Torino. Giulio De Felice, flauto e Cristiano Arata, chitarra alla scoperta del repertorio salottiero del XIX secolo

Sesto concerto della Quattordicesima edizione di Regie Sinfonie nel Salone d’Onore di Palazzo Barolo

Dopo il trionfale concerto del 17 dicembre che ha chiuso la terza edizione di Intrecci Barocchi, con I Musici di Santa Pelagia che hanno eseguito con l’Academia Montis Regalis, l’Accademia Corale Stefano Tempia e il Coro Maghini il Messiah di Georg Friedrich Handel sotto la direzione di Antonio Florio, sabato 25 gennaio 2020 alle ore 17,nel Salone d’Onore di Palazzo Barolo (ingresso da Via Corte d’Appello 20)  la quattordicesima edizione di Regie Sinfonie inaugura l’anno nuovo con il concerto del flautista Giulio De Felice e del chitarrista Cristiano Arata, due giovani musicisti di grande talento che accompagneranno il pubblico alla scoperta del repertorio salottiero del XIX secolo, un ambito pressoché sconosciuto, che conta però parecchi autori di grande interesse, alcuni dei quali seppero mettersi in grande evidenza anche nelle corti più prestigiose d’Europa.

 

Tra di essi merita di essere citato Mauro Giuliani, straordinario chitarrista originario di Bisceglie, che affiancò all’attività compositiva una intensa carriera concertistica, che lo portò a suscitare una profonda ammirazione anche tra gli autori più affermati della sua generazione come Niccolò Paganini e Anton Diabelli, che grazie a lui iniziarono a interessarsi seriamente alla chitarra.

 

Il programma comprende anche la trascrizione delle ouverture di due delle opere più famose composte tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, vale a dire Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa e Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, che sapranno infondere al concerto un’irresistibile dose di vitalità.

 

Programma della serata

Giulio De Felice, flauto traversiere Grenser

Cristiano Arata, chitarra romantica Gaetano Guadagnini (1821)

 

Domenico Cimarosa (1749-1801)

Ouverture da Il matrimonio segreto

(trascrizione di Ferdinando Carulli)

 

Mauro Giuliani (1781-1829)

Sei Variazioni op. 81

 

Alessandro Nava

Serenata op. 16

 

Gioachino Rossini (1792-1868)

Ouverture da Il barbiere di Siviglia

 

                                    IL SALOTTO ITALIANO

Nella seconda metà del XVIII secolo il progressivo tramonto dell’opera seria lasciò spazio da un lato alla prepotente ascesa dell’opera buffa – che aveva già mietuto grandi successi in tutta Europa, come dimostra la clamorosa Querelle des Bouffons del 1752, che vide il trionfo dell’Italian way sulla ormai obsoleta tragédie-lyrique francese – e dall’altro all’affermazione dell’opera romantica, che nei primi decenni del XIX secolo avrebbe trovato i suoi primi grandi interpreti in Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini.

 

Non si trattò però di una semplice variazione nel gusto del pubblico, ma di una rivoluzione epocale, che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia della musica.

Infatti, se la rigorosa alternanza di recitativi e di arie con il da capo (spesso interminabili) aveva ormai fatto il suo tempo, così come i libretti – sia pure di altissimo valore letterario – di Apostolo Zeno e di Pietro Metastasio incentrati sulle vicende dei mitici eroi della tradizione greca e latina, il pubblico iniziava a sentire l’esigenza di storie più verosimili, nei cui sentimenti potesse riconoscersi e venirne coinvolto.

 

In questo periodo l’opera iniziò a non essere più patrimonio quasi esclusivo di un ristretto pubblico di aristocratici e di intellettuali, avvezzi fin da bambini a fare i conti con le peripezie di personaggi come Demofonte, Ipermestra e Zenobia.

 

Il mondo era profondamente cambiato e anche l’opera doveva evolversi, per continuare a essere lo straordinario spettacolo che era stato nei primi due secoli della sua esistenza. Questo avvicinamento alla realtà e l’affermazione di una struttura musicale più agile e snella ebbero il merito di aprire le porte dell’opera a un pubblico sempre più vasto, costituito non solo dalle classi da sempre più abbienti per titolo o per beni di fortuna, ma anche dall’emergente classe borghese e addirittura dal popolo, un fatto che avrebbe consentito all’opera di diventare il patrimonio di tutti e addirittura il simbolo di una intera nazione (come testimoniano il coro «Va’ pensiero» del Nabucco e l’acronimo W VERDI, utilizzato per inneggiare a “Vittorio Emanuele Re D’Italia”).

