La ventilata riforma del catasto promette una prossima mazzata sulla casa

L’Agenzia delle Entrate batte cassa. Il premier Mario Draghi rassicura e smentisce

Da qualche giorno, si è tornato a discutere su una prossima riforma del catasto, idea che già fu di Romano Prodi durante il mandato del suo primo governo. Il provvedimento è partito dall’atto inviato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze alle amministrazioni fiscali per il periodo 2021-2023. L’obiettivo dichiarato è: “ottenere un costante aggiornamento dell’anagrafe immobiliare per associare a ogni immobile la posizione geografica, le caratteristiche geometriche, le quotazioni di riferimento della zona e i soggetti titolari di diritti e quote”.

L’Agenzia delle Entrate potrebbe essere in grado di battere cassa con rapidità, variando semplicemente la categoria e la classe degli immobili a cui appartengono attualmente anche senza attendere i tempi lunghi di una riforma catastale. Per valutare ogni immobile sul territorio italiano, l’Agenzia delle Entrate potrebbe ricorrere al Sistema Informativo Territoriale, entrato in vigore a febbraio, che raccoglie tutti i dati relativi alle costruzioni, compresi quelli fotografici. Operazione che potrebbe essere affiancata dall’Osservatorio del mercato immobiliare, aggiornato ogni 6 mesi negli estimi catastali da tutti i comuni, quindi suddivisi per zone minori. Uno scenario in cui la promessa di “non mettere le mani nelle tasche degli italiani”, mantra di ogni legislatura, cozza con i bisogni mai sazi dell’erario.

L’argomento ha suscitato la preoccupazione e la pronta reazione del centrodestra, subito ridimensionato dal premier Mario Draghi che ha dichiarato con chiarezza: “tutti pagheranno la stessa cosa, quanto prima. Nessuno pagherà di più, nessuno di meno”. Allontanando almeno per il momento il rischio che una riforma del valore fiscale degli immobili abbia uno sgradito impatto sulle tasche degli italiani, tradizionalmente amanti del risparmio applicato al mattone.

Comunque, sarà ricalcolato il metodo in base al quale si calcolano le rendite del mattone, quindi le tasse, ma queste, ha assicurato il Primo Ministro, non cambieranno. Draghi ha aggiunto: si tratterà di una operazione di statistica e ci vorranno anni per rivedere i valori catastali”,

Si tratta di un messaggio sibillino, poiché se venisse adeguato quanto dichiarato nei registri con quanto deciso dal mercato, in media ogni proprietario vedrebbe raddoppiare il parametro su cui si quantificano le imposte e in alcuni casi, i rialzi sarebbero anche di tre volte superiori agli attuali.

In pratica, significa che l’Imu sulla seconda casa e l’imposta di registro che si versa quando si compra qualsiasi abitazione, salirebbero di oltre il 100% nelle grandi città. Provvedimento che però, Draghi ha escluso, così come l’idea di tassare la prima casa. Ma la storia della politica ci ha insegnato che, molto spesso, le parole suadenti, a tempo debito si disperdono con facilità, come foglie secche al vento.

La riforma infatti, preoccupa i rappresentanti del centrodestra, persuasi che in qualche modo, il prelievo fiscale aumenterà a pioggia, poiché secondo le nuove regole prospettate, si terrebbe conto dei metri quadrati dell’appartamento e non più del numero dei locali. Un sistema di calcolo che darebbe il via a una variazione della classe degli immobili che, ad esempio, in determinate zone dei maggiori capoluoghi, potrebbero passare da una classe A3 ad A5, con una tassazione elevata a una graduatoria “di pregio” e non più economica, pur restando la casa, sempre la stessa. 

Altresì, il rischio di un consistente aumento contempla le case indipendenti situate in piccole località a vocazione turistica, che potrebbero passare dalla categoria A7 ad A8, equiparate alle ville.

Corsi e ricorsi della storia. Così come sentenziato da una vecchia massima di Pierre Joseph Proudhon, tasse e balzelli sono destinati a castigare chi possiede qualcosa, il più delle volte accantonato con sudore, parsimonia ed onestà. 

 

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Articolo pubblicato il 04/10/2021