Torino. Incontro con Lucia Napoli

Una bella chiacchierata dopo l’esecuzione della Senna festeggiante di Antonio Vivaldi, eseguita dal celebre mezzosoprano con l’Accademia del Santo Spirito diretta da Fabio Bonizzoni a MiTo.

Nel mese di settembre l’Accademia del Santo Spirito – decana delle associazioni torinesi impegnate nella riscoperta del repertorio antico – ha tenuto per MiTo un memorabile concerto, nel corso del quale ha eseguito la Senna festeggiante di Antonio Vivaldi, un’opera d’occasione, che – a differenza di molti altri lavori celebrativi scritti nella stessa epoca – rivela una scrittura brillante e quanto mai espressiva, che il folto pubblico che affollava nella sala del Conservatorio ha dimostrato di apprezzare molto.

 

L’ensemble strumentale dell’Accademia del Santo Spirito era diretto da Fabio Bonizzoni, uno degli specialisti più autorevoli del repertorio vocale della prima metà del XVIII secolo, e contava tra i solisti tre cantanti di grande talento come il soprano Marina Bartoli Compostella, il mezzosoprano Lucia Napoli e il basso Valerio Zanolli rispettivamente nei ruoli allegorici dell’Età dell’Oro, della Virtù e della Senna.

Alla fine del concerto – accolto da interminabili ovazioni – ho avuto la possibilità di incontrare Lucia Napoli, alla quale ho rivolto alcune domande sia sul capolavoro del Prete Rosso sia sul suo rapporto con l’Accademia del Santo Spirito, che vanta già diverse collaborazioni molto prestigiose.

 

Per iniziare non potevo che partire dalla Senna festeggiante, un’opera ritenuta da alcuni di non facile comprensione per via delle numerose allusioni storiche presenti nel testo, tanto chiare al pubblico dell’epoca quanto poco evidenti per gli ascoltatori di oggi, ma che ha saputo conquistare i numerosi appassionati di Barocco presenti in sala.

 «La Senna festeggiante è una serenata basata su un libretto di Domenico Lalli», ci spiega Lucia Napoli, «che Vivaldi compose intorno al 1726 in onore del re di Francia Luigi XV. Sotto il profilo musicale, si tratta di un lavoro molto interessante, in cui Vivaldi arricchisce la scrittura italiana con stilemi musicali tipicamente francesi, come per esempio i ritmi puntati, proprio in onore del monarca per la quale fu scritta».

 

Un’opera di grande fascino – quindi – con una brillante commistione di elementi delle scuole italiana e francese, da sempre acerrime rivali tra loro e che meno di trent’anni più tardi si sarebbero scontrate nella clamorosa Querelle des bouffons, che vide il successo definitivo delle opere buffe di Pergolesi e Piccinni sulle ormai obsolete tragédie-lyrique di Rameau. Ma secondo Lucia Napoli come si può avvicinare il pubblico a lavori senz’altro molto belli ma piuttosto impegnativi sotto il profilo storico e culturale?

 

«Noi artisti non abbiamo altri mezzi per avvicinare il pubblico se non la nostra capacità interpretativa. Il nostro è un potere fascinatorio hic et nunc la cui eco, una volta terminata la performance, si spera possa propagarsi e riverberare in chi ci ha ascoltato, accendendo una voglia sempre nuova di ascolto. Il pubblico mosso dal desiderio di bellezza dovrebbe avvicinarsi alle opere musicali con la stessa curiosità con cui si accosta ad altre forme di arte, ma il desiderio di bellezza – che nasce in alcuni casi da una innata sensibilità – il più delle volte è il frutto di percorsi educativi lunghi e articolati. Ritengo quindi che non ci sia altro modo di avvicinare il pubblico che educandolo all’arte sin dall’infanzia».

 

In effetti, la bellezza di un’opera d’arte non può vivere solo di se stessa, ma deve trovare occhi, menti e cuori ricettivi e disposti a farsi conquistare. Gli interpreti sono quindi mediatori indispensabili, soprattutto quando sono in grado di offrire letture intense e ricche di espressività come è accaduto nel caso della Senna festeggiante firmata dall’Accademia del Santo Spirito. Ma queste caratteristiche – almeno secondo alcuni – non sempre si adatterebbero bene a un assoluto rispetto filologico del testo. Sotto questo aspetto, Lucia Napoli mi ha dimostrato di avere le idee molto chiare.

