Accadde nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706: Pietro Micca salvò Torino dall’assedio francese
Da: le interviste impossibili di YouTube, intervistatore Umberto Eco. Imperdibile

Una storia maturata nell’ennesimo conflitto europeo di oltre trecento anni fa, ancora viva in musei e... in un battello a vapore

Il contesto storico che vide Pietro Micca involontario protagonista

L’assedio di Torino è avvenuto nel 1706, nel corso della guerra di successione spagnola. Una guerra scaturita da un contesto di litigiose pretese di parentela in seguito alla morte di Carlo II d’Asburgo, re di Spagna, privo di discendenti.

Le varie dinastie francesi e spagnole che si erano imparentate tra di loro iniziarono subito a rivendicare l’eredità del trono di Spagna e di tutti i suoi possedimenti, che a quell’epoca non era cosa da poco. Carlo II però, conoscendo le mire dei suoi vicini parenti franco spagnoli, prima di morire aveva chiesto consiglio al Papa, il quale, per evitare che troppo potere finisse nelle mani degli Asburgo, consigliò il re spagnolo a indicare come successore un francese: Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV, così da creare un sodalizio tra Spagna e Francia, destinato però a scompigliare gli equilibri tra gli Stati europei.

Una volta aperto il testamento il volere di Carlo II ormai trapassato fu messo in discussione dalle armi. Prese dunque via la Guerra di Successione Spagnola che vide la Francia e la Spagna contrapposte al resto delle potenze europee  anglo- imperiali. In questo conflitto, destinato a durare 10 anni, il piccolo ducato di Savoia era piazzato tra la Francia e il ducato di Milano, alleato della Spagna.

Quindi, senza mezze parole Luigi XIV “consigliò” a Vittorio Amedeo II di Savoia di schierarsi con i franco spagnoli. Un’alleanza meno conveniente di quella proposta dagli Asburgo, così Vittorio Amedeo, d’accordo con il battagliero cugino Eugenio di Savoia, nel 1703 fece una scelta che si sarebbe rivelata giusta. Una scelta di campo favorita anche dagli astri, poiché in quel frangente, nei cieli d'Europa si assistette a una profetica e iettatrice eclisse di sole che oscurò il simbolo di quel Luigi re francese, detto anche il Re Sole.

Luigi XIV non gradì la scelta e calò dalle Alpi con un agguerrito esercito che, unito alle truppe provenienti dalla Lombardia, avanzando con 44.000 uomini cinse d’assedio la città di Torino dal 12 maggio fino al 7 settembre 1706, quando le truppe imperiali austriache comandate dal principe Eugenio di Savoia sbaragliarono i francesi. Vittoria considerata come l’albore del Risorgimento. 

Il principe Eugenio che attacca i francesi

La letteratura degli eventi è ricca e dettagliata, ma per introdurre l’impresa di Pietro Micca, occorre dire che tra il 1705 e il 1706, l’esercito franco spagnolo perse tempo, sicuro di poter completare la presa della città senza trovare una forte resistenza. Questo diede modo di rinforzare le difese della solida cinta muraria di Torino e del suo mastio, con un fittissimo reticolo di passaggi sotterranei che arrivavano anche alle spalle del nemico e rendevano la città un fortilizio particolarmente ostico da conquistare, sebbene protetto da poco più di 10.000 uomini armati.

L'impresa tra il dedalo di gallerie

L’obiettivo dei francesi dunque, era quello di scovare una delle gallerie per intrufolarsi in massa e sbucare nel centro della difesa cittadina. L’eroico sacrificio del minatore Pietro Micca è proprio legato all’ingresso dei francesi in uno dei cunicoli che sfociava proprio nel centro della Cittadella. Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 una nutrita compagine di granatieri francesi, dopo aver sopraffatto un corpo di guardia sembrava non avere più ostacoli, quando Pietro Micca, a guardia di una scalinata strategica, dopo aver bloccato una porta d’accesso, diede fuoco a una miccia collegata a dei barilotti pieni di esplosivo, così da far saltare il passaggio.

Purtroppo la miccia fece cilecca, dunque il minatore Pietro Micca prese la rischiosa decisione di usarne una molto più corta, ben sapendo di rischiare la pelle. L’esplosivo fece il suo dovere con gli assalitori e bloccando il passaggio rese salva la fortezza, ma non Pietro Micca che fu scagliato a più di 20 metri di distanza dalla scalinata, morto dilaniato.

Il tributo all'eroismo di un umile soldato

Il sacrificio del soldato fu subito leggenda e il suo eroismo era studiato a scuola financo da gente che oggi ha una certa età. A Pietro Micca, di saltare in aria a trent’anni non fece certamente piacere, ma la città di Torino, e non solo, gli fu grata.

Alla sua memoria è intitolato il museo dell’assedio di Torino, ma ancor prima, nel 1885 fu dedicata la caserma di fanteria, oggi comando provinciale dei Carabinieri e poi una importante strada del centro. Tutti adiacenti a quel Mastio della Cittadella che ogni torinese conosce, trasformato in sede museale da non perdere per gli amanti del Risorgimento e non soltanto.

Altrettanto per una visita alla Torino sotterranea che si svolge in ore serali e in gruppi accompagnati da guide esperte dell'intricato labirinto, riportato a essere agibile da un continuo e appassionato lavoro di entusiasti volontari. Un tour di circa tre ore, bene organizzato e molto apprezzato dai turisti che si inoltrano tra i misteri di una Torino per metà città militare e per metà città magica.

Curiosità di mare: i nomi degli eroi sulla prora dei vascelli

Pietro Micca lo si incontra sui nomi di strade e piazze in tutta Italia, ma l’eroe è ancora “vivo” sul rimorchiatore Pietro Micca, varato nel 1895 che, dopo essere sopravvissuto a due guerre mondiali e più volte graziato dallo smantellamento, oggi reperto storico perfettamente restaurato, è una bellissima nave didattica, il più antico battello a vapore ancora in attività.

 

Diversa sorte per l’omonimo sommergibile della Regia Marina, silurato al largo di Santa Maria di Leuca nel 1943, con la straziante fine di 54 marinai rimasti intrappolati nello scafo per giorni.

Questi e altri i riconoscimenti a un modesto soldato minatore di umili origini, ma che di certo, contribuì all’eroica resistenza della cittadella e della città di Torino contro le forze soverchianti del duca d’Orlean, ormai vicino alla vittoria. La salvezza dall’incursione francese moltiplicò le resistenze dei soldati sabaudi che sapevano dell’arrivo di 20.000 uomini delle forze imperiali capitanate dal principe Eugenio di Savoia, anch’egli destinato a diventare una figura mitizzata pure per le sue imprese nella guerra austro turca, tanto in Italia quanto in Austria e in Germania.

Al principe Eugenio di Savoia furono intitolate navi da guerra di ben altro tonnellaggio. Nel corso della prima guerra mondiale, una corazzata austriaca costruita nel 1912 e una corazzata inglese varata nel 1915, quindi, due incrociatori che hanno combattuto in contemporanea durante la seconda guerra mondiale, uno italiano e uno tedesco. Unico caso al mondo di cotanta, nobile omonimia, per grandi navi da guerra… Ultima curiosità marinaresca.

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Articolo pubblicato il 29/08/2023