La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Il falsario gerosolimitano di via Porta Palatina

Sul finire del 1899 e nei primi mesi del 1900, la Questura di Torino è in allarme per la notizia che in commercio girano monete false da due lire. Il questore De Donato ordina delle indagini perché si ha ragione di ritenere che l’ignoto fabbricante si trovi in Torino. Le ricerche risultano inutili fino al 20 di febbraio quando la Polizia riesce a cogliere una traccia anche se molto vaga. Viene incaricato di questa pista il brigadiere della squadra mobile Pietro Soro, al tempo considerato uno dei migliori poliziotti torinesi, vero terrore della malavita, autore di sagaci indagini e di arresti clamorosi.

Soro, scortato da alcuni agenti, prosegue le ricerche per tutta la notte, e finalmente nella mattina del 21 febbraio riesce a entrare nell’officina del falsario, situata in una camera al civico 13 di via Porta Palatina (1).

Il falsificatore viene sorpreso mentre sta lavorando con i suoi stampi.

Appare non poco meravigliato quando si vede davanti gli agenti di polizia. Eppure, sono sue vecchie conoscenze poiché è già stato arrestato in precedenza e condannato, nel 1895, per fabbricazione di falsi nichelini (2).

L’arrestato si chiama Ahhmet Soliman Davide di Abu Alij, ha 36 anni ed è nativo di Gerusalemme.

I lettori de La Stampa fanno così conoscenza con questo curioso personaggio della malavita torinese.

Il cronista spiega che Ahhmet è stato condotto a Torino da un sacerdote già da ragazzo e ha sempre vissuto nella nostra città, dove lavora a volte come calzolaio e a volte esercita l’attività di falsario.

Circa due anni prima ha sposato una ragazza di Lanzo, Rosa Fornelli. La famiglia della giovane era contraria al matrimonio ma lei, innamoratissima, lo ha voluto sposare a tutti i costi, malgrado l’opposizione dei genitori.

Dopo l’irruzione dei poliziotti, Ahhmet si preoccupa di scagionare la moglie, nel tentativo di evitarne l’arresto. Sostiene che soltanto da tre giorni Rosa è venuta a sapere dei sistemi criminosi che lui impiega per tirare avanti e, indignata, voleva abbandonarlo. Preoccupato per le conseguenze dell’abbandono, lui le ha imposto di tacere e lei ha taciuto e non si è mossa.

Queste affermazioni non convincono i poliziotti che ritengono la donna complice, la arrestano e la portano col marito in Questura.

Vengono sequestrati gli stampi per le monete, realizzati in scagliola, e parecchie monete già fabbricate. Sono di un metallo ricavato dalla fusione di cucchiai o forchette di poco prezzo e si distinguono facilmente da quelle vere sia per il loro suono che per la leggerezza.

Questa cronaca del 21 febbraio 1900 pare più esaltare le qualità di investigatore del brigadiere Soro che quelle del falsario originario di Gerusalemme!

Mentre Ahhmet è in carcere per l’istruttoria del suo processo, il 29 luglio di quell’anno, il Re Umberto I, che appare di profilo nelle monete falsificate, viene ucciso a Monza. Gli succede il figlio Vittorio Emanuele III.

Si torna a parlare di Ahhmet nel novembre dello stesso anno.

È stato processato in Corte d’Assise a Torino e, il 6 novembre 1900, è stata emessa la sentenza di condanna. Nella rubrica Reati e Pene de La Stampa la sua vicenda viene considerata da Cini, l’avvocato Lorenzo Rosano (1876 - 1920), apprezzato e carismatico cronista giudiziario.

Cini tratteggia la figura di questo curioso falsario in tono brillante e smaliziato, mostrando una certa simpatia nei suoi confronti.

Leggiamo:

Davide Ahhmet-Soliman di Abu Alij (Corte d’Assise di Torino)

 

È un incorreggibile falso monetario. Ha 36 anni; non alto di statura, ma agile e nervoso; ha due pupille nere; vivacissime; un volto simpatico, terreo. È detto «Il Moro». Parla correntemente il piemontese e la sua parola non esita mai. Ha sposato una buona fanciulla, Rosa Fornelli, che dopo soli tre mesi di matrimonio ha visto distrutta tutta la sua felicità. La persona, non il fatto in se stesso ha dato interesse a questo processo, il primo della quindicina, la quale, invece, conta molte altre cause importanti.

