Incontro con Giovanna Dissera Bragadin
Giovanna Dissera Bragadin

La protagonista dell’ultimo concerto di Intrecci Barocchi Streaming ci parla della sua carriera e del suo repertorio.

Domenica 27 dicembre con il concerto degli Armonici della Serenissima si è chiuso Intrecci Barocchi Streaming, rassegna che con i suoi undici appuntamenti distribuiti nel mese di dicembre ha raggiunto livelli di ascolto altissimi, che di fatto hanno contribuito a renderla una manifestazione di portata nazionale, sia per la qualità della programmazione – che è andata a toccare molti aspetti del Barocco, spaziando ecletticamente dal repertorio sacro a quello profano, dai generi vocali a quelli strumentali e dal Seicento al Settecento – sia per l’alto livello degli interpreti, in gran parte provenienti da regioni al di fuori del Piemonte.

 

Tra gli artisti impegnati spicca Giovanna Dissera Bragadin, contralto veneziano dal timbro vellutato, che nel corso degli anni si è dedicata con passione alla riscoperta degli autori meno noti della sua città, uno dei quali – come scopriremo più avanti – occupa un posto specialissimo nel suo cuore. Il programma del suo concerto era imperniato sulla affascinante figura di Benedetto Marcello e sui suoi Salmi Davidici, nei quali il “dilettante di contrappunto veneziano” – come amava argutamente autodefinirsi – inserì anche le intonazioni originali in ebraico e utilizzò melodie tradizionali della comunità ebraica, un segno di rispetto tutt’altro che comune nella Venezia dei primi decenni del XVIII secolo.

 

Ma prima di addentrarci in questo affascinante universo musicale, andiamo alla scoperta di Giovanna e delle tappe principali della sua carriera.

«Ho iniziato a studiare il flauto traverso a otto anni grazie a mia mamma, che era organista e conosceva un frate benedettino flautista nell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia: in questo modo ho passato la mia infanzia in quella meravigliosa isola a studiare! A 12 anni ho tenuto il mio primo concerto e in seguito ho proseguito gli studi al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, dove mi sono diplomata prima in prepolifonia (credo di essere stata la più giovane diplomata in prepolifonia: avevo 16 anni e ho preso anche la lode) e poi in flauto traverso e in strumenti antichi».

Un percorso folgorante e ricco di prospettive interessanti, ma… come è entrato il canto nella vita di Giovanna?

 

«Sempre grazie a mia mamma, ho annusato fin da piccola la polvere di tantissime cantorie di Venezia e di altre città che custodiscono organi antichi e insieme abbiamo tenuto molti concerti, lei all’organo e io al flauto. Un giorno a un matrimonio la sposa ci chiese se potevamo eseguire l’Ave Maria di Schubert: mia mamma scrisse le parole sulla parte dell’organo e me la fece cantare... era la prima volta che cantavo: avevo 16 anni e da allora la voglia di cantare non mi è più passata. In seguito presi lezioni da Sara Mingardo e venni ammessa nella classe di canto del Conservatorio di Venezia».

 

Al “Benedetto Marcello”, però, Giovanna non trovò quello che cercava, ossia una proposta didattica che le consentisse di dedicarsi anima e corpo al repertorio preromantico.

 

«Infatti, io ho sempre amato la musica antica, ma purtroppo in quegli anni al Conservatorio di Venezia non esisteva ancora il dipartimento di musica antica e la classe di canto si concentrava solo sul repertorio lirico. Così, vuoi per l’insegnante vuoi per la mia vocalità, non sono mai riuscita a cantare un’aria per intero! Questa situazione mi spinse ben presto a desistere e a ritirarmi dal Conservatorio, per proseguire la carriera di flautista. Nonostante questo, il canto mi era rimasto nel cuore e a 35 anni ho ripreso a studiare con Sherman Lowe, un bravissimo insegnante americano residente a Venezia, che con pazienza mi ha aiutato a scoprire la mia vera vocalità. Quando sono stata pronta era un po’ tardi per fare carriera, ma alla fine la mia caparbietà è stata premiata!».

 

A Venezia vissero e operarono molti compositori di grandissimo talento, molti dei quali aspettano di essere rivalutati.

«In effetti, Venezia è sempre stata una città prolifica di compositori (basti pensare a Tomaso Albinoni, ai fratelli Benedetto e Alessandro Marcello, a Baldassare Galuppi, per non parlare di Antonio Vivaldi), molti dei quali attendono ancora una riscoperta organica. Antonio Caldara è un autore armonicamente estroso e mai banale, che morì a Vienna come Vivaldi, cinque anni prima del Prete Rosso, un destino comune che trova un’ulteriore analogia nel fatto che entrambi si chiamavano Antonio. Amo immensamente Caldara (forse anche perché sposò Caterina Petrolli, un contralto come me, che prestò servizio per anni alla corte del principe Francesco Ruspoli, uno dei mecenati più munifici di Roma) e mi sono fatta l’idea che fosse una persona un po’ particolare. Per esempio, in molte sue opere – anche sacre – usava strumenti come i tromboni in grado di creare sonorità quanto mai peculiari».

 

Di Caldara Giovanna ha registrato di recente in video Il martirio di Santa Caterina, un bellissimo oratorio che è stato riproposto in prima esecuzione moderna grazie a una coproduzione del Roma Festival Barocco diretto da Michele Gasbarro e la stagione concertistica dell’Accademia Corale “Stefano Tempia”.

