Torino. Arie da Opere Vivaldiane

Concerto con rare arie di Antonio Vivaldi eseguite dal soprano Cristina Mosca accompagnata dall’Ensemble Andromeda diretto dal violino dal giovane Francesco Bergamini.

Venerdì 3 giugno 2022 alle ore 21 la stagione dell’Accademia Corale “Stefano Tempia” proporrà nell’incantevole cornice dell’Oratorio di San Filippo di Torino un concerto interamente dedicato ad Antonio Vivaldi, comprendente una serie di arie tratte da opere del Prete Rosso alternate ad alcuni celebri concerti strumentali.

Protagonisti della serata saranno il soprano Cristina Mosca e il gruppo di strumenti originali Ensemble Andromeda diretto dal violinista Francesco Bergamini. Il biglietto di ingresso costa 10 euro. 

Figlio di un barbiere che nutriva più passione per la musica che per il rasoio, Antonio Vivaldi si trovò fin dalla più tenera età un violino in mano, che ben presto imparò a suonare come pochi altri.

Nel 1685 – quando il piccolo Antonio aveva sette anni – il padre fu assunto come violinista nella Basilica di San Marco, un fatto che gli permise di entrare in contatto con alcuni dei musicisti più valenti della Serenissima, primo tra tutti il maestro di cappella Giovanni Legrenzi, che probabilmente ebbe modo di conoscere il ragazzino.

Date queste premesse, era del tutto logico che il futuro Prete Rosso dedicasse gran parte delle sue energie al repertorio strumentale, che frequentò assiduamente fino ai suoi ultimi giorni.

Nel 1703 Vivaldi fece pubblicare la sua prima opera a stampa, Dodici Suonate da camera per due violini e basso continuo, che vennero accolte con notevole interesse e furono seguite cinque anni dopo dalle Sonate a violino e basso per il cembalo op. 2 e nel 1711 dai mirabili concerti dell’Estro armonico op. 3, che gli assicurarono una vasta fama a livello europeo.

Tutto a un tratto, nel 1713 il trentacinquenne Vivaldi scrisse la sua prima opera teatrale, Ottone in Villa, che venne messa in scena con un buon successo al Teatro delle Garzerie di Vicenza.

L’esordio in provincia denota una grande prudenza da parte del compositore nell’affrontare l’esigente pubblico veneziano, che nei decenni precedenti aveva avuto il privilegio di assistere alle prime dei capolavori di Claudio Monteverdi, Francesco Cavalli e Pietro Cesti e non si faceva scrupolo a fischiare anche opere di gran valore.

Nonostante questo, Vivaldi era consapevole del fatto che per un musicista come lui i veri guadagni non venivano tanto dai lavori strumentali quanto dalle opere teatrali, soprattutto se alla loro composizione si accompagnava l’attività di impresario, ruolo che nel 1714 Vivaldi assunse – pur tra non poche traversie – al Teatro Sant’Angelo.

L’impegno teatrale assorbì gran parte delle energie di Vivaldi, che in una lettera del 1739 si vantò di aver composto ben 94 opere, un numero del tutto lontano dalla realtà, che probabilmente trova spiegazione nell’inserimento nel computo dei numerosi rimaneggiamenti dello stesso lavoro (non di rado messi in scena con titoli diversi) e dei pasticci, termine che identifica opere scritte a più mani da diversi autori. In realtà, della produzione operistica di Vivaldi ci sono giunti circa 50 libretti (un numero comunque considerevole) e – al netto dei ritrovamenti più recenti – 21 partiture in gran parte complete, contenute nell’inestimabile Fondo Foà-Giordano conservato nella Biblioteca Nazionale di Torino.

Dopo la morte dell’autore, la vasta produzione di Vivaldi cadde in un profondo oblio, che durò fino alla metà del XX secolo, quando – con un irresistibile crescendo – le stagioni concertistiche e le case discografiche iniziarono a riscoprire questi iconici capolavori del Barocco veneziano.

Le ultime a ritornare sotto la luce dei riflettori furono ovviamente le opere teatrali, in parte per gli alti costi legati al loro allestimento e in parte per la presunta incapacità di Vivaldi di scrivere efficacemente per le voci.

Per quanto sia del tutto infondato, questo stereotipo ha causato non pochi danni alla fama postuma del Prete Rosso, che sotto il profilo dell’intensità drammatica e dell’idiomaticità vocale viene considerato ancora oggi nettamente inferiore a Georg Friedrich Händel.

In realtà, pur essendo innegabilmente figlie del loro tempo, e quindi di comprensione non sempre agevole per il pubblico di oggi, le opere di Vivaldi reggono ancora egregiamente le scene e le loro arie sono tuttora in grado di suscitare gli affetti presenti nei versi di volta in volta con grazia o energia, andando a formare – come nel caso di questo concerto – un programma dall’ascolto molto godibile.

In queste cinque arie, Vivaldi esprime infatti sentimenti ed emozioni attuali oggi come tre secoli fa, spaziando dalla delicata effusione amorosa di «Amato ben tu sei la mia speranza» della Verità in cimento alla profonda angoscia che pervade «Alma oppressa» della tuttora quasi sconosciuta Fida ninfa e dal dolore intriso di incrollabile dignità di «Sposa son disprezzata» (un topos assai frequentato nell’opera barocca) del Bajazet ai toni luminosissimi di «Un raggio di speme» dell’Orlando furioso, a detta di molti l’opera più bella del canone teatrale vivaldiano.

Questo caleidoscopio di colori trova piena espressione nella raffinata scrittura dei quattro concerti in programma, tre dei quali sono tratti dal Cimento dell’armonia e dell’inventione op. 8, la raccolta data alle stampe nel 1725 dall’editore di Amsterdam Le Cène, che si apre con le Quattro Stagioni.

 

Antonio Vivaldi (1678-1741)

Amato ben tu sei la mia speranza (La verità in cimento RV 739, Venezia 1720)

Concerto in re minore per due violini, violoncello, archi e basso continuo op. 8 n. 11 RV 565

Allegro – Adagio e spiccato – Allegro – Largo e spiccato – Allegro

Sposa son disprezzata (Il Bajazet RV 703, Verona 1735)

Concerto in sol maggiore per archi e basso continuo RV 151 “Alla rustica”

Presto – Adagio – Allegro

Alma oppressa (La fida ninfa RV 714, Verona 1732)

Concerto in re maggiore per violino, archi e basso continuo op. 8 n. 9 RV 230

Allegro – Larghetto – Allegro

Un raggio di speme (Orlando furioso RV 728, Venezia 1727)

Concerto in la minore per due violini, archi e basso continuo op. 8 n. 8 RV 522

Allegro – Larghetto e spiritoso – Allegro

Tornar voglio al primo ardore (Arsilda, regina di Ponto RV 700, Venezia 1716)

 

Cristina Mosca, soprano

 

Ensemble Andromeda

Francesco Bergamini, violino di spalla

Joanna Crosetto, violino

Bruno Raspini, violino

Gabriele Cervia, violino

Alessandro Curtoni, viola

Giulia Gillio Gianetta, violoncello

Federico Bagnasco, contrabbasso

Davide Stefanelli, clavicembalo

Francesco Olivero, tiorba

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 31/05/2022