello cambia: bisogna accattivarsi le simpatie della gente.

 

Dopo la II guerra mondiale i partiti comunisti europei ed anche nell’est guidati da Mosca si travestono spesso, dove occorre, da pacifisti. I guerrafondai sono altri, dicono! Se rilegge Giovanni Guareschi, che fu prima antifascista e poi anticomunista, vede che nel 1948 prende sempre in giro i comunisti per le loro raccolte firme per la pace, contro le armi atomiche… Li conosce bene, e sa che è pura propaganda.

 

In Italia, dopo il 1948, non puoi predicare l’odio apertamente. O meglio, lo puoi fare, in alcuni contesti. Ma in generale devi presentarti come moralmente “migliore” del nemico americano. Gli americani fanno le guerre, ma i sovietici no! L’obiettivo è quello indicato dal “megafono di Stalin”, Willi Münzenberg: far vincere i comunisti, con l’appoggio dei non comunisti. Pensi a come Münzenberg riesce a mettere il cappellino sopra una figura come Albert Einstein, puntando sulla sua paura di una guerra atomica, benché il grande fisico fosse fortemente anticomunista!

 

Lo porta a partecipare a manifestazioni pacifiste che non sono apertamente dirette dai comunisti, ma che di fatto sono collaterali ad esso. La storica Anne Applebaum, nel suo La cortina di ferro, descrive bene “le campagne di massa per la pace” promosse dai governi comunisti, ma presentate come movimenti spontanei di popolo, che avevano però il compito di demonizzare gli avversari (che, nell’est Europa, erano spesso i cattolici). Nella Germania dell’est il partito organizzava “corse per la pace”, Festival della gioventù e degli studenti per la pace… nei quali si indicava il nemico della pace: gli altri partiti, la Chiesa cattolica, gli americani… la vecchia storia del lupo che si traveste da agnellino.

 

Insomma, le “nuove” sardine come i giovani “comunisti per la pace” del 1948?

Mi sembra evidente. Nella rossa Bologna nel novembre 2019 nasce un movimento evidentemente finalizzato alle elezioni regionali del gennaio prossimo. Gli ex comunisti temono di perdere l’egemonia in una regione che hanno sempre controllato, sanno quanto il loro marchio sia ormai poco affascinante, e rispolverano la propaganda del sorriso.

 

Quel Matteo lo hanno scelto bene: ha la faccia da bravo ragazzo, sa essere diplomatico, dice le sciocchezze più grosse con il sorriso… La sua vuota mediocrità sorridente e ricciolona aiuta a far dimenticare coloro che il suo movimento, di fatto, sostiene: vecchi marpioni della politica, di fatto il Pd, che in Emilia Romagna è ancora in buona parte il vecchio PCI.

 

Ma il Pci non c’è più!

No, c’è ancora. Da dove viene Nicola Zingaretti, segretario del Pd? Dal partito comunista. E Stefano Bonaccini, candidato del PD in Emilia Romagna? Anche lui è cresciuto nel PCI, ma sono sardine ante litteram anche loro.

 

Perché?

Guardi la loro storia politica, come la vendono. A trent’anni dalla caduta del muro di Berlino si vergognano a dire che sono stati comunisti. E allora tacciano. Di più: dicono di aver esordito… in movimenti per la pace! Guardi Bonaccini, su wikipedia, come si presenta.

E’ furbo, mica cita il Pci: “Si accosta alla politica a fine anni ottanta tramite i movimenti per la pace”. Le sardine pacifiste rosse del 1917, prima della presa del potere in Russia; le sardine rosse del 1948, quando i comunisti cercano di conquistare parte dell’Europa senza mostrare subito il loro vero volto; le sardine degli anni Ottanta, quando cosa fosse l’URSS era ormai chiaro…infine le sardine del 2019, quando bisogna di nuovo cambiare pelle e mostrare il sorriso.

 

E Zingaretti?

Uguale. In tutto e per tutto uomo del partito comunista, per anni. Però le biografie autorizzate, come è senza dubbio quella su Wikipedia, recitano così: “Inizia il suo impegno nell’associazionismo prendendo parte al movimento per la pace nel 1982. A diciassette anni è tra i fondatori di un’associazione di volontariato antirazzista denominata “Nero e non solo…”.

 

Capito? Negli anni Ottanta in Italia Zingaretti non ha iniziato la sua carriera politica nel fortissimo PCI di allora, ma nei movimenti per la pace! Loro sono sempre uomini di pace, contro la guerra e contro l’odio…peccato che il comunismo abbia sulla coscienza almeno 100 milioni di morti!

 

Per concludere?

Per concludere voglio ricordare un altro fatto storico. Novembre 1919, esattamente un secolo prima della nascita delle sardine, che avverrà nel novembre del 2019. Siamo sempre a Bologna: Nicola Bombacci, leader socialista, prende una valanga di voti. Bologna è allora una città importantissima per la sinistra italiana, così come diverrà, in parte per reazione, una città fondamentale per il fascismo più violento. Allora Bombacci è il “Lenin di Romagna”, amico ed avversario, nello stesso tempo, di Mussolini (sarà anche grazie alla loro amicizia che il duce sarà il primo a riconoscere l’URSS e a fare affari con il governo di Lenin).

 

Bologna gli concede un trionfo elettorale! Due anni dopo, nel 1921, Bombacci sarà tra i più autorevoli fondatori del Partito Comunista d’Italia (allora PCd’I): un partito che farà di tutto, inconsapevolmente, per concedere spazio a Mussolini, con il suo estremismo violento, la sua lotta acerrima contro i socialisti moderati, considerati i veri nemici da combattere, più ancora dei fascisti, la sua capacità di spaventare la piccola e media borghesia con l’estremismo rivoluzionario…

 

Anni più tardi, però, Bombacci capirà gli errori suoi e dei suoi compagni, e scriverà una riflessione che gli ex comunisti di oggi dovrebbero tenere a mente: “(per loro) tutto è fascismo: lo Stato, la Chiesa, la borghesia, la democrazia, i socialisti”, ma “il fatto di vedere nemici dovunque, di non voler sfruttare le nuove situazioni e di respingere ogni alleanza per l’assurda paura di trasgredire o principi di intransigenza, costituisce un imperdonabile errore politico” (Arrigo Petacco, Il comunista in camicia nera, Mondadori, Milano, 1997). Non avere un programma, se non quello di indicare l’avversario come il diavolo e puntare tutto sulla propaganda, a lungo andare “costituisce un imperdonabile errore politico”.

 

Fonte: L’occidentale.it

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Articolo pubblicato il 25/12/2019