Giuseppe Unia, il Pianista del Re
Massimiliano Génot

Il pianista Massimiliano Génot esegue una brillante silloge di opere di Giuseppe Unia, per la stagione concertistica Regie Sinfonie ad Asti.

Appuntamento molto stuzzicante sabato 4 giugno alle ore 21, quando nell’elegante cornice della Sala degli Specchi di Palazzo Ottolenghi ad Asti il pianista Massimiliano Génot proporrà un concerto monografico imperniato sulla produzione pianistica di Giuseppe Unia, passato alla storia della musica con il titolo di Pianista del Re.

Per approfondire la figura di questo autore ingiustamente dimenticato e delineare il programma del concerto, mi sono rivolto allo stesso Génot, profondo studioso dell’opera di Unia, al quale ha dedicato di recente con il pianista Andrea Vigna-Taglianti un disco pubblicato dall’etichetta bolognese Tactus, a cui cedo volentieri la parola.

 

«Giuseppe Unia, chi era costui? La domanda sarebbe pienamente lecita, dal momento che l’eco delle sue composizioni smise probabilmente di risuonare tra Otto e Novecento, quando le spinte moderniste si imposero, anche con una certa virulenza, qualificando – Marinetti docet! – l’arte italiana come irrimediabilmente salottiera e passatista, archeologica e inutilmente sentimentale.

Com’è noto, Guido Gozzano rese l’ultimo omaggio a tutto il corredo ideale e ideologico del Risorgimento, e senz’altro avrebbe citato Unia nel salotto di Nonna Speranza come autore emblematico, se solo l’avesse conosciuto, insieme al busto di Alfieri, il fascio di arie antiche, gli oggetti con scritto “Salve, Ricordo” e a tutte “le buone cose di pessimo gusto”.

 

Eppure, a più di 150 anni da quella stagione il dibattito storiografico sul Risorgimento è tutt’altro che sopito, e forse varrebbe la pena di domandarsi anche, per quanto riguarda la musica strumentale, se è vero che tutto il meglio del genio musicale italiano confluì nel grande alveo del melodramma, lasciando solo le briciole (di qualità, di pubblico e di pecunia) alla musica cameristica e sinfonica.

 

Sembra che di fronte ai milionari introiti versati a Verdi per Aida, i proventi che Ricordi corrispondeva a Bazzini per un suo brano sinfonico fossero poco più che simbolici e strappassero qualche acido e sconsolato commento al grande violinista.

 

Eppure l’esistenza in Italia di un buon mercato di colti e nobili dilettanti di pianoforte sembra innegabile, almeno a giudicare dai più di 200 numeri d’opera dedicati da Unia allo strumento a tastiera, con dediche altisonanti a esponenti della nobiltà lombarda e sabauda. Il Cavalier Giuseppe Unia, di origini monregalesi, ma nato a Dogliani nel 1818, giunse con il tempo a fregiarsi del titolo di “Pianista compositore alla corte di S.M. il Re d’Italia”, nonché a imparentarsi a Recanati nientemeno che con la famiglia Leopardi, segno inequivocabile del raggiungimento di un alto status sociale.

 

Unia si era conquistato i galloni di pianista virtuoso di rango internazionale con studi condotti in Germania da Hummel, allievo celebrato di Mozart. A Weimar si conserva ancora l’agenda di Hummel, che prese a cuore le sorti del giovane piemontese, intercedendo per lui e conservando i suoi recapiti nel suo indirizzario.

 

Unia continuò i suoi viaggi di formazione approdando a Parigi, impossessandosi così di un certo gusto cosmopolita che dovette essere assai apprezzato alla corte torinese, così desiderosa di essere considerata alla pari delle grandi monarchie europee in fatto di lustro artistico-culturale.

 

Ogni corte europea che si rispettasse disponeva di un pianista, che si occupava dell’insegnamento dei rampolli e che eseguiva a piacimento brani e trascrizioni tratti dai melodrammi di successo, in assenza di strumenti di riproduzione sonora.

Tuttavia Unia dimostra chiaramente nella sua produzione di non essere un semplice dispensatore di intrattenimenti musicali, ma di ambire a essere considerato anche un vero e proprio Tondichter, un poeta dei suoni nell’accezione beethoveniana e schubertiana del termine.