 

All’improvviso tutti impazzirono per la nuova opera, un genere che li trasportava in periodi storici e situazioni molto affascinanti, che ruotavano regolarmente sui temi dell’onore, dell’amore, della lealtà e della morte, gli stessi che poteva vivere anche il pubblico.

 

I compositori divennero così personaggi molto popolari e tutti iniziarono a discutere con crescente passione del Barbiere di Siviglia, del Don Pasquale, dell’Anna Bolena e dei Puritani.

 

Ovviamente, il piacere più grande era quello di ascoltare le arie principali di queste opere, ma come si poteva fare?

 

Le opere venivano messe in scena di rado e i dischi non erano ancora stati inventati. Questa crescente esigenza pose le basi per la nascita di un nuovo genere strumentale, basato sulla trascrizione e sulla rielaborazione delle melodie più amate di opere note e meno note, che si tradussero in parafrasi e fantasie concepite per deliziare non solo il raffinato ed esigente pubblico dei salotti, ma anche un ambito sempre più eterogeneo di appassionati.

 

 Il compositore più famoso in questo campo fu sicuramente Franz Liszt, che ci ha lasciato una cospicua eredità di opere per pianoforte di questo genere, basate in maniera perfettamente bipartisan sui capolavori di suo genero Richard Wagner e del suo arcirivale – almeno apparentemente – Giuseppe Verdi.

Dagli ultimi anni del XVIII secolo fiorirono così opere per gli organici più diversi, dagli ensemble cameristici alle formazioni di strumenti a fiato che si esibivano nelle vie e nelle piazze, fino ai gondolieri veneziani, che nel 1853 si intrufolarono alla Fenice per ascoltare le prove generali della Traviata e fare ascoltare prima delle prima Libiam ne’ lieti calici ai loro passeggeri.

 

Il programma di questo concerto ci porta in un ambito più salottiero, con le trascrizioni per flauto traversiere e chitarra delle sinfonie iniziali del Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini e del Matrimonio segreto di Domenico Cimarosa (quest’ultima nella brillante trascrizione di Ferdinando Carulli, uno dei più grandi virtuosi di chitarra della prima metà del XIX secolo), due dei lavori più emblematici dell’opera buffa che dal nostro paese si diffuse a macchia d’olio in tutta Europa.

 

Il grande successo ottenuto da questo leggero ma godibilissimo repertorio – che presentava anche il non trascurabile vantaggio di garantire ottime vendite presso i numerosi musicisti dilettanti dell’epoca – spinse molti compositori a scrivere brani originali basati sullo spirito operistico dell’epoca, vale a dire con una spiccata cantabilità, una incisiva contrapposizione di temi vivaci e di spunti drammatici e una decisa propensione per il virtuosismo, che contribuiva a mandare regolarmente in visibilio il pubblico, alimentando nel contempo il mito degli interpreti di quegli anni.

 

Tra i compositori più noti e acclamati in questo campo spicca il nome di Mauro Giuliani, autore di una vasta produzione dal carattere salottiero, che seppe catturare l’attenzione anche delle personalità musicali più importanti dell’epoca, tra cui Beethoven, Rossini e Paganini, con il quale strinse una sincera e duratura amicizia.

 

Anche se non raggiunge gli abissi introspettivi di alcuni contemporanei (come il Titano di Bonn), la musica di Giuliani costituisce ancora oggi non solo un ascolto di rara gradevolezza, in grado di piacere tanto agli appassionati alle prime armi quanto ai cultori dai gusti più esigenti, ma anche lo specchio di un’epoca reduce della Rivoluzione francese e dell’epopea napoleonica e proiettata verso le guerre che avrebbero ridisegnato la carta geografica d’Europa.

 

 

Giulio De Felice e Cristiano Arata

Il duo italiano "De Felice-Arata" si esibisce con grande passione ed energia nella musica per flauto e chitarra del primo Ottocento con strumenti originali. L'intento del duo è di riportare i suoni tipici di quell'epoca usando la giusta chiave di lettura, con uno sguardo al passato e uno al presente.

Entrambi i musicisti si sono diplomati con il massimo dei voti e lode al conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino, specializzandosi nell’esecuzione di musica classica e preromantica su strumenti d'epoca.

 

Come vincitore della prestigiosa competizione IBLA Grand Prize, il duo si è esibito in numerosi concerti in tutto il Sud-est asiatico (Thailandia, Vietnam, Indonesia, Malesia, Giappone e Corea del Sud), Stati Uniti (Arkansas, Oklahoma, New York alla Carnegie Hall) e Italia; inoltre ha suonato per la televisione nazionale Rai 5 al programma Nessun Dorma.

 

Ingresso: 10 €; ridotto: 7 €.

 

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Articolo pubblicato il 21/01/2020