La Festa delle Feste - Parte 2

Tra le tante vittime del Covid anche l’antico rito del Carnevale

3. La struttura del Carnevale

 

Fermo restando che non tutti i carnevali si attengono a regole comuni e condivise, lo studio di queste feste tradizionali ha comunque concesso di constatare la presenza di una struttura codificata, determinate da uno svolgimento costituito da fasi che consentono di reggere la “storia” costituente la struttura portante del rito collettivo.

In genere si registrano:

  1. la personificazione del Carnevale (umana o animale)
  2. il suo giudizio (non sempre si tratta di un processo vero e proprio)
  3. la condanna
  4. testamento del Carnevale
  5. morte e funerale
  6. ricorso alla maschera
  7. importante rilevanza del cibo
  8. ricorrente la danza.

 

3.a La personificazione del Carnevale può essere in parte legata alla figura del re dei Saturnali, oggi traslata su soggetti simbolici, quali fantocci che subisco processi e condanne secondo un iter sostanzialmente definito, ma con varianti di carattere locale.

 

3.b La maschera è parte integrante del Carnevale: anche in questo caso le sue varianti sono molteplici; il ricorso alla maschera locale, con precise valenze sul piano della caratterizzazione campanilistica, va considerata un’esperienza recente, che ha il proprio humus sui generici travestimenti (ricorrenti quelli animali) che caratterizzavano le feste delle calende, a cui il Carnevale in parte si lega, e origine di accese polemiche in seno alla Chiesa altomedievale.

Emblematica in questo senso la testimonianza di Cesario di Arles (VI secolo): "quando arriva la festa delle calende di gennaio, vi rallegrate stupidamente, diventate ubriaconi, vi scatenate in canti erotici e giochi osceni (...) Se non volete partecipare al loro peccato collettivo (quello di chi era direttamente coinvolto nei  festeggiamenti, n.d.a.), non  permettete  che vengano in corteo, davanti a casa vostra, mascherati da cervi, da streghe, da una qualunque bestia; rifiutate di dar loro la strenna, biasimateli, correggeteli e, se potete, impedite loro di agire così" (Cesario di Arles, Sermones au peuple, a cura di M.J. Delage, t. I, Parigi 1971).

Non va ignorato che fino a tempi relativamente recenti, i più occasioni, nei sinodi diocesani furono segnalate numerose forme di trasgressione caratterizzanti i riti di Carnevale (non solo naturalmente) che allarmarono le chiese locali soprattutto per la presenza di pratiche che trasudavano paganesimo.

 

3.c Una presenza fortemente simbolica all'interno del meccanismo rituale del Carnevale, come in genere in molte altre delle feste popolari, è costituita dal cibo che, soprattutto in ambiente agropastorale, svolge un ruolo fondamentale. Nel caso specifico delle celebrazioni, religiose e laiche, risulta un elemento aggregante, emblematico è  il caso delle “Fagiolate”, della festa del Re Gnocco, o delle tante generiche “sagre”.

Ma soprattutto è importante la valenza simbolica che viene riconosciuta al prodotto alimentare, espressa per livelli, ognuno dei quali dotato di una propria potenzialità simbolica: caratteristici sono i casi della torta dedicata alla Madonna, dei dolcetti di San Giuseppe, o dei pani di carità di Santa Chiara e Santa Rita.

Il cibo è un “segno” particolarmente chiaro e indicativo nella meccanica del Carnevale, in quanto risulta uno dei componenti più idonei per sottolineare il trionfo del corporeo, la vittoria - se pur momentanea  - del piacere fisico prima dell’austerità della Quaresima.

 

4. Le tante facce di un rito popolare

 

La ritualizzazione della fine delle scorte invernali che precedeva l’inizio del periodo di astinenza prima della bella stagione (periodo divenuto la Quaresima nella tradizione cristiana) è immediatamente stata trasferita nel sinonimo di festa, di trionfo dell’esaltazione dei beni materiali prima del loro abbandono, in attesta di un altro periodo ricco di nuovi frutti: quei frutti indispensabili per continuare il ciclo esistenziale terreno.

