Händel arriva a Londra

Nel 1710 Georg Friedrich Händel abbandona l’Italia per trasferirsi prima alla corte di Hannover e poi a Londra, dove sarebbe diventato il compositore più famoso dei suoi tempi.

Nel 1710 il venticinquenne Händel era ormai un compositore affermato, strenuamente conteso dai membri più ricchi del clero e dell’aristocrazia italiana sia come autore di opere vocali sia per il suo straordinario talento di organista e cembalista. Insomma, era arrivato all’apice della carriera, godeva del favore di numerosi mecenati ed era riuscito a ottenere un clamoroso successo anche in ambito operistico, mettendo in scena a Venezia l’Agrippina, che gli diede una vasta notorietà anche all’estero.

 

Davvero niente male per un musicista ancora giovane, che era approdato in Italia nel 1704 con la fama di avere ancora tutto da imparare nel repertorio vocale. Nonostante questo, Händel non era ancora contento, al punto da decidere di lasciare il Belpaese per accettare il posto di Kapellmeister offertogli dal principe elettore di Hannover.

 

Si trattava di un incarico assai ben remunerato (1500 corone l’anno, 20 volte di più di quanto percepiva in quel momento Johann Sebastian Bach a Weimar) e di un certo prestigio, ma – appena otto mesi dopo aver preso servizio – il compositore sassone chiese il permesso di recarsi a Londra, la sua vera meta.

In quel periodo, la capitale inglese era una città ricca e prospera, che si apprestava a diventare, grazie alla sua frenetica attività commerciale e alle sue innumerevoli colonie sparse in tutti i continenti, il vero centro del mondo. Inoltre, a Londra si respirava un’aria veramente cosmopolita, ben diversa dai fasti legati al passato della pur splendida Roma e del clima provinciale di Hannover.

 

A Londra, Händel poteva diventare il compositore più famoso della sua epoca e in cuor suo sentiva di essere disposto a fare qualunque cosa per raggiungere questo obiettivo.

 

Appena tre mesi dopo essere giunto in Inghilterra, il 24 febbraio 1711 Händel pose la prima pietra della carriera che lo avrebbe fatto diventare il compositore nazionale inglese, mettendo in scena Rinaldo, opera che ottenne – anche grazie al contributo del famoso castrato Nicolini – un successo travolgente, che gli permise di conquistare il cuore del pubblico di quella che sarebbe diventata la sua nuova patria.

 

Tuttavia questo non era ancora sufficiente per soddisfare l’ambizione di Händel, che aspirava a raggiungere un traguardo ancora più alto, ossia ottenere il favore della casa reale e della regina Anna. L’occasione giusta giunse nel 1713, quando la Pace di Utrecht pose fine alla guerra di successione spagnola.

 

Per solennizzare il trionfo delle armate inglesi, il compositore scrisse l’Utrecht Te Deum and Jubilate, un’opera dai toni solenni e spiccatamente celebrativi, che spinse la regina a concedergli il considerevole stipendio annuo di 200 sterline.

 

Insomma, tutto sembrava filare liscio per Händel, salvo per il fatto che – come l’Arlecchino di Carlo Goldoni – doveva barcamenarsi tra due augusti datori di lavoro, uno fortemente voluto e l’altro – il principe di Hannover – tenuto soprattutto per convenienza e sempre più trascurato, facendo leva sulla sua generosa compiacenza, che nell’autunno del 1712 lo aveva convinto a concedere al suo rampante Kapellmeister un secondo congedo per portare avanti la sua carriera operistica a Londra, a patto che il compositore tornasse in Germania in un «periodo ragionevole».

 

Contrariamente a quanto aveva promesso, Händel non fece più ritorno a Hannover, abbagliato dalle infinite possibilità che gli garantiva l’ambiente musicale inglese, dove avevano cominciato ad affluire i compositori e i cantanti più in vista di tutta l’Europa, ma il destino aveva in serbo per lui una sorpresa molto insidiosa, perché – a causa di complesse trattative politiche seguite proprio alla Pace di Utrecht – sul trono d’Inghilterra lasciato vacante dalla regina Anna, morta nell’agosto del 1714, andò a sedersi Giorgio I di Hannover, il principe elettore che Händel aveva tanto disinvoltamente trascurato. Quale sarebbe stata la sorte del compositore? Era venuto il momento di fare di nuovo le valigie, magari per tornare in Italia?

 

(continua)  

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Articolo pubblicato il 24/04/2020