Il giovane Georg Friedrich Handel

Iniziamo con questo articolo una breve disamina della vita e delle opere principali di uno dei più autorevoli esponenti dello stile Barocco internazionale.

Capita spesso che un genitore – soprattutto se svolge una professione prestigiosa e ben retribuita – voglia che il proprio figlio segua le sue orme, per aiutarlo e, in un certo senso, perpetuare se stesso. Questo accadde anche al piccolo Georg Friedrich Händel, nato nella famiglia di un agiato avvocato, che proprio non voleva vedere suo figlio abbracciare una professione piena di incognite. 

 

Quid inutile studium temptas? Perché vuoi dedicarti a una professione inutile? A distanza di oltre 18 secoli la domanda che il grande poeta latino Ovidio si era sentito fare da suo padre suonava in quell’occasione più che mai attuale. Tuttavia, come Ovidio, il giovane Georg Friedrich non era disposto ad accettare imposizioni e cercò di trovare una soluzione che gli permettesse di non abbandonare del tutto la sua unica vera passione. In questi casi, di fronte a un genitore irragionevole, si può cercare un’alleata nella madre, che notoriamente nutre un affetto speciale per i figli, soprattutto se coraggiosi come il piccolo ribelle di casa Händel.

 

Così, mentre il ragazzino iniziava ad affrontare gli studi che, secondo i desiderata del padre, avrebbero dovuto farlo diventare uno stimato giurista, la mamma chiudeva tutti e due gli occhi sul tempo libero del figliolo che – Dio sa come – riuscì a procurarsi un clavicordo che nascose in soffitta, al riparo dagli occhi indagatori del padre. Il giovanissimo Händel iniziò così a trascorrere lunghe notti alla tastiera, studiando le opere dei migliori maestri della sua epoca e facendoci nascere il sospetto che il padre fosse sordo o in fondo un po’ connivente.

 

Com’è come non è, il ragazzo si impadronì in fretta della tecnica tastieristica, diventando ben presto – come ci racconta il suo primo biografo John Mainwaring – un clavicembalista e un organista provetto, in grado qualche anno più tardi di reggere il confronto con un virtuoso del calibro del suo coetaneo Domenico Scarlatti.

 

Questo prodigioso talento permise a Georg di vincere definitivamente la resistenza del riottoso genitore: si dice che durante un viaggio compiuto a Weissenfels, dove suo padre doveva incontrare il duca Johann Adolf I di Schwarzenberg, il ragazzo abbia eseguito davanti al duca un’improvvisazione così stupefacente, da spingere quest’ultimo a consigliare al padre di coltivare quello che riteneva un vero prodigio. Georg cominciò così a seguire con profitto le lezioni di Friedrich Wilhelm Zachow, organista della chiesa principale di Halle.

 

Rimasto orfano di padre a 12 anni, Händel non si fece scoraggiare dalle difficoltà materiali e cinque anni dopo si recò a Berlino, dove incontrò Giovanni Bononcini – uno dei compositori più importanti dell’epoca – e addirittura Federico II di Prussia, grande appassionato di musica. Per esaudire il desiderio del padre defunto, il giovane decise comunque di iscriversi alla facoltà di Legge, dove non diede esami ma conobbe Georg Philipp Telemann, compositore più vecchio di lui di quattro anni, con il quale intrecciò un’amicizia destinata a durare oltre mezze secolo e condivise molti interessi, tra cui la botanica.

 

L’anno successivo il diciottenne Händel decise di consacrarsi completamente alla musica, trasferendosi nella ricca città anseatica di Amburgo, dove trovò lavoro come violinista presso l’Oper am Gänsemarkt. In quel periodo questo teatro era il regno incontrastato di Reinhard Keiser, un vulcanico personaggio che assommava in sé i ruoli di direttore artistico e di compositore e che ebbe il grande merito di credere al giovane musicista venuto da Halle, al quale nel 1705 concesse l’onore di mettere in scena ben due opere, Almira regina di Castiglia e Nero, quest’ultima andata purtroppo perduta.

 

Questi primi successi galvanizzarono il giovane Händel, che però sentiva che il suo destino lo chiamava altrove, in Italia.

 

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Articolo pubblicato il 07/04/2020