Gli impianti che assorbono CO2 dall’atmosfera
gli impianti islandesi di Orka

La tecnologia che vuol salvare la natura logorata dalla tecnologia, sostituendosi agli alberi mancanti

Il riscaldamento globale e i suoi effetti sono una sinergia attribuita all’aumento dei gas serra rilasciati dall’attività antropica. Tra di essi, l’anidride carbonica (CO2) rappresenta la molecola più inquinante. Deriva dalla combustione dell’ossigeno che viene riconvertito solo da forme di vita vegetale e prodotto da cianobatteri fotosintetici, a cui si deve il 20% dell’ossigeno nell’intera biosfera.

Le emissioni di CO2 dovute all’attività umana, nel 2018 sono state di circa 37 giga tonnellate, quindi si possono accollare 1,3 t di carbonio annue prodotte da ogni essere umano. La combustione di 1 l di benzina genera circa 2,35 chili di CO2, la costruzione di un nuovo smartphone ne richiede 35, inviare un WhatsApp sfiora i 20 g. Le nostre comodità tecnologiche sono tutte molto inquinanti.

Per chi ama le statistiche, un albero adulto può immagazzinare 167 kg di CO2 all’anno, restituendo all’aria 30 l al giorno di ossigeno. In un mondo senza più distese vegetali la vita sarebbe impossibile.

È difficile un calcolo preciso su quanti alberi ci siano al mondo. Secondo le più recenti mappe sulla biomassa, la stima è intorno ai 3 trilioni. Al vertice del G 20 di Roma è stato stabilito che, per salvare il Pianeta, occorre piantare 1000 miliardi di nuovi alberi entro il 2030. Attualmente però, ne sono stati posati solo 63 milioni.

Il paradosso sta nei 15 miliardi di alberi abbattuti ogni anno per far posto a produzioni agricole, oltre all'incidenza degli incendi dolosi. Cause che negli ultimi trent’anni hanno ridotto la superficie boschiva mondiale di 420 milioni di ettari. Dunque, un conto è presto fatto e l’effetto serra se la ride.

Una parte virtuosa della ricerca scientifica è comunque in cerca di soluzioni. Interessante è il potenziale del cosiddetto Carbonio Blu, la percentuale di anidride carbonica sottratta all’atmosfera dagli ecosistemi costieri (alghe), che dovrebbero essere “sviluppati”. L’aumento della temperatura del mare però, non ne agevola l’ambiente ideale.

Un’altra tecnica già sperimentata, cattura e poi immagazzina la CO2 al momento della produzione, prima del rilascio in atmosfera (CCS). Le aspettative mirano a imprigionare fino al 90% delle emissioni. Simile e praticabile è la Bioenergia con Cattura & Stoccaggio della CO2 (BECCS), prodotta da impianti di trasformazione della biomassa in fonte energetica.

Una tecnologia in grado di catturare il gas serra esistente anziché limitarne le cause è la Direct Air Capture (DAC). Un sistema finora costoso che la società canadese Carbon Engineering ha testato con un impianto pilota risultato economico che oltre a “succhiare” CO2 dall’aria, produce combustibile liquido.

Tecnica adottata dall’impianto Orka (in islandese significa energia), entrato in funzione in Islanda, capace di aspirare CO2 dall’aria e iniettarla nelle cavità del terreno fino a 1000 m di profondità, e lì compattata sotto forma di minerale. Una volta a pieno regime, l’impianto potrà eliminare fino a 36 mila t di CO2 all’anno.

Un altro mega impianto basato sulla tecnologia DAC è in costruzione nel deserto del Wyoming. Progetti anticipati nel 2005 dal Carbon Sequestration della British Petroleum (BP), che in Algeria catturava e iniettava CO2 a 1500 m di profondità nel cuore del Sahara. Un progetto d’avanguardia, ma contestato da associazioni ambientaliste e non sicuro al 100% per i rischi di una fuga del gas (al tempo non cristallizzato), pur essendo il sito ben sigillato. Infine, l'impianto non venne sviluppato dopo che i tetti alle emissioni di gas serra, fissati dal protocollo di Kyoto, furono aggirati da numerose nazioni potenzialmente interessate.

Occasione perduta? Al momento la logica pretende una immediata riduzione delle emissioni, unita a una massiccia riforestazione e a una concreta transizione ecologica a livello globale. Solo un drastico cambio di uno stile di vita sempre meno sostenibile autorizza concrete aspettative. Di fronte agli attuali valori dell'effetto serra, succhiare CO2 dall’aria per pietrificarla sotto terra, risulta un progetto valido, ma ancora insufficiente e molto impegnativo.

 

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Articolo pubblicato il 04/12/2022