Saviano definisce "bastarda" la Meloni. Ora è a processo

Il guru della sinistra, pur essendo in difetto, tenta di fare la vittima.

La Sinistra italiana è avvolta in una coltre di “sfortuna” che sta mettendo a nudo tutte le sue magagne vecchie e nuove.

Durante il decennale di “Fratelli d’Italia”, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto parlare del procedimento in corso a carico di Roberto Saviano, intellettuale e guru della sinistra più aggressiva.

Incalzata dagli astanti ha detto: “Non ritiro la querela a Roberto Saviano. Mi ha ripetutamente dato della bastarda attribuendomi la responsabilità della morte di un bambino. Chiedo alla magistratura se questo sia critica o insulto. Penso che la magistratura risponderà, non voglio politicizzare questo tema. Lo sta politicizzando Saviano, il quale si trova in una situazione in cui non si era trovato prima”.

Durante una puntata di “Piazza Pulita”, in onda su La7, lo scrittore partenopeo – parlando di politiche migratorie – ha definito Giorgia Meloni come “bastarda”. Inaccettabile!

L’avvocato del Presidente del Consiglio, intervistato dalla stampa, ha dichiarato che l’accusa avrebbe valutato se ritirare la querela a carico di Saviano. Va tenuto conto, però, che “l’appellativo usato da Saviano aveva tutte le caratteristiche per essere punito con la diffamazione”.

In trasmissione, speculando sulla morte di un bimbo di sei mesi, originario della Guinea, Saviano disse: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong: “taxi del mare”, “crociere”… viene solo da dire bastardi. Meloni, Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? E’ legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”.

Pensate che lo scrittore partenopeo si sia pentito? Assolutamente no, anzi…

In un post pubblicato su Facebook, martedì 13 dicembre, Saviano ha scritto: “Oggi terza udienza del processo Meloni. La prima udienza c’è stata un mese fa, la seconda ieri… pare che questo processo (che mi vede imputato) sia una vera e propria eccezione, perché di norma i processi in Italia procedono lenti… lentissimi. Pensate che dal 2008 sono coinvolto come vittima, nel processo per minacce mafiose  che ho subito dal clan dei casalesi; in quindici anni non si è ancora celebrato il secondo grado. Ironia della sorte: quando sono vittima i processi procedono lenti, quando sono imputato mettono il turbo”.

Da queste parole traspare l’assoluto non pentimento di Saviano ed emerge anche chiaramente la sua critica feroce alla Magistratura che, secondo lui, dovrebbe andare a rilento sul suo procedimento, dando priorità a ciò che lo vede come querelante e non come querelato.

Seguiremo attentamente la vicenda giudiziaria con la speranza che la Magistratura emetta la sentenza che Saviano merita.

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Articolo pubblicato il 22/12/2022