La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini

Storie di ballerine

Concludiamo la nostra ricognizione tra le “coppie che scoppiano” nella Torino degli anni ’50 del Novecento, esaminando alcune storie che vedono nel ruolo di “rovina-famiglie” non più le dattilografe, come in precedenti racconti, bensì le ballerine.

Questa categoria professionale appare nelle cronache con relativa frequenza. Abbiamo così scelto alcune storie più intriganti per proporle ai Lettori di Civico 20 News.

La prima è riportata da La Stampa del 16 ottobre 1952 e si svolge nel Borgo San Donato.

Così la racconta il cronista:

Clamorosa scenata, l’altra notte, in una casa di via Principessa Clotilde. In un alloggio del terzo piano abitano da circa cinque anni due coniugi, lui di 34 anni, e lei di 31. L’uomo, sino all’altra notte, poteva dirsi fortunato: aveva sposato una graziosa donna proprietaria di un piccolo ma avviato stabilimento meccanico e padrona altresì di alcuni appartamenti nello stabile.

Tutto sarebbe andato bene, se egli non avesse avuto le debolezze di ingolfarsi a ripetizione in una serie di avventure extra coniugali. Più volte la moglie, che tuttavia non era mai riuscita a sorprenderlo, l’aveva diffidato: in caso contrario, da donna energica, avrebbe preso drastici provvedimenti.

Domenica la signora partiva in automobile con alcuni parenti per recarsi a Genova sua città natia. Sarebbe ritornata, a suo dire, non prima di sabato.

Il marito, da impenitente dongiovanni, approfittava della sua assenza per concludere nel più piacevole dei modi la conoscenza con una ballerina che da tempo corteggiava.

 

È opportuno precisare a questo punto che non si parla certamente di danzatrici di balletti classici: il termine “ballerina” non evoca Il Lago dei Cigni ma piuttosto film come L’Angelo Azzurro (1930) e Cabaret (1972). Le ballerine protagoniste di queste storie lavorano nei locali notturni e nell’avanspettacolo.

Si configura una situazione decisamente peccaminosa che il nostro marito, con vero sprezzo del pericolo, ha deciso di vivere addirittura nell’alloggio coniugale, malgrado le ammonizioni della moglie. Come molti fedifraghi, è pronto a credere al consorte che gli annuncia una lunga assenza col rientro lontano nel tempo - condizione ideale per un’avventura galante! – senza subodorare la trappola.

Così…

 

mentre i due amanti se ne stavano tranquilli nell’alloggio ecco che verso la mezzanotte il campanello squillava insistentemente.

Il marito, non sospettando lontanamente che potesse trattarsi della sua legittima consorte, si infilava una vestaglia e andava ad aprire.

La moglie capiva al volo la situazione e si precipitava all’interno dell’appartamento come una furia. Scoppiava una baruffa furibonda. Gl’inquilini udivano grida e strilli. Alcuni s’affacciavano sulle scale e tra essi un sottufficiale di P. S. che abita all’ultimo piano. Egli assisteva, senza avere però il tempo d’intervenire, ad una scena davvero insolita: i tre s’azzuffavano sul pianerottolo e ad un certo momento la signora, con le forze centuplicate dall’ira, rifilava agli amanti un tale spintone da farli ruzzolare giù per le scale.

Finalmente il sottufficiale poteva intervenire e l’incontro di pugilato e lotta libera aveva fine. Ma la signora si mostrava irremovibile. Dichiarava al marito: «Tu in questo alloggio non metterai più piede. Questa è casa mia. E domattina non presentarti in stabilimento perché nemmeno là io ti voglio».

Il marito, raccolte le sue robe, riteneva prudente allontanarsi in compagnia della ballerina, sperando nella futura clemenza della moglie. Ma questa speranza doveva risultare completamente vana. Ieri mattina egli si recava, come di consueto, nello stabilimento meccanico della moglie di cui è direttore. Ma il custode non lo lasciava entrare, la signora aveva dato ordini precisi. Inutile insistere, inutile gridare, l’uomo era costretto a battere in ritirata.

 

Una moglie decisamente energica e decisionista. Invano il marito invoca aiuto dalla Polizia.

 

Egli si è recato in Commissariato ad esporre la faccenda e dal Commissariato è stato consigliato a rivolgersi ad un legale. Una grossa questione giudiziaria è così in vista.

 

Questa la malinconica conclusione dell’articolo che fin dal titolo «Per amore di una ballerina ha perduto la moglie, la casa e il posto da direttore» esprime l’implicita riprovazione per una tipologia di donna in grado di rovinare completamente un uomo.

