La Vienna di Maria Teresa nel nuovo disco edito da Accent
Il Furibondo String Trio

L’arpa di Margret Köll incontra Il Furibondo String Trio

Lo scorso aprile la raffinata etichetta belga Accent ha pubblicato il nuovo disco del trio d’archi Il Furibondo, che con l’arpista Margret Köll e il flautista Marcello Gatti ha tratteggiato un quadro in gran parte inedito della letteratura cameristica fiorita a Vienna verso la metà del XVIII secolo. A parlarcene sono il drammaturgo Corrado Trione insieme alla musicologa Chiara Marola, fondatori dell’agenzia di servizi per la cultura DimenticandoFrancesca, ai quali cedo la parola.

 

“Un’immagine efficace per raccontare “The Harp in the Vienna of Maria Theresa”, il nuovo disco edito dall’etichetta Accent, è quella di un crocevia, un fortunato incontro di percorsi diversi.

In primis quelli dei musicisti, radunati intorno alla prodigiosa arpa di Margret Köll: il trio d’archi Il Furibondo (Liana Mosca, Gianni de Rosa e Marcello Scandelli, con la partecipazione di Federica Biribicchi), e il flautista Marcello Gatti. Un sodalizio artistico favorito dalle comuni esperienze concertistiche con alcuni tra i più importanti ensemble di musica barocca del panorama mondiale.

 

Ma soprattutto il disco fotografa musicalmente un luogo e un momento storico, la Vienna di Maria Teresa (1745-1765), in cui si intersecano gli itinerari artistici dei compositori affrontati nell’incisione: da Wagenseil a Krumpholtz, da Haydn a Gluck.

Fu quella un’epoca di profondi mutamenti politici e sociali, grazie all’impegno dell’Arciduchessa nel fare dei diritti e della cultura un patrimonio a disposizione di tutta la popolazione.

La musica era stata, fino ad allora, appannaggio e status symbol dell’alta nobiltà: basti pensare che il ricco principe Esterházy vietò a Haydn, per contratto, di comporre musica per qualunque altro committente.

 

Sotto Maria Teresa, mentre diminuivano le risorse destinate a opere e orchestre di corte, nacque invece un nuovo pubblico musicale di estrazione borghese, promotore di nuovi gusti e nuove modalità esecutive.

 

Protagonista di questi mutamenti fu, tra gli altri, Georg Christoph Wagenseil (1715-1777), le cui composizioni non a caso aprono e chiudono il disco. Clavicembalista e docente di musica della famiglia imperiale, è figura di transizione per eccellenza: da una parte artista integrato alla corte di Vienna, dall’altra partecipe con i suoi lavori ai Concert Spirituels, i primi concerti pubblici organizzati a Parigi.

 

Compositore di gusto barocco, anticipa però molte tendenze musicali che saranno caratteristiche del periodo classico. Ne sono testimonianza le sei Sonate per due violini e violoncello (o clavicembalo) del 1760, che già mostrano una maggiore indipendenza delle tre voci rispetto alla tradizionale forma-sonata. Qui l’arpa realizza insieme al violoncello l’armonia indicata dalla linea del basso continuo, come da prassi corrente nel periodo barocco. L’arpa assume invece un ruolo solista, alternato a quello di basso cifrato, in molti splendidi passaggi del Concerto n. 2 in sol maggiore, datato 1765.

La partitura originale del Concerto prevedeva in realtà la presenza del clavicembalo, lo strumento dell’autore, ma con l’avvertenza «funziona molto bene anche con l’arpa».

 

Una simile intercambiabilità tra arpa e clavicembalo è propria del Quartetto n. 6 in fa maggiore (1770) attribuito a Joseph Haydn (1732-1809) ma più probabilmente di Joseph Aloys Schimittbaur (1718-1809). Certo è che Haydn, presente nel disco anche con il Trio in re maggiore per violino, viola e violoncello op. 53, ebbe modo di sperimentare da vicino l’evoluzione tecnica ed espressiva che l’arpa attraversava in quei decenni.

