Un americano a Colonia

Il direttore americano Michael Alexander Willens ci parla della sua straordinaria attivitŕ musicale con l’ensemble di strumenti originali Kolner Akademie.

In un mondo musicale che privilegia spesso la specializzazione – a volte in maniera decisamente eccessiva – è sempre un piacere incontrare un interprete in grado di spaziare tra generi, stili e autori diversi, interpretandoli in maniera convincente e senza falsi dogmi alla luce della propria sensibilità artistica. A parere di chi scrive, un musicista non dovrebbe mai chiudersi in un ambito troppo ristretto, perché nella storia della musica non esistono isole separate, ma movimenti, periodi e compositori influenzati da stili precedenti, che a loro volta si sono rifatti a esperienze musicali più antiche. In altre parole, non è possibile accostarsi con la necessaria autorevolezza al Romanticismo senza avere prima approfondito il Classicismo viennese e il Barocco e i compositori del Novecento storico sarebbero difficilmente comprensibili senza aver prima studiato il vasto repertorio ottocentesco.

 

Tra gli artisti più versatili e dagli orizzonti più vasti spicca il nome del direttore americano Michael Alexander Willens che, dopo avere studiato direzione d’orchestra con John Nelson alla Juilliard School di New York ed essersi perfezionato a Tanglewood con Leonard Bernstein (un altro interprete di straordinaria ecletticità), ha iniziato a dedicarsi con profitto a un repertorio vastissimo, che parte dal Barocco e dal Classicismo per arrivare fino al Romanticismo e agli stili contemporanei, senza per questo trascurare il jazz e il pop di qualità.

 

Oggi Willens è conosciuto soprattutto per l’intensa attività concertistica e discografica che porta avanti con la Kölner Akademie, una formazione di strumenti originali con sede a Colonia, che gode di una fama sempre maggiore per la proprietà stilistica con cui riesce ad accostarsi sia ai capolavori di Mozart e di Beethoven (di cui ha registrato per l’etichetta svedese BIS ragguardevoli integrali dei concerti per pianoforte e orchestra, con il celebre virtuoso di fortepiano olandese Ronald Brautigam) sia a opere dimenticate da secoli.

 

«La Kölner Akademie costituisce la realizzazione di un sogno che ho accarezzato molto tempo fa», ci confida Willens, «un sogno sbocciato dal desiderio di dare vita a una formazione di strumenti originali che non si limitasse a eseguire le opere più note del repertorio del Sei-Settecento con un approccio storicamente informato, ma che fosse anche in grado di andare alla riscoperta della produzione dei compositori un tempo importanti che hanno influenzato Bach, Haydn, Mozart e Beethoven e che oggi per varie ragioni sono caduti ingiustamente nell’oblio. Io e la Kölner Akademie abbiamo avuto la fortuna di tenere molti concerti in tutto il mondo e di registrare oltre 70 dischi per etichette di primo piano come la CPO e la BIS, che ci hanno permesso di creare un patrimonio musicale in costante crescita. Questi dischi presentano sia i lavori più noti di Mozart, Beethoven e Mendelssohn sia prime registrazioni mondiali di compositori trascurati, che a mio modo di vedere meriterebbero una maggiore considerazione. Una volta che la pandemia sarà finita, spero ardentemente di poter riprendere a pieno regime a dare concerti e a registrare dischi».

 

Un’attività, come dicevamo molto vasta, alla quale Willens ha saputo abbinare una grande qualità, trovando sempre le sfumature esecutive più appropriate. Verrebbe quasi da chiedergli quale sia il suo segreto. «Per prima cosa, cerco sempre di scoprire più informazioni possibili sul compositore a cui mi accosto, approfondendone non solo lo stile e le influenze, ma anche la vita quotidiana. Inoltre, quando è possibile ascolto e studio anche le opere più significative degli autori a loro contemporanei, allo scopo di informarmi sulle correnti artistiche e musicali dell’epoca e addirittura sulla situazione politica. In questo modo, posso capire meglio il contesto storico e artistico in cui vennero composte le opere che dirigo. Per fortuna, oggi su internet è possibile reperire molto materiale utile per dare vita a un’interpretazione storicamente informata, senza perdere troppo tempo in viaggi in giro per l’Europa».

 

Uno degli autori più amati da Willens è senza dubbio Georg Philipp Telemann, alla cui produzione sacra ha dedicato il suo ultimo disco, che in realtà fa parte di un progetto molto ambizioso e articolato. «Sì, si tratta di un progetto a cui tengo moltissimo, che ha avuto inizio qualche anno fa, quando il direttore artistico della CPO Burkhard Schmilgun mi chiese di registrare una serie di cantate natalizie di Telemann. Questa proposta mi rese molto felice, perché – a mio modo di vedere – Telemann ha sempre goduto di una fama nettamente inferiore rispetto ai suoi meriti.

 

Schmilgun rimase molto soddisfatto di questo primo disco e mi offrì la possibilità di proseguire l’esplorazione dello sterminato corpus sacro del compositore di Magdeburgo, un cammino che ho portato avanti con la preziosa collaborazione della dottoressa Christiane Lehnigk della Deutschlandfunk. A questo punto, spero di registrare una intera annata di cantate sacre, un progetto colossale di cui comunque siamo ancora in una fase iniziale.

 

Purtroppo, il programma degli ultimi due dischi di questa serie è stato limitato dalle restrizioni legate alle misure prese per il contenimento della pandemia di Covid-19. Per cercare di risolvere questo problema, ho chiesto al dottor Klaus Winkler, che già in passato si era rivelato per me una risorsa della massima importanza, di elaborarmi un programma di cantate, che potessero essere eseguito con non più di quattro cantanti e un ensemble strumentale di dimensioni limitate. Ovviamente, questa richiesta ha limitato il novero di opere, ma nonostante questo siamo riusciti a individuare parecchie cantate di grande bellezza rimaste fino a questo momento del tutto inedite, che sono andate a costituire dischi che personalmente ritengo molto interessanti».