La nostra ricognizione prosegue con un secondo caso che assume una declinazione decisamente meno drammatica con un crescendo da commedia brillante, proposto da La Stampa di domenica 27 luglio 1952.

Leggiamo:

Tutto un caseggiato in borgata Parella è stato messo a rumore ieri verso mezzogiorno per una scenata fuori dell’ordinario. Il protagonista è un uomo di 43 anni, Guglielmo F., padre di tre bambini, ammogliato da circa 20 anni e rappresentante di articoli ortopedici.

Quattro settimane fa, per motivi di lavoro, il piazzista si recava a Parigi.

Gli affari andavano bene. In due giorni egli sbrigava tutti gli impegni ed al terzo si concedeva una piacevole pausa recandosi alla sera in un locale di Place Pigalle.

Qui, dopo uno spettacolo indubbiamente eccitante, dopo una cenetta cara ma piacevole, stringeva una calorosa amicizia con una ballerina: alta, altissima, bionda. Di nome Edith.

Il commerciante era trasportato sulle onde dell’entusiasmo e non soltanto si dimenticò di confessarle che era padre di ben tre figli, ma le dichiarò che a Torino godeva di molte amicizie, mediante le quali sarebbe stato possibile assicurare alla ballerina un vantaggiosissimo contratto.

«Vieni, vieni al più presto e mi ringrazierai per sempre» - Queste furono le parole di commiato.

Trascorse un mese. Edith, recentemente, ebbe una scrittura a Berna. Completata la tournée e trovatasi in possesso di qualche risparmio, la bionda parigina pensò che fosse giunto il momento di sfruttare il biglietto da visita del bruno italiano, che ancora conservava nella borsetta. Detto e fatto, con capricciosa audacia saliva su un aereo e in breve giungeva a Milano. Di qui in un soffio era a Torino.

 

Dopo l’antefatto, siamo giunti alla scena madre: l’incontro della ballerina con la legittima consorte dell’intraprendente e galante piazzista. Edith infatti...

 

saliva al quarto piano, con una valigetta e una cappelliera e suonava. Un istante dopo le apriva una donna, non più giovane, in vestaglia, piuttosto grassa.

Edith riteneva trattarsi della domestica e sebbene non parlasse italiano tentava di spiegare lo scopo della visita.

Tra due donne l’intesa è facile, anzi troppo facile.

In breve, l’equivoco doloroso veniva chiarito e il marito coperto di contumelie, sia dalla moglie, sia dalla ballerina francese.

Ad un certo punto tra le due donne sorgeva una discussione tanto vivace da richiedere l’intervento della polizia.

Soffocato sin dove poteva esserlo, l’incidente, all’intraprendente commerciante di articoli ortopedici altro non restava che dare alla biondissima Edith i soldi per il viaggio di ritorno a Parigi.

 

Questa è la triste (e costosa) conclusione di quella che poteva essere ricordata, e raccontata agli amici, come una vera botta di vita. È invece più che probabile che si sia trasformata in un vero incubo: mentre Edith se ne ritorna a casa, il piazzista deve rassegnarsi alle ire della moglie che la cronaca lascia soltanto intuire, ma che con ogni probabilità si saranno rivelate astiose e protratte nel tempo.

Ma, come dice il proverbio, tra moglie e marito non mettere il dito, non bisogna intromettersi negli affari di coppia, a meno che questi “affari” non trascendano nella cronaca nera e questo non pare il caso.

In conclusione, notiamo come per la bionda Edith la situazione si sia conclusa in modo tutto sommato accettabile. Lo diciamo perché qualche mese dopo, Stampa Sera deve registrare un doloroso episodio che coinvolge una ballerina.

Giovedì 18 dicembre 1952, infatti, sotto il titolo Aggredita dall’amico, leggiamo che:

 

Una ballerina è stata aggredita da un conoscente questa notte verso le 4, in un locale di via Amendola.

La ragazza, Dolly Scinta di 28 anni, residente a Milano, ha riportato ferite al collo per cui ha dovuto ricorrere alle cure di un sanitario dell’ospedale San Giovanni che la giudicava guaribile in 8 giorni.

 

La notizia è troppo concisa per formulare considerazioni ma proprio questa concisione esprime bene la scarsa considerazione del cronista per la “ballerina”, personaggio che conduce una esistenza border line dove anche il ferimento da parte di un conoscente può rappresentare un inevitabile “incidente di percorso”.

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Articolo pubblicato il 12/09/2021