 

Dal 1773 al 1776 ebbe infatti nella sua orchestra di Eisenstadt uno dei massimi virtuosi dello strumento, Johann Baptist Krumpholtz (1742-1790), che in seguito proseguì la sua straordinaria carriera a Parigi.

 

Le Sonate di Krumpholtz, tra le più impegnative del tardo Settecento, sono interamente concepite per arpa a movimento semplice. Per comprenderne la dimensione di novità occorre considerare che l’intera riprogettazione dello strumento con l’introduzione dei pedali, a opera di Jacob Hochbrucker, risaliva solo a pochi decenni prima.

 

Fondamentale, nell’esperienza musicale del cecoslovacco Krumpholtz, fu proprio il passaggio nella Vienna di Maria Teresa, dove ebbe modo di conoscere anche il già citato Wagenseil.

 

Anche Christoph Willibald Gluck (1714-1787) aveva trovato in Vienna la culla della sua arte. Qui, nel 1762, debuttò il suo Orfeo ed Euridice, che tra le molte novità introduceva in orchestra un’arpa per l’accompagnamento delle arie di Orfeo nel secondo atto. Nella Danse des Champs Elyseés, eseguita nel disco insieme al flauto di Marcello Gatti, l’arpa torna nella parte di basso continuo secondo la prassi dell’epoca. L’aria più celebre dell’Orfeo, «Che farò senza Euridice», è invece presente nell’arrangiamento per arpa solista di Charles Nicholas Bochsa (1789-1856).

 

Niente meglio dell’opera seria di Gluck testimonia, con il suo enorme successo, la transizione della musica da esclusiva dell’alta società a un’arte sempre più aperta alla dimensione pubblica.

 

The Harp in The Vienna of Maria Theresa è insomma un disco che assomiglia a un intreccio, o ancor meglio: a un racconto. Ne sono protagonisti quei compositori che, interagendo nell’orbita dello stesso regno e della sua capitale, sperimentarono le potenzialità espressive di uno strumento fino a mutarne la struttura e il ruolo.

 

Narratrice ideale di questa storia è Margret Köll, specialista di esecuzioni su strumenti storici, particolarmente a suo agio su questo repertorio forse per la somiglianza dell’arpa a movimento semplice (Luigi XVI), con l’arpa folkloristica diffusa nella sua terra d’origine, il Tirolo.

 

Al suo fianco Il Furibondo String Trio, che con sensibilità espressiva e attenzione filologica contribuisce a riportare in luce le sonorità e le atmosfere vivide del Settecento viennese.

Un momento storico destinato a segnare la storia della musica, la cui voce suona ancora con sorprendente vitalità dopo oltre 250 anni.

Non per niente l’immagine scelta per la copertina, una tartaruga di porcellana realizzata a Vienna proprio in quegli anni, è una rappresentazione simbolica dell’eternità”.

Corrado Trione

Chiara Marola

 

 

 

DimenticandoFrancesca è una società di servizi alla cultura che gestisce promozione, comunicazione e ufficio stampa per diverse realtà di piccola-media scala della musica classica, del teatro e del cinema. Ne fanno parte i due fondatori Corrado Trione, drammaturgo e manager culturale e Chiara Marola, giornalista e musicologa. Molto diversi per formazione, interessi e inclinazioni, Chiara e Corrado sono una coppia (lavorativa) dal 2018 e la somma delle loro competenze è un valore aggiunto alla loro missione, ovvero quella di fare cultura partendo dai contenuti.

 

Entrambi sono convinti che non si può promuovere qualcosa che non si conosce fino in fondo. Tra i clienti (presenti, passati e futuri): EstOvest Festival, Festival del Gran Paradiso, Il Furibondo String Trio, Istituto per i Beni Musicali in Piemonte, Paesaggi Musicali Toscani e Liberazioni-Associazione Museo Nazionale del Cinema.

 

Credits per le fotografie di Margret Köll: ©Armin Linke e ©Lukas Beck

Credit per la fotografia del Furibondo: ©Nuccia Lo Faro

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Articolo pubblicato il 11/06/2020