 

Tenta la via della Grande Sonata, e la chiama, non a caso, “Appassionata” e, certamente non a caso cita all’inizio dell’Allegro nientemeno che l’incipit del Lied Aufenthalt di Schubert, che proprio per questo abbiamo voluto inserire prima della sonata di Unia, per dimostrarne la discendenza, nella versione pianistica che ne dà Franz Liszt.

 

Non sappiamo se Unia conobbe il virtuoso ungherese, ma certamente fu amico del suo grande rivale Sigismund Thalberg, al quale dedicò un suo brano. Anche il Pensiero Fuggitivo sembra riecheggiare reminiscenze schubertiane, ascrivibili al Klavierstück D 946, mentre nel Vessillo d’amore l’impronta viennese del valzer è ancora più evidente, con qualche screziatura à la Rossini, da Unia venerato insieme agli immancabili Verdi e Bellini.

 

La grande Sonata è del 1863, dieci anni dopo la grande Sonata in si minore di Liszt, e costituisce un raro esempio di sonata romantica italiana per pianoforte: è dedicata a Stefano Golinelli, autore di numerose sonate e uno dei pochi compositori italiani recensiti da Schumann nella sua celebre rivista. Insomma, come la monarchia sabauda, Unia volge lo sguardo al di là delle Alpi per cercare modelli e parentele, senza comunque abbandonare il culto per la grande tradizione vocale italiana.

 

Lasceremo al pubblico decidere se il suo ascolto lascerà più un’impressione di storia del costume o di reale impatto estetico. Fortemente e curiosamente storico è l’interesse per la Grande Marcia per l’Incoronazione di S.S.R.M. Vittorio Emanuele a Re d’Italia, conservata presso la Biblioteca Reale di Torino.

 

La cerimonia di incoronazione in realtà non fu mai celebrata, per motivi che non conosciamo e che sarebbe interessante approfondire. Forse – azzardiamo – Vittorio Emanuele scelse un insediamento di basso profilo (e il suo primo ingresso alle luci dell’alba al Quirinale lo dimostrerebbe) per non esasperare ulteriormente gli animi di certa opinione pubblica ancora notevolmente turbata dalle recenti campagne militari e rivoluzionarie che portarono all’unificazione». (Massimiliano Génot)

 

Nato a Pinerolo, Massimiliano Génot insegna pratica pianistica e improvvisazione al Conservatorio “G. Verdi” di Torino. Parallelamente allo studio pianistico, condotto sotto la guida di maestri come Aldo Ciccolini, Maria Tipo, Lazar Berman, Agostino Orizio e Piero Rattalino, si diploma anche in composizione.

Si afferma in numerosi concorsi internazionali, tra i quali il Ferruccio Busoni del 1994. Debutta nel 1991 come solista con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, poi con la Toscanini di Parma e l’Orchestra del Festival di Brescia e Bergamo. La sua attività concertistica lo ha portato in Germania, Svizzera, Polonia, Portogallo, Cina, Giappone, Brasile, Argentina, Uruguay e altri paesi.

 

Si è dedicato alla riscoperta di compositori ingiustamente trascurati, registrando in prima assoluta l’opera vocale da camera di Leone Sinigaglia con Anja Kampe, la sua opera pianistica e per violino e pianoforte con la sorella Alessandra, mentre con Andrea Vigna-Taglianti ha registrato una scelta di opere di Giuseppe Unia. Tra le sue incisioni si ricordano ancora La Scuola della Velocità di Carl Czerny e gli Studi op. 1 di Liszt.

 

Da menzionare infine la parafrasi del Totentanz di Liszt, tra improvvisazione e rielaborazione compositiva, condotta a due e quattro mani con il pianista jazz Emanuele Sartoris.

 

 

Johann Nepomuk Hummel (1778-1837)

Rondò in mi bemolle maggiore op. 11

 

Giuseppe Unia (1818-1871)

Pensiero fuggitivo op. 72

Il vessillo d’amore – valzer op. 57

 

Franz Liszt (1811-1886)

Aufenthalt (da Franz Schubert)

 

Giuseppe Unia

Grande Sonata “Appassionata” op. 148

Allegro – Adagio cantabile – Minuetto – Finale: Allegro agitato

Gran Marcia per l’Incoronazione di S.S.R.M. Vittorio Emanuele Re d’Italia op. 141

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 02/06/2022