 

« L’interpretazione nasce da uno studio accurato della partitura, durante il quale si cerca di cogliere tutte le possibili sfumature e corrispondenze tra il tessuto musicale e la parola. L’espressività e l’intensità nascono quindi dalla volontà di rendere chiara la connessione tra la musica e il testo. Pur non potendo prescindere dalla personalità dell’artista, l’interpretazione non deve ridursi a una pura emanazione del sé, ma essere il veicolo di un messaggio artistico che ci è stato affidato dallo stesso compositore e che abbiamo la responsabilità di portare al pubblico con la massimo fedeltà possibile».

 

Venendo a un aspetto prettamente stilistico, Vivaldi è stato spesso “accusato” di scrivere parti vocali molto vicine alle logiche violinistiche. Si tratta di un tema molto dibattuto da decenni, sul quale Lucia Napoli può fornire un’opinione molto qualificata, visto che oltre a essere una cantante è anche una bravissima violinista.

 

«Se per “molto vicine alle logiche violinistiche” si intende scomode, trovo che, contrariamente a questa “accusa”, le parti vocali vivaldiane siano molto adatte alla voce. Nella scrittura di Vivaldi è chiaramente presente una cifra distintiva che si ritrova in tutta la sua produzione, sia vocale sia strumentale, e che rende l’autore immediatamente riconoscibile, ma non ho mai trovato che le parti vocali fossero troppo strumentali. D’altronde è sicuramente vero che per poter affrontare serenamente la scrittura vivaldiana è necessario possedere una tecnica più che solida».

 

A questo punto, ho chiesto alla mia gentile interlocutrice qualche informazione sul suo rapporto con l’Accademia del Santo Spirito, con la quale ha avuto modo di collaborare altre volte – in particolare nel raro Imeneo di Händel, che il 2 dicembre 2021 l’associazione torinese ha eseguito nella sontuosa cornice di Palazzo Reale di Torino nell’ambito della prima edizione del Turin Baroque Music Festival.

 «Ho cominciato la mia collaborazione con l’Accademia del Santo Spirito nel 2008 quando, sotto la direzione del Maestro Sergio Balestracci, cantai la Petite Messe Solennelle di Rossini. Nel corso degli anni ho avuto modo di apprezzare sempre più sia la professionalità sia l’umanità dei membri dell’orchestra e del direttore artistico, che fino allo scorso anno è stato Andrea Banaudi, al quale è da pochissimo succeduto Luca Ronzitti, e dal Consiglio di Presidenza formato da Giorgio Solera e Lucio De Vero. Quelli con l’Accademia del Santo Spirito sono appuntamenti musicali che attendo sempre con grande gioia e che si tingono di una dolce nostalgia già nel momento della loro conclusione».

 

Nella Senna festeggiante il direttore era Fabio Bonizzoni… «Fabio è un musicista meraviglioso. L’esecuzione della Senna festeggiante è stata la nostra seconda collaborazione e non posso che confermare tutto ciò che ho pensato di lui la prima volta: autorevole, in possesso di una musicalità molto elegante, chiarissimo nelle indicazioni, aperto al confronto e gentile nei modi».

 

Prima di salutare Lucia Napoli, le ho chiesto qualche anticipazione sui suoi imminenti impegni. «Nei prossimi mesi sarò impegnata in concerto con repertori molto diversi: madrigali con l’Ensemble RossoPorpora, il Deutsches Requiem di Brahms, l’Oratorio di Natale di Bach, lo Stabat Mater di Pergolesi , due programmi di musica da camera insieme al pianista Filippo Farinelli con autori italiani del Novecento, da Respighi a Berio e molto altro».

 

La fotografia di Lucia Napoli è di Marinella Breccola e quella dell’Accademia del Santo Spirito di Marco Capello.

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Articolo pubblicato il 06/11/2022