 

Dischi – aggiungo io – non solo interessanti ma di ascolto estremamente gradevole, sia grazie alla maestria compositiva di Telemann sia all’alto livello interpretativo di Willens e del suo ensemble. Per scoprire queste opere di rarissimo ascolto, ho chiesto a Willens di tracciarne un quadro stilistico. «Come certamente sa, a partire dagli anni Venti del XVIII secolo Telemann scrisse ogni anno un ciclo di cantate per le chiese principali di diverse città, che spesso venivano eseguite la stessa domenica non solo ad Amburgo dove viveva, ma anche a Eisenach e a Francoforte sul Meno. Capisce? Ogni settimana opere nuove, un fatto per noi moderni quasi inconcepibile.

 

Telemann affrontò questo immane compito conferendo a ogni ciclo un carattere peculiare: per esempio, due cantate presentate in questo disco fanno parte del cosiddetto “ciclo annuale senza recitativi”, che comprende opere dallo stile molto personale, ma legate da un elemento comune, che in questo caso è rappresentato dalla totale assenza di recitativi. Questa scelta consentì all’autore dei testi delle cantate di lavorare un po’ meno, visto che doveva scrivere solo i versi delle arie, alle quali venivano poi aggiunti gli appropriati passaggi biblici e brani tratti dagli antichi corali luterani.

 

Ovviamente, queste opere presentano anche altre caratteristiche speciali, tra cui un organico molto ridotto, con appena quattro cantanti, gli archi e il basso continuo. Inoltre, i testi sono pervasi da una austera solennità (in linea con il tema della morte in croce di Cristo, sul quale si basa tutta la liturgia pasquale) e da un’atmosfera molto intima, che si pone in netto contrasto con quanto si ascolta di solito nelle celebrazioni pasquali».

 

Accanto ai titoli dedicati a Telemann e a Beethoven, nella discografia di Willens spiccano due dischi incentrati sulle opere sacre di Francesco Durante, un compositore attivo a Napoli molto apprezzato da Bach, ma oggi assai poco eseguito. «A mio parere, Francesco Durante è uno degli eroi meno noti e celebrati della Scuola Napoletana, che ha avuto la sfortuna di venire oscurato dai suoi grandi allievi, non solo Giovanni Battista Pergolesi, ma anche Niccolò Jommelli e Giovanni Paisiello. Questa è la mia percezione, ma non escludo che in Italia siano presenti ensemble che si dedicano alla riscoperta e alla rivalutazione delle opere di Durante. Da parte mia, mi piacerebbe continuare la mia esplorazione di questo splendido compositore».

Di fronte a quest’ultima frase, mi è venuto spontaneo chiedere al mio interlocutore se, oltre a Durante, tra i suoi interessi ci fosse qualche altro compositore italiano. La risposta di Willens non poteva essere più eloquente. «Assolutamente sì! Alcuni anni fa abbiamo registrato un programma di straordinaria bellezza incentrato su Girolamo Abos, un compositore nato a Malta, ma trasferitosi a Napoli a soli 10 anni di età, per cui possiamo ritenerlo italiano a tutti gli effetti. A proposito di Abos, va sottolineato il fatto che fu uno degli allievi più dotati di Durante, una circostanza che lo rende doppiamente interessante e che mi spinge a studiare con sempre più impegno la sua musica. Poi, oltre ad Abos, prima e poi vorrei dedicarmi a Leonardo Leo, Giovanni Bononcini e Nicola Porpora, autori di opere bellissime e in gran parte ancora di riscoprire».

 

E cosa pensa del pubblico italiano Willens? «Nel corso degli ultimi anni io e la Kölner Akademie ci siamo esibiti in tutti i principali festival italiani e devo dire che il pubblico ci ha sempre accolti con calore e grande simpatia. Quando sarà finalmente finita la pandemia, spero di poter venire di nuovo a esibirmi in Italia; la nostra manager si sta già impegnando in tal senso».

Per finire, non poteva mancare un cenno ai progetti futuri (sempre Covid permettendo!). «Come può immaginare, abbiamo in programma parecchi progetti: uno si intitola “Leipzig Metamorphosis” e vede la bravissima violinista Elicia Silverstein alle prese con i celebri concerti per violino e orchestra di Johann Sebastian Bach e di Felix Mendelssohn. Poi proseguiremo la fruttuosa collaborazione con il fantastico fortista Ronald Brautigam con la registrazione di tutti i concerti per pianoforte e orchestra di Johannes Wilhelm Wilms, compositore di cui nel 2022 si celebrerà il 250° anniversario della nascita.

 

Poi registreremo in prima mondiale un disco con i sepolcri di Johann David Heinichen, che verrà pubblicato per la Pasqua del prossimo anno, le sinfonie della splendida compositrice tedesca Emilie Meyer, i concerti per pianoforte e orchestra di Johann Nikolaus Forkel (conosciuto soprattutto per essere stato il primo biografo di Johann Sebastian Bach, ma anche compositore di notevole talento), un’operetta di Joseph Wölfl e alcune operette in un atto di Jacques Offenbach.

 

Se la situazione sanitaria lo consentirà, nei prossimi mesi terremo concerti in Israele, in Olanda, in diverse città dell’America Latina e ovviamente in Germania, dove presenteremo in prima esecuzione moderna l’oratorio Saul di Ferdinand Hiller, un’opera ciclopica dalle dimensioni paragonabili a quelle dell’Elijah di Mendelssohn e scritta più o meno nello stesso periodo».

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Articolo pubblicato il 12/06/2021