“Torino in sintesi”: un premio molto ambito.

Il mondo degli aforismi. Intervista ad Anna Antolisei.

Anna Antolisei vive e lavora a Torino. Dopo un esordio nel giornalismo, pubblica nel ’94 il romanzo Per troppo amore, per troppo odio (Ed. Teknos). Emerge poi la passione per l’aforisma quindi cura per Fògola Editore la raccolta di sentenze inedite Aforismi URLati (1998) e Aforismi URLati 2 (2001); per LietoColle Libri la terza antologia di massime contemporanee L’Albero degli Aforismi (2005). Nel 2003 esce sulla Grande Rete la sua opera ipertestuale Voce del Verbo Vivere e nel 2004 il poemetto dal titolo Il Muro (LietoColle Libri); poco più tardi, le sillogi poetiche “Sono solo impressioni” (Genesi Editore) e “Dialoghi dell’Es” (Wunderkammer). Dal 2004 dà vita ai romanzi gialli “L’altra faccia della luna, “A mani nude” e “Madre indomita”.

Dal 2008 è presidente fondatrice del Premio Internazionale per l’Aforisma “Torino in Sintesi” giunta alla sua ottava edizione, la cui premiazione avverrà sabato 22 ottobre 2022 alle ore 17 al Centro Congressi Unione Industriale a Torino (via Vela 17).

L’abbiamo intervistata per scoprire come può nascere il desiderio di mettersi in gioco su tanti fronti, così diversi uno dall’altro, tutti sicuramente poco banali.

 

Radici famigliari fortemente definite: dove riconosce l’impronta paterna e dove quella materna…

Radici famigliari profonde eppure confuse, le mie; come presumo sia accaduto alla maggior parte dei piccoli figli di coppie separate non l’altro ieri bensì negli anni ‘50, quando nell’Italia postbellica regnava un conservatorismo vuoi cattolico, vuoi trinariciuto di medesima, cupa intransigenza moralista.

Ne deriva che la mia formazione infantile e adolescenziale non si afferma tanto in un ambiente famigliare spezzato e spesso contraddittorio nel concepire i valori basilari del vivere, quanto nelle caratteristiche dei miei luoghi e del mio tempo.

Vivo a tutt’oggi Torino con l’amore un po’ conflittuale ma insostituibile rivolto a una madre, e gli anni ‘60/’70 come padri-precettori d’una visione del mondo nella quale riconoscersi oggi è diventato impensabile.

Con mio rammarico? Ebbene, sì.

 

Alla fine, come si esce da questa divergenza famigliare di valori?

Rigore, studio, ottuso perbenismo di qua; denaro, mondanità, inconsistenza di là…

Per una pura questione di bisogno d’amore “bilaterale”, all’inizio ci si rifugia in un’ambiguità opportunista, è vero, ma anche sofferta e umiliante.

Poi, almeno in me, è subentrata la fase ipercritica, quasi cinica, dell’adolescenza e dunque l’imperativo di trovare un libero, autentico “me stessa”.

Alle fine la mia misura è emersa da sé, e oggi mi ritrovo ad essere una “io” che, per eliminazione dei fattori indigeribili da ambo le parti, cerca di essere rigorosa con leggerezza, mondana ma selettiva, corretta senza integralismi, culturalmente impegnata non reputandomi mai abbastanza tale.

Ah, giusto; dimenticavo di alludere alle fatali nevrosi del caso. Le ho, le conosco e mi sforzo di gestirle. C’è poi chi ne ha di clamorose, ma non ammettendole nemmeno sotto tortura, fa sistematiche (e inconsapevoli?) stragi attorno a sé.
 

Ampia frequentazione letteraria nella scrittura, dal giallo al romanzo sociale dalla ironia graffiante…

Il libro è stato il primo “oggetto” con il quale ho preso confidenza dopo l’abbandono dell’orsacchiotto di peluche. Amore a prima vista e desiderio/bisogno quasi compulsivo di esprimermi attraverso gli stessi segni neri su fondo bianco.
Soggiogata dalle vicende narrate da Simenon, Chandler, Scerbanenco e consimili maestri del giallo, è stato gioco forza tentarne una casalinga emulazione.

Dopo i cinque “noir” pubblicati, però, ho dovuto domandarmi cosa farne dell’altra passione, ancora maggiore, per la letteraria ‘Forma breve’.

Ne sono stata consumatrice accanita sin da ragazzina e subisco a tutt’oggi il fascino (poco discreto!) dell’estrema sintesi; ammiro e invidio, negli aforisti, il raro talento della concisione che - ahimè - da quell’affabulatrice cronica che sono, non possiedo affatto.

Quindi leggo, colleziono, studio le sillogi dei grandi massimatori del passato e divoro le opere dei geniali aforisti di oggi.

Confesso che, con il tempo, ogni altro genere in cui mi sono cimentata (giornalismo, poesia, critica...) lo visito assai meno.

È come dire, insomma, che ho finalmente deciso cosa coltivare da grande: l’aforisma e la narrativa del mistero.

 

Premio “Torino in Sintesi” nascita e proseguo, splendori e tristezze.

La passività non è mai stata nelle mie corde, dunque non sono riuscita a “subire e basta” la mia passione per la Forma breve.

L’aforisma, ancora una quindicina d’anni fa, era un genere trascurato dall’editoria e dunque poco accessibile al grande pubblico.

Un delitto di lesa completezza culturale, a mio avviso, e dunque ho iniziato una sistematica ricerca dei dispersi massimatori di oggi.

C’erano, caspita, e anche tanti!

Autori entusiasti e prolifici con dei tesori nascosti nei cassetti.

Costituire il Premio “Torino in Sintesi” si è rivelato il modo più efficace per indurli a riemergere, per gettare luce su nomi e opere attuali di tutto rispetto; tant’è che il “Torino in Sintesi” si sta avviando verso l’ottava edizione biennale. Senza il minimo supporto delle Istituzioni cittadine o regionali, senza che “La Stampa” abbia mai degnato di una riga il concorso aforistico più blasonato d’Europa (si sa, i profeti in Patria...), il premio TiS si è guadagnato ugualmente l’internazionalità attraverso l’affollata sezione dedicata agli stranieri e, cosa più rilevante, ha sottolineato la necessità di “organizzare” gli appassionati del genere nell’Associazione Italiana per l’Aforisma.

Esiste attivamente dal 2011, comprende autori, accademici e critici, promuove la pubblicazione delle migliori sillogi aforistiche contemporanee e le diffonde.

La mia irriducibile caccia agli aforisti, il costante spronarli a creare, come vedi, non sono stati vani: mentre il genere, anche grazie all’impegno dell’Associazione, sta tornando in auge, io continuo ad acquisire nuovi, stimolanti, straordinari amici. Meglio di così...

 

Anna Antolisei non dà consigli se non quello di leggere, leggere e ancora leggere.

Parlando da “giudice”, aggiunge che ci sarebbe da insegnare ai giovani autori un po’ di umiltà, qualità che risiede alla base di ogni processo di apprendimento: alcune sillogi che pervengono alla giuria contengono pensierini della sera, frasi da biglietto nel cioccolatino, saccenti banalità ritrite… Sono, insomma, un assoluto disastro.

Un appello che rivolge anche ai meno giovani, a volte convinti di essere pervenuti alla sintesi di un pensiero, espresso in modo decisamente più limpido in autori di diverso calibro.
 

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Articolo pubblicato il 09/10/2022