Ferdinando Carulli, un napoletano a Parigi

La stagione Regie Sinfonie ad Asti si apre con un concerto interamente dedicato a Ferdinando Carulli.

Sabato 19 marzo alle 17 con il concerto del chitarrista Gabriele Manfredi e della pianista Sabrina Favretto in programma nel Salone Verdi dell’Istituto Musicale “Giuseppe Verdi” scatterà la 16ª edizione di Regie Sinfonie, la ormai storica rassegna concertistica organizzata dai Musici di Santa Pelagia, che nel corso degli anni ha permesso al pubblico di scoprire molti tesori dimenticati del patrimonio preromantico, ma non solo.

Regina riconosciuta della musica per almeno due secoli, Napoli si distinse soprattutto nel repertorio vocale, primeggiando da un lato nell’ambito profano con cantate, opere buffe e drammi per musica e dall’altro in quello sacro, con oratori e lavori liturgici, generi che permisero alla capitale partenopea di diventare un ineludibile modello di stile per tutte le principali città europee. In questo profluvio vocale, le opere strumentali rivestirono un ruolo quantitativamente marginale, fungendo spesso da cornice alle esibizioni dei grandi cantanti dell’epoca.

Per fortuna, nonostante questa vistosa sproporzione, nel campo strumentale a Napoli non mancarono interpreti di notevole valore, come Ferdinando Carulli, che all’inizio del XIX secolo divenne un vero idolo dei salotti parigini, che seppe conquistare con uno stile spiccatamente virtuosistico, ma ricco di personalità, un mix vincente che continua a rendere molto godibili le sue opere anche al pubblico dei giorni nostri.

 

Nato a Napoli il 9 febbraio del 1770 – lo stesso anno in cui vide la luce Beethoven – Carulli iniziò a studiare il violoncello, che però abbandonò ben presto a favore della chitarra, strumento che imparò a suonare da autodidatta, raggiungendo una straordinaria padronanza tecnica. Negli ultimi anni del secolo si trasferì a Livorno, dove compose un gran numero di opere, che abbracciano tutti i generi più in voga dell’epoca, dalle sonate solistiche, ai trii, ai quartetti e ai concerti.

 

Il successo di questi lavori gli spalancò nel 1808 le porte della Parigi napoleonica, dove si impose tra i concertisti più brillanti del momento, attirando su di sé le attenzioni di un pubblico vasto e molto competente, per il quale scrisse un gran numero di opere. Purtroppo, la sua scarsa propensione a rinnovarsi finì per alienargli il favore dei suoi estimatori – un destino comune a molti musicisti attivi in questa fase di rapidi cambiamenti – un fatto che lo spinse a volgere la sua attenzione alla didattica, scrivendo il metodo L’harmonie appliquée à la guitare, pubblicato a Parigi nel 1825.

 

Nel 1814 Carulli diede alle stampe il Gran Duo per chitarra e fortepiano op. 86, un ampio lavoro in tre movimenti, in cui l’autore napoletano mise in mostra tutta la sua sbrigliata fantasia e il suo grande magistero compositivo, due caratteristiche che si possono apprezzare già nell’Allegro iniziale. Nel Largo centrale la chitarra e il pianoforte rivelano l’indole lirica di Carulli, sfoggiando una cantabilità intensa e molto coinvolgente, che a tratti ricorda l’ampia vena melodica delle coeve arie napoletane. L’opera si chiude con un vivacissimo Allegro in tempo ternario, una irresistibile danza che vede i due strumenti fare a gara in brillantezza.

 

Scritte nel 1798, le Dodici Variazioni sul tema Ein Mädchen oder Weibchen dal Flauto magico per violoncello e pianoforte op. 66 furono tra le opere che consentirono al giovane Beethoven di mettersi in luce presso il raffinato pubblico viennese. Qualche anno più tardi questa celebre opera fu ripresa da Carulli che la rimaneggiò per chitarra, inserendola nella sua produzione con il numero d’opera 169.

 

Va sottolineato che non si tratta di una semplice trascrizione, in quanto Carulli non si limitò a tradurre la parte del violoncello nell’idioma della chitarra, ma modificò anche la sequenza originale delle variazioni, scrivendone due nuove. Questo brano dal sapore gradevolmente galante si colloca nel solco di quella elegante produzione salottiera, che proprio in quegli anni stava per abbandonare la leggerezza del Classicismo viennese a favore delle suggestioni romantiche di autori come Fryderyk Chopin e Franz Liszt.

 

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Articolo pubblicato il 17/03/2022