Giordano Bruno tra Liguria e Piemonte
Promontorio di Capo Noli

Il filosofo di Nola letto dal Prof Marco Matteoli

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Visto il grande interesse dimostrato dai nostri Lettori per gli argomenti riferiti a Giordano Bruno, abbiamo pensato di aggiungere un ulteriore approfondimento, chiedendo al Prof Marco Matteoli del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Università di Pisa, di rispondere ad alcune domande:

 

Giancarlo Guerreri: Una precisazione relativa alla permanenza di Giordano Bruno nell’Italia Nord Occidentale: Il Filosofo passò un po’ di tempo presso il Comune di Noli, oggi in Provincia di Savona, visitando altre città della Liguria. Quindi si trasferì a Torino, per breve tempo, dove mi risulta non ottenne una grande accoglienza. Potrebbe darci qualche informazione relativa alla presenza del Nolano in queste città?

 

Marco Matteoli: Nei primi due costituti del processo veneziano, tenutisi alla fine di maggio del 1592, Bruno testimonia la sua presenza a Noli, «territorio genoese», per «quattro o cinque mesi» dell’anno 1576 – quando aveva cioè ventotto anni –, guadagnandosi da vivere «insegnando la grammatica a’ figliuoli et leggendo la Sfera a certi gentilhomini». Il soggiorno nel territorio della Repubblica di Genova è ricordato anche ne Lo spaccio de la bestia trionfante a proposito di un episodio particolarmente curioso: «Cossí ho visto io gli Religiosi di Castello in Genova mostrar per breve tempo e far baciar la velata coda, dicendo: - Non toccate, baciate; questa è la santa reliquia di quella benedetta asina, che fu fatta degna di portar il nostro Dio dal monte Oliveto a Ierosolima. Adoratela, baciatela, porgete limosina: Centuplum accipietis, et vitam aeternam possidebitis».

 

L’insolita reliquia oggetto del buffo aneddoto, è citata anche nel Candelaio, l’irriverente commedia che Bruno pubblica a Parigi nel 1582, in una scena in cui uno dei personaggi giura «in nome della benedetta coda de l’asino ch'adorano a Castello i Genoesi». Dopo la permanenza a Noli, passando per Savona – sempre stando a quanto Bruno dichiara di fronte agli inquisitori veneti –, si trattenne brevemente a Torino per poi mettersi in viaggio per Venezia, navigando lungo il fiume Po.

 

Non si hanno altri documenti o testimonianze di questo breve e iniziale periodo della peregrinatio bruniana, ma Saverio Ricci, nella sua documentatissima biografia su Giordano Bruno nell’Europa del Cinquecento, osserva che, almeno fino a Torino, gli spostamenti di Bruno sembrano «seguire  un tipico itinerario domenicano», ipotizzando che, in quelle tappe, possa essere stato ospite dei conventi dell’ordine religioso di cui faceva parte.

 

Da questi pochi fatti, tuttavia, possiamo desumere almeno due aspetti caratterizzanti la figura del Nolano e centrali ai suoi interessi filosofici: che il suo interesse per la cosmologia si reggeva su un’effettiva competenza nella disciplina astronomica; che il suo rifiuto per le superstizioni delle religioni era già presente nei primi anni della sua ricerca. Per quanto riguarda il primo, è utile ricordare che il testo de La sfera, il cui autore è il matematico inglese Giovanni Sacrobosco vissuto alla fine del XII secolo, è il più importante e noto trattato di astronomia del Medioevo e della prima età moderna, nel quale convergono le principali teorie astronomiche dell’antichità e che ne costituì il principale manuale di studio nelle università di tutta Europa.

 

Noli non è l’unica località e occasione in cui Bruno si guadagna da vivere insegnando l’astronomia: durante il suo soggiorno a Tolosa essa fu oggetto di lezioni private rivolte agli studenti universitari e, se ci pensiamo attentamente, anche ad Oxford, quando Bruno stesso ricorda che tenne due «letture» sui temi della immortalità dell’anima e sulla «quintuplice sfera», è evidente, secondo la critica, che uno degli argomenti trattati in quei corsi è ancora l’astronomia.

Alla luce di questi elementi non ci è possibile evincere se, in tali lezioni, Bruno osasse introdurre già i temi del copernicanesimo che negli anni successivi viene a costituire uno dei cardini della sua riflessione cosmologica, ma è lecito immaginarsi che, sia per gli interessi che evidentemente già agitavano le sue ricerche, sia per il suo carattere ‘irrequieto’ dal punto di vista filosofico, non dovette trattarsi di lezioni del tutto ‘ortodosse’.

 

In questo senso, può forse aiutare a gettare luce su queste lezioni di astronomia quanto viene osservato alla fine di uno scritto del 1588, I centosessanta articoli contro i matematici, in cui Bruno formula un giudizio negativo proprio sul testo del De sphaera: in un lungo passaggio in cui attacca apertamente i limiti del geocentrismo, mette a confronto le molte edizioni a stampa esistenti nel XVI secolo per criticare quelle che riportano il commento di Cecco d’Ascoli non emendato di alcune conclusioni sull’ottava sfera – quella della stelle fisse – e soprattutto sull’eclissi avvenuta in coincidenza con la morte di Cristo, la quale non potendo rispettare i tempi astronomici, doveva essere necessariamente di origine miracolosa.

