Trent’anni dalla morte di Giovanni Malagodi cosa rappresentano?

Ne parliamo con lo storico Pier Franco Quaglieni

A trent’anni dalla scomparsa di Giovanni Malagodi, lo storico Professor Pier Franco Quaglieni tratteggia un profilo del grande leader liberale, calato nel contesto politico del tempo e non solo.

Professor Quaglieni, sono ormai trascorsi trent’anni da quel 17 aprile 1991. Il quadro politico è radicalmente cambiato e non c’è più traccia del glorioso Partito Liberale Italiano, ultimo erede del Risorgimento, con radici profonde nello Stato di Diritto.

“Era il 1991, eravamo ancora nella I Repubblica, a Malagodi fu risparmiato di assistere alla fine del partito liberale e alla chiusura della storica sede di via Frattina a cui provvide un oscuro personaggio politico di Mondovì che fu il necroforo di un partito che storicamente aveva le radici nel Risorgimento anche se era nato formalmente nel 1922 alla vigilia della marcia su Roma. Forse nessun partito ebbe una nascita e una morte così infelice.

Con Malagodi il personaggio di Mondovì non sarebbe mai diventato né deputato né ministro. Il partito liberale chiuse i battenti e non riuscì più a riaprire, malgrado molti si dichiarassero liberali.
Sembra quasi un paradosso. Io in questa intervista parlo da storico, evitando i giudizi personali che pure ho, ma che non reputo importanti”.

Chi fu Malagodi ?

“Fu il maggiore liberale del secondo Novecento. Prima di lui c’erano stati Cavour, Giolitti, Croce, Einaudi e Soleri. Gli altri leader liberali non contarono quasi nulla. Il PLI risorto a nuova vita nel 1944 dopo la Liberazione di Roma mancava di un capo carismatico dopo la morte immatura di Marcello Soleri nel 1945. Solo nel 1954 trovò il leader giusto in Malagodi.

Villabruna era una nobile figura, ma inconsistente politicamente, Manlio Brosio era uscito dal partito per fare l’ambasciatore e per dissensi su Monarchia e Repubblica che fu un tema che dilaniò il partito per tanti anni anche dopo il referendum del 1946.

Vittorio Badini Confalonieri era troppo signore e uomo indipendente per essere un leader politico. Francesco Cocco Ortu che fu l’alternativa a Malagodi nel 1954, non aveva l’appoggio del partito per divenirne il segretario.

Malagodi era un economista di stampo anglosassone cresciuto alla COMIT di Mattioli e apparteneva ad una famiglia liberale e giolittiana.”

Cosa fece come segretario del PLI ?

“Secondo Niccolò Carandini si lasciò affittare (sic) dall’Assolombarda che certo sostenne il PLI, ma l’accusa non regge storicamente.
Egli proseguì nella scelta centrista del PLI che non aveva altre scelte.

Poi con il centro- sinistra venne estromesso dal governo dove entrarono i socialisti per volontà della Dc  che fece l’apertura a sinistra a cui si oppose Malagodi e nel 1963 raccolse oltre il 7 per cento dei voti.

Il centro - sinistra varò tra il resto le Regioni a statuto ordinario a cui il PLI si oppose, vedendo lo sperpero di denaro pubblico che comportavano e la minaccia all’Unita nazionale.

Oggi ci rendiamo conto che quell’opposizione era giusta e lungimirante. Ma il clientelismo e la corruzione del centro - sinistra rese vana l’opposizione liberale che dopo il 1963 incominciò a declinare. Il liberalismo di Malagodi per quanto non oligarchico, finì  di perdere consensi a vantaggio del nuovo repubblicanismo di La Malfa incardinato nel centro- sinistra di cui fu la mosca cocchiera.

Se oggi guardiamo a Malagodi e a La Malfa, vediamo la grandezza del primo e i limiti del secondo che assecondò suo figlio in politica.
L’Italia avrebbe avuto bisogno assoluto di liberali veri alla Malagodi, ma non li ebbe. Aggiungo che avrebbe bisogno di liberali veri anche oggi, ma di gente simile a Malagodi, uomo colto e preparatissimo, non c’è neppure l’ombra.

Che tristezza”.

Grazie Professor Quaglieni

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 18/04/2021