 

Il momento del “peccato”, l’apoteosi del pagano prima della purificazione, ha lentamente assorbito all’interno delle propria struttura celebrativa elementi nuovi, provenienti anche da culture esterne alla tradizione.

Anche la forma più grottesca assume un’importanza fondamentale all’interno della struttura rituale, in cui si sono via via innestate formule giunte da volontà chiaramente dirette a connettere la tradizione locale al modello celebrativo del Carnevale.

 

Va osservato che il Carnevale è rimasto incuneato nell’anno liturgico cristiano come un relitto pagano trasformato; comunque il tempo liturgico cristiano, al di là delle  coincidenze simboliche, non risulta più legato ai ritmi della natura, ma appare in relazione ad una storia di salvezza che accomuna i fedeli.

Non di rado il Carnevale è stato antropomorfizzato, diventando un essere animato in cui sono confluiti i modelli simbolici di un passato mai completamente perduto e profondamente radicato nella cultura popolare tradizionale.

Il momento di aggregazione collettiva rinnova nella festa permessa, malgrado tutto, un’opportunità per riaffermare la propria origine e acquistare ancora quei toni quasi magici che hanno accompagnato, le manifestazioni culturali precristiane.

Ad esempio, l’elezione di un “re-sacerdote” officiante, è ancora la traccia concreta di un modus operandi tipico delle celebrazioni precristiane, in cui era attiva una figura catalizzante che innescasse il rituale e arrestasse il vortice dei festeggiamenti quando questo superava il periodo assegnatogli.

È difficile però ricercare una concreta connessione tra i “nostri” carnevali e le manifestazioni rituali di un passato arcaico in cui la festa che genericamente definiamo Carnevale, ebbe un’opportunità concreta per maturare e irrobustirsi.

 

Resta comunque il fatto che le interpretazioni del Carnevale sono molteplici, così come sono innumerevoli le sue modificazioni nei singoli contesti in cui ha trovato affermazione e diffusione.

Nel suo reiterarsi all’interno di un rituale definito, il Carnevale è vissuto come un ciclo eterno e ripetitivo, basato su eventi inscritti nella Natura, percepita come luogo normativo della divinità. Infatti il tempo liturgico cristiano, al di là delle apparenze esteriori, non risulta connesso ai ritmi della Natura, ma ad una storia di salvezza, che non trova accordi con la tradizione folklorica.

 

Anche ad una osservazione superficiale, ci si rende conto che il Carnevale, analogamente  ad altri costumi e tradizioni le cui radici affondano nel paganesimo, ha  dovuto, come ha potuto, armonizzarsi con la simbologia e le ricorrenze cristiane, mantenendo inevitabilmente elementi di ambiguità e di dissonanza rispetto ai valori del calendario liturgico, in cui è rimasto in qualche modo impigliato.

 

Julio Carlo Baroja, autentica autorità sull’argomento, poneva in rilievo che “il nostro carnevale, lo si voglia o no, è figlio (per quanto prodigo) del Cristianesimo o, per dir meglio, non esisterebbero, per lo meno nelle forme che esso ha assunto fin dalle epoche oscure del Medio Evo europeo, senza il contrappeso della Quaresima. E propriamente nel Medio Evo, si definiscono i suoi caratteri fondamentali.

 

Ciò non toglie che, all’interno del ciclo carnevalesco fossero inglobate numerose feste d’origine pagana: per tal modo, il Carnevale enfatizzò un periodo in cui quelli che potremmo chiamare i valori pagani della vita vengono in contrasto con l’esaltazione dei valori cristiani, propri del successivo tempo di contrizione” (Il Carnevale, Genova 1989, pag. 20).

 

Tale contrasto appare particolarmente evidente nella raffigurazione simbolica costituita dal combattimento tra il Carnevale e la Quaresima: ma l’occasione per infrangere le regole,  ma nello a renderle per stesso tempo per confermarle.

 

(continua)

 

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Articolo pubblicato il 11/02/2021