 

La riflessione di Bruno, a questo proposito, è piuttosto audace, poiché ritiene entrambi gli argomenti ugualmente ‘sacrileghi’ e dunque giustamente emendabili: il primo perché impone l’immagine di un cosmo finito e chiuso; il secondo, perché dovrebbe piuttosto dimostrare che non solo non vi fu l’eclissi, ma tanto meno il miracolo, proprio perché tale evento celeste era contrario alle leggi di natura.

 

Quest’ultimo tema si ricollega, tra l’altro, a quanto osservato da Bruno proprio nel territorio di Noli, durante il suo soggiorno: l’adorazione di una reliquia che egli considera non solo superstiziosa, ma anche irrispettosa della sacralità della quale la si vuole ammantare. L’immagine della improbabile reliquia che i correligionari di Bruno mostravano ai fedeli per raccogliere le loro offerte, diviene così uno dei molti esempi, presenti nell’opera bruniana, dell’ipocrisia della superstizione religiosa e, al tempo stesso, uno dei simboli della implicita ‘blasfemia’ del cristianesimo.

 

Si è già detto, infatti, come Bruno considerasse anti-naturale l’idea di un Dio fattosi uomo, cioè che l’infinito si limitasse ad una natura e realtà finita come quella umana, quando egli proponeva, invece, che il divino si ‘incarnasse’, cioè prendesse corpo, in tutta la natura infinita e universale.

 

Ebbene, il sacro che i cristiani adorano nella coda dell’asino che trasporta Cristo è proprio una delle molte immagini del rovesciamento che la religione cristiana opera rispetto alla vera religione che Bruno intende riportare in auge: tale adorazione si contrappone, infatti, alla religione degli antichi egizi che consideravano sacre le figure degli animali, non per adorare esse come divine, ma perché sapevano che ogni ente naturale può essere immagine del divino che lo anima interiormente: dunque, per riprendere le parole de Lo spaccio, cercavano la divinità nella vita e nella natura e non «ne gli escrementi di cose morte ed inanimate» e le loro cerimonie «non erano vane fantasie, ma vive voci che toccavano le proprie orecchie de gli Dei».

 

Anche il ricordo di questo episodio, all’apparenza un marginale e irriverente aneddoto della biografia bruniana, è invece carico della tensione teorica che anima tutta la filosofia di Bruno e mostra quanto già tale forza critica fosse viva fin dai primi anni della sua giovinezza, quando il suo cammino di originale pensatore ‘eretico’ muoveva i primi passi per l’Italia e l’Europa.

 

GG: Se oggi Le fosse possibile incontrare personalmente Giordano Bruno, cosa vorrebbe domandargli?

 

MM: Di continuare a pensare e a scrivere le sue opere, così che io possa avere ancora il privilegio di continuare a leggerle e a studiarle. Del resto se la sua  professione di filosofo venne interrotta all’età di quarantaquattro anni, quando venne arrestato e portato nelle carceri dell’inquisizione – per poi restarci altri otto anni tra Venezia e Roma –, non fu certo per sua scelta, né per sua volontà.

 

Il desiderio di Bruno era quello di trovare una collocazione il più possibile stabile nel mondo accademico europeo, oppure di mettersi al servizio di un re o di un principe, come intellettuale di corte, consigliere politico e filosofo, come del resto aveva già in parte fatto insegnando a Parigi, a Oxford, Wittengerg, Helmsted e Padova e intrattenendo importanti rapporti con la corte francese di Enrico III, la regina Elisabetta I di Inghilterra, i principi tedeschi, l’Imperatore Rodolfo II d’Asburgo e tentando di accreditarsi anche presso il pontefice, soprattutto durante gli anni di incarcerazione a Roma anche se, ovviamente, tentava ciò allo scopo di difendersi dalle accuse che gli erano state rivolte dal tribunale.

 

C’è un punto molto ‘poetico’ che, secondo me, caratterizza la biografia bruniana: Giordano Bruno era un uomo del mediterraneo, nato «sotto più benigno cielo», come amava ricordare nei suoi scritti, appellandosi sempre ‘Nolano’, la sua città di nascita e la sua terra di origine. Insomma, amava la vita, la socialità, era «piacevol compagnietto epicuro per la vita», stando alla testimonianza di chi lo frequentò in Inghilterra e in Francia. Era un uomo della corporeità e della vita, come del resto egli riteneva fosse il tutto, una natura fisica immensamente viva, attiva.

 

***

 

Al termine di questo percorso storico-filosofico, compiuto in compagnia di uno dei più grandi conoscitori del pensiero e delle opere del Nolano, alleghiamo alcuni link di interesse per gli studiosi di Giordano Bruno. Il sito dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento diretto dal prof. Michele Ciliberto, nel quale sono presenti alcuni progetti digitali sulla vita di Bruno e su tutti i suoi scritti: https://www.insr.it/

Il sito della Biblioteca della memoria – Fondo Young, il più importante fondo europeo sull’arte della memoria, posseduto dall’Università della Repubblica di San Marino e acquistato per iniziativa di Umberto Eco. Il sito raccoglie la digitalizzazione di circa duecento testi di mnemotecnica pubblicati tra il XV e il XVIII secolo. 

http://www.internetculturale.it/it/41/collezioni-digitali/29896/biblioteca-della-memoria-fondo-young 

 

 

Fotografie di Giancarlo Guerreri

 

 

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Articolo pubblicato il 16/04/2022