Davide Ahhmet Soliman di Abu Alij fu già due volte condannato in Italia per aver contraffatto in modo meraviglioso monete nostre; ieri la nostra Corte, per la terza volta, dovette infliggere severa punizione al falsario emerito. [La sentenza parla soltanto di una precedente condanna il 10 luglio 1895 per aver speso denaro falso, N.d.A.]

Dal dicembre 1899 al febbraio 1900 il gerosolimitano (poiché egli è nato a Gerusalemme) si dedicò alla coniazione clandestina di monete d’argento da due lire. La moglie, pur riprovando l’operato suo, per timore della sua collera assai... moresca, taceva e sopportava. Così, benché fosse stata trovata pur essa nel piccolo laboratorio dell’Ahhmet nel momento che le guardie vi irruppero, attenta intorno al marito, non fu coinvolta nell’accusa, avendo dimostrato luminosamente la sua innocenza.

[La sentenza ordina la restituzione alla moglie Rosina Fornelli di un piccolo orologio d’oro con catena e di alcuni gioielli, sequestrati al momento dell’arresto, perché è stato provato che sono di sua proprietà, N.d.A.].

Ahhmet-Soliman Davide di Abu Alij, che può di sua vita narrare vicende romanzesche assai, fu condannato a 6 anni ed 8 mesi di reclusione, inaspriti da un aumento di un anno e un mese di segregazione, alla multa di L. 646 ed alla sorveglianza per due anni.

E poi? E poi con calma, perseveranza pazientemente orientale vorrà Ahhmet Soliman ritentare la prova?

 

Sempre da questa cronaca apprendiamo che Ahhmet aveva come difensore l’avvocato Giovanni Saragat del quale abbiamo più volte parlato come cronista giudiziario con lo pseudonimo di Toga-Rasa. È molto probabile che si conoscessero, l’avvocato Saragat abitava poco distante, in via IV Marzo al civico 5, dove dal 2014 una targa ricorda il figlio Giuseppe, eletto Presidente delle Repubblica il 28 dicembre 1964.

Da una annotazione riportata sulla sentenza apprendiamo che il 30 luglio 1901 la pena di Ahhmet viene ridotta di sei mesi per l’indulto concesso dal nuovo Re con Regio Decreto 11 novembre 1900, n. 366.

In conclusione, si presentano alcune domande. Che fine avrà fatto il nostro protagonista? Tornato in libertà avrà di nuovo provato a falsificare monete come ipotizza Cini? La moglie lo avrà atteso fedelmente oppure sarà tornata a Lanzo dai genitori, abbandonandolo al suo destino?

 

Bibliografia

L’arresto d’un fabbricante di spezzati falsi, La Stampa, 21 febbraio 1900.

Cini, Reati e Pene - Davide Ahhmet-Soliman di Abu Alij (Corte d’Assise di Torino), La Stampa, 7 novembre 1900.

 

1 - Il civico 13 di via Porta Palatina si trova nel tratto della via compresa tra via IV Marzo e via della Basilica, dove si affaccia il Palazzo dei Lavori Pubblici del Comune di Torino, il c.d. “Palazzaccio”. Questo tratto di via, in passato fortemente degradato, è stato ampiamente risanato rispetto al tempo della nostra storia e modificato per la demolizione dell’isolato dove oggi sorge il Palazzaccio. Anche il palazzo del civico 13 è stato ampiamente restaurato e nelle stanze del pianterreno si trova un elegante ristorante.

2 - Moneta del valore di venti centesimi di lira italiana, prodotta dal 1894 in bronzo in una lega di nichel, che le ha conferito il nome, e di rame. Sono le monete di metallo non nobile di valore più elevato e vengono ritirate nel 1909 proprio perché molto falsificate.

 

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Articolo pubblicato il 04/11/2020