Il Mouse ha sessant'anni!

Un topolino informatico che è riuscito a rendere meno asettico il computer

Quelli dell’ultima generazione, con comando a infrarossi e senza fili, hanno un po’ alterato la sua immagine storica, quella che gli è valsa il nome di mouse, un topolino informatico che, per alcuni aspetti, è riuscito a rendere meno asettico il computer.

Ebbene, quel semplice apparecchietto, capace di formidabili performance, ha già superato da un bel pezzo l’età della ragione: ha sessant’anni, l’età dei bilanci e delle considerazioni profonde.

Il suo è certo un bilancio positivo, dovuto alla genialità di Douglas Engelbart che, quarant’anni fa, ha brevettato questa periferica costituita, allora, da una struttura in legno con un solo pulsante, entro la quale due dischi perpendicolari e una serie di micro-contatti permettevano di tracciare linee orizzontali e verticali sul monitor.

Da allora, pur essendo tra gli strumenti del computer ad aver attirato maggiormente l’attenzione del design, il mouse non ha subito grosse varianti. Semplicissima anche la sua definizione: “piccolo accessorio manuale che l’operatore muove lungo la superficie della scrivania al fine di puntare un’area dello schermo o di evidenziare delle icone o parti del testo”.

Il puntatore, termine decisamente più freddo e soprattutto troppo tecnico, è comunque la parte del computer maggiormente “umanizzabile”. Forse in ragione della sua forma, è stato spesso accessoriato con piccole orecchi, baffetti e nasino; ha risentito di questo frenesia anche il tappetino, area deputata al mouse, coprendosi di immagini di ogni genere, ben lontane dall’opacità che caratterizza il computer.

Il mouse, al di là delle opportunità tecniche ben note, è uno strumento importante nel rapporto uomo-macchina: infatti consente l’interazione e abbatte notevolmente le barriere che la tastiera, necessariamente, non riesce a superare.

Mentre la tastiera ci impone comunque un codice, la scrittura, il mouse si pone quasi come un’estensione del corpo e permette di “muoversi” sul video secondo una dinamica che ricalca il movimento umano senza troppe apparenti alterazioni gestuali. Un fatto importante nei nostri quotidiani rapporti con il computer, al quale non prestiamo troppa attenzione visto l’uso diffuso che ne facciamo. In realtà però, con un po’ di fantasia, il mouse ci consente una maggiore dominanza della macchina, quasi il suo filo fosse una sorta di immaginaria “briglia” ...

I più allarmisti fanno notare che il mouse ha anche i suoi bei difetti: l’aumento notevole di patologie del tunnel carpale (la guaina entro la quale scorre il nervo mediano della mano) potrebbe avere un’origine nell’eccessivo uso del topolino informatico.

Oggi la sua struttura è sempre più accurata al fine di adattarsi meglio al palmo della mano: la ricerca della perfezione strutturale all’anatomia della mano è forse l’ambito che offre maggiore spazio ai produttori, da sempre in lotta per dare al consumatore un prodotto anche bello da vedere. E, naturalmente, da vendere a prezzo concorrenziale.

Questo di certo può essere considerato un risultato ampiamente raggiunto: basti pensare che i primi mouse della Xerox costavano circa quattrocento dollari!

Anche se non sarà facile eliminarlo, il mouse oggi è al centro di una serie di attacchi diretti a farlo sentire “invecchiato”. La prima ad attentare alla sua posizione è stata quella “pallina” nei computer portatili, che ha fatto perdere all’uomo quel “telecomando” capace di dargli la sensazione di essere un po’ padrone della macchina. Poi sono arrivati sistemi sempre più sofisticati, in origine studiati per chi non può usare le mani: comandi a bocca, con la testa, ginocchia, pedali. Via via diretti anche a chi non è portatore di handicap e realizzati al fine di accelerare l’attività lavorativa. In questo modo sembrerebbe quasi che adesso sia la macchina ad entrare nell’uomo, ad innestare una serie di protesi fittizie per rendere più salda la relazione tra corpo e computer.

A ben guardare il mouse è l’interfaccia più umana possibile nell’ambito dei nostri quotidiani contatti con la macchina: riesce a non farci pendere completamente la nostra identità quando ci troviamo al cospetto del “cervello elettronico” di cui ignoriamo in sacco di cose.

E poi il mouse, a differenza del computer, puoi anche smontarlo per dargli una pulita e rimuovere polvere e frammenti che si annidano tra le rotelle: non è difficile e, se si presta un po’ di attenzione, continua a funzionare bene.

Anzi meglio.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 18/11/2020