«Il martirio di Santa Caterina è il primo oratorio di Caldara che canto e per me è stato un sogno che si è avverato! La musica è semplicemente meravigliosa e tutte le arie sono molto articolate, dando a ogni personaggio un’identità ben precisa. La parte dell’Angelo che ho eseguito è stata concepita per un contralto, un fatto che mi ha spinta a chiedermi se l’abbia scritta per sua moglie. In genere le parti degli angeli venivano affidate ai soprani ... chissà?».

 

Oltre a questo imponente progetto, che ha visto Giovanna affiancata da un eccellente cast di cantanti e dall’ensemble di strumenti originali Camerata Accademica di Padova diretto da Paolo Faldi, la mia interlocutrice sta registrando un disco di cantate di Caldara, che verrà pubblicato il prossimo anno dall’etichetta inglese Elegia Classics.

«Anche nelle cantate Caldara è stato molto prolifico, come dimostra il suo catalogo, che comprende più di 300 opere di questo genere, un fatto quasi incredibile, se si considera la loro altissima qualità artistica. In effetti, sto registrando alcune cantate di Caldara: spero ardentemente di portare presto a termine anche questo progetto, perché purtroppo a causa della pandemia le cose sono andate un po’ a rilento, ma ce la faremo sicuramente!».

 

Veniamo ora a Benedetto Marcello. Nel concerto trasmesso in streaming Giovanna ha eseguito tre salmi tratti dalla celebre raccolta Estro poetico-armonico, pubblicata nel 1724 dall’editore veneziano Domenico Lovisa.

«Benedetto Marcello è un altro compositore che amo moltissimo, un nobile e dotto veneziano che con il fratello Alessandro doveva comporre ogni mattina dei sonetti per il padre. In seguito, Benedetto scrisse Il teatro alla moda, un graffiante libro che metteva alla berlina il mondo dello spettacolo della sua epoca, oltre a un gran numero di cantate (molte delle quali ho trascritto) e questi bellissimi salmi, che videro la luce verso la fine della sua vita, a quanto si dice per un episodio che lo aveva turbato profondamente. In precedenza, Benedetto aveva sposato in gran segreto Rosanna Scalfi, una popolana che svolgeva la professione di cantante di gondola (e di cui posseggo la musica di una quindicina di cantate).

Questa segretezza gli era stata imposta dal fatto che all’epoca i nobili che sposavano una popolana perdevano l’eredità, una prospettiva che spinse Marcello a compiere una scelta che in cuor suo sentiva profondamente ingiusta. Un giorno, entrando nella Chiesa dei Santi Apostoli di Venezia, il compositore cadde in una tomba aperta che non aveva visto e rimase talmente scosso da pensare che fosse un anatema di Dio per aver infranto le regole paterne.

Da quel momento si dedicò totalmente a comporre i 50 Salmi Davidici parafrasati da Girolamo Ascanio Giustiniani, chiamando questo monumentale lavoro Estro Poetico-Armonico. Come Caldara, anche Marcello amava moltissimo la voce del contralto ed era convinto che i violini coprissero troppo la parte vocale.

Per questo motivi, l’organico di questi 50 salmi non prevede violini, ma viole, viola da gamba e il basso continuo, chiamati ad accompagnare la parte vocale, che comprende da uno a quattro cantanti. In ogni caso l’aspetto più interessante di questa raccolta è rappresentato dalle melodie ebraiche che Marcello utilizzò in alcuni salmi, inserendo dapprima la melodia pura con il testo ebraico (con la particolarità che la musica si legge da destra a sinistra) e poi la stessa melodia armonizzata.

Credo che sia l’unico esempio conosciuto del genere. Questa insolita apertura nei confronti delle tradizioni ebraiche potrebbe trovare spiegazione nel fatto che Marcello abitava molto vicino al ghetto veneziano e che nel XVIII secolo Venezia era una delle città più cosmopolite d’Europa e il crocevia di parecchie culture diverse».

 

In questo concerto Giovanna si è esibita con gli Armonici della Serenissima, un ensemble di recente costituzione.

«Gli Armonici della Serenissima hanno avuto origine dalla storica amicizia che mi lega al soprano Francesca Scaini, alla quale si è ben presto aggiunto l’organista Luigino Favot, e dal desiderio di fare musica insieme, portando ognuno il proprio contributo e le proprie competenze. Si tratta di un gruppo dall’organico variabile, che in questo concerto ha visto la partecipazione anche della bravissima violista Silvia De Rosso».

 

In questo periodo dell’anno, quando mancano ormai pochi giorni all’inizio dell’anno nuovo, non può mancare un accenno ai progetti futuri e ai sogni nel cassetto che ognuno di noi ha in serbo.

«In questo momento ancora funestato dal Covid ho più sogni che progetti, come credo che sia per la maggior parte di noi. Tuttavia, come si sa, qualche volta i sogni si avverano. In particolare, mi piacerebbe che a Venezia si potesse fare un festival dedicato alla musica barocca, magari una stagione di oratori da presentare nella chiesa dove nel Settecento si eseguivano queste splendide opere. Sarei anche felice di interpretare lo Stabat Mater e i due Salve Regina di Vivaldi e molte altre opere… sulle mie aspirazioni potrei continuare ancora a lungo!».

